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Il Canavesano imbruttito
28 Agosto 2025 - 22:21
Bettino Craxi
Si era nel 18° secolo quando il filosofo e scrittore svizzero Jean Jacques Rousseau, a proposito della già celebrata democrazia inglese scriveva: “Il popolo inglese crede di essere libero, ma si sbaglia di grosso, lo è soltanto durante le elezioni dei membri del parlamento, appena questi sono eletti, esso ridiventa schiavo, non è più niente”.
Ora, certamente le cose non sono cambiate in Inghilterra e in tutta la Gran Bretagna, ma rispetto alla situazione molto bene descritta da Rousseau nel suo celebre testo “Il contratto sociale”, in Italia, purtroppo da sempre, la libertà di scelta in campo elettorale non è mai esistita. Da noi i cittadini non sono mai stati liberi durante le elezioni, obbligati a “scegliere”, se intenzionati a votare, solo tra coloro che la classe dirigente, tramite i partiti, aveva già indicato sulle schede elettorali. Tradotto: "si è sempre lasciato agli elettori il “diritto” e la “libertà” di eleggere gente già designata dalla minoranza politica e dai centri di potere economico che, ieri come oggi, detengono il potere e dettano, tramite il controllo dell’informazione, quella spacciata per “ufficiale”, comportamenti, consumi e scelte politiche".
Già dalle tanto decantate “elezioni libere” del 2 e 3 giugno 1946, quelle che videro l’elezione dell’Assemblea Costituente, che si svolsero in contemporanea con il referendum istituzionale che sancì la “vittoria” della Repubblica sulla Monarchia, le elezioni, era chiaro, tutto erano, ma certamente né troppo limpide, né troppo regolari e questo, visto il contesto nel quale si svolsero, non certo per colpe da imputare al popolo italiano dell’epoca.
Tant’è, era il maggio del 1947 quando Alcide De Gasperi disse: “I voti non sono tutto perché le leve di comando decisivo in un momento economico così grave non sono in mano né agli elettori, né al Governo”, precisando: “Oltre ai nostri partiti vi è in Italia un quarto partito, che può non avere molti elettori, ma che è capace di paralizzare e rendere vano ogni nostro sforzo, organizzando il sabotaggio del prestito e la fuga dei capitali, l’aumento dei prezzi e le campagne scandalistiche. L’esperienza mi ha convinto che non si governa oggi in Italia senza attrarre nella nuova formazione del Governo i rappresentanti di questo quarto partito, del partito di coloro che dispongono del denaro e della forza economica.”
Alcide De Gasperi
Parole che De Gasperi pronunciò dopo aver deciso di rompere l’alleanza con socialisti e comunisti, cacciandoli dal Governo sotto la pressione esercitata da Stati Uniti d’Americae, già allora, dai grandi monopoli economici, soprattutto esteri.
Oggi le cose non sono cambiate, anzi, sono di molto peggiorate. Quella del dopoguerra era un’Italia occupata militarmente e in maniera ben visibile; era un’Italia debole, reduce da un’ingloriosa e sanguinosa sconfitta; era un’Italia in cui deflagrava la resa dei conti tra antifascisti e fascisti; era un’Italia povera e da ricostruire, sventrata dai bombardamenti dei nostri “alleati” angloamericani, eppure, era un’Italia che aveva voglia, partendo dalla sua classe dirigente, di rinascere, di ritrovare la sua dignità e la sua sovranità.
Le difficoltà erano certamente maggiori all’epoca, difficoltà che non si traducevano nel cercare il miglior offerente al quale vendersi, cosa oggi di norma, allora si rischiava la vita e così fu negli anni futuri, almeno sino a quando la classe dirigente italiana cercò, pur tra mille e più compromessi, di fare gli interessi del Paese e degli italiani.
Da allora si è fatto di tutto e continua a farsi di tutto affinché sparisca la memoria universale della storia, perché questa venga inghiottita nell’ignoranza vorace del presente, ma il compito di chi fa informazione e la fa correttamente è anche quello di tenerla viva. Il novecento è stato un secolo in cui si trasformarono le fedi in ideologie, che partorirono guerre, rivoluzioni, massacri, attentati e terrorismo. E’ stato il secolo del “miracolo italiano”, ma anche il secolo in cui si rischiava la vita anche “solo” a scrivere e indagare, quanti giornalisti, intellettuali, magistrati, dirigenti di Stato, militari e politici, trovarono la morte per non aver mai accettato per l’Italia il ruolo di colonia angloamericana, o per non essersi mai rassegnati a digerire “verità ufficiali” a giustificazione di morti a dir poco “strane”. Sul campo sono caduti uomini di valore, che nulla hanno a che fare con chi oggi manda avanti la macchina dello Stato e con chi oggi, fatto salvo poche eccezioni, fa informazione. Forse sto parlando di qualcosa di ignoto per chi è nato dopo la metà degli anni 90 del secolo scorso e non ha mai conosciuto, neanche superficialmente, l’Italia della Lira, delle tre Banche di Stato, del Gruppo I.R.I., della S.I.P., dell’Enel, dell’E.N.I., dell’Italsider o delle Ferrovie di Stato, ma alcuni nomi, senza perdermi in un elenco enciclopedico, credo sia giusto farli, perché quelli della mia età non dimentichino e perché i giovani possano, se lo desiderano, fare delle accurate ricerche, e allora ci provo: Enrico Mattei, fondatore dell’E.N.I., colui che aveva cercato di dar vita ad un modello di sviluppo economico più equo per l’Italia e i Paesi del “Terzo Mondo”, attraverso la creazione di un sistema energetico nazionale indipendente e la promozione di un nuovo rapporto tra Occidente e Paesi produttori di risorse. Ucciso il 27 ottobre 1962 in un attentato, all’epoca derubricato come incidente aereo, per il quale non c'è mai stato un colpevole; Mauro De Mauro (giornalista), rapito da Cosa Nostra nel settembre del 1970 dopo aver dichiarato che si apprestava a divulgare la verità sulla morte di Enrico Mattei. Il suo corpo non è mai stato ritrovato. Leonardo Sciascia (politico, giornalista e scrittore) a tal proposito commentò: “De Mauro ha detto la cosa giusta all'uomo sbagliato, e la cosa sbagliata all'uomo giusto”; Pier Paolo Pasolini(poeta, scrittore, regista, drammaturgo), torturato e ucciso a Roma nella notte del 02 novembre 1975 dopo che il 14 novembre del 1974 aveva pubblicato sul “Corriere della Sera” un articolo, “Io so”, in cui, denunciando un’intera classe politica, affermava di conoscere i nomi dei responsabili delle stragi di Milano e Brescia che da poco avevano insanguinato il Paese; Aldo Moro (membro dell’Assemblea Costituente, politico e giurista), rapito e ucciso dalle Brigate Rosse, dopo 55 giorni di prigionia, il 09 maggio 1978. Nel settembre del 1974 in una sua visita negli Stati Uniti d’America nelle vesti di Ministro degli Esteri incontrò Henry Kissinger, all’epoca Segretario di Stato del Governo Nixon che, come molteplici cronache riportarono, lo avvertì: “O lasci perdere la tua linea politica o la pagherai cara”; Carmine “Mino” Pecorelli (giornalista, avvocato, scrittore) ucciso a Roma il 20 marzo 1979 in un agguato, nel suo corpo furono trovati proiettili calibro 7,65 N.A.T.O.. La sua colpa: aver indagato, fra le altre cose, sulla Banda della Magliana, sui rapporti dei servizi segreti italiani e la C.I.A., su Gladio e sull'uccisione di Moro, della quale, aveva rivelato esserci il progetto già nell’estate del 1964 nell’ambito del “Piano Solo”; Rocco Chinnici(magistrato), morto nel 1983 insieme agli agenti di scorta, Mario Trapassi e Salvatore Bartolotta, per mano di Cosa Nostra nella “strage di via Pipitone”; Mario Alberto Dettori (Maresciallo dell'Aeronautica militare), trovato impiccato il 30 marzo 1987 nelle vicinanze del fiume Ombrone. La sua colpa: il 27 giugno 1980 era il radarista di turno nella base di Poggio Ballone e vide il destino che si compiva nel cielo di Ustica del DC9 dell’Itavia con il suo carico di 81 persone; Carlo Alberto dalla Chiesa (Generale dell’Arma dei Carabinieri e Prefetto di Palermo), creatore del “Nucleo Speciale Antirerrorismo”, morì il 03 settembre 1982 a Palermo nella “strage di via Carini”, nella quale perirono anche la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente di scorta Domenico Russo; Mauro Rostagno (giornalista e sociologo), ucciso il 26 settembre 1988 in un agguato di mafia, il giorno dopo l’uccisione del magistrato Antonino Saetta; Sandro Marcucci (Colonnello dell'Aeronautica militare), morto il 02 febbraio 1992 insieme a Silvio Lorenzini (avvistatore di volo) in uno “strano” incidente a bordo di un velivolo anti-incendio mentre sorvolavano Campo Cecina. L’associazione antimafia “Rita Atria” non aveva mai creduto all’incidente, ma aveva sempre imputato l’accaduto ad un attentato, poi rivelatosi causato da una bomba al fosforo piazzata nel cruscotto del velivolo. Marcucci pare avesse preparato un imponente dossier su tutte le strane morti di sottufficiali e ufficiali dell'Aeronautica militare collegati alla strage di Ustica. Dossier sparito, rimasero solo i morti: Pierangelo Tedoldi (Colonnello), Mario Naldini (Colonnello), Ivo Nutarelli (Colonnello), Maurizio Gari (Capitano), Ugo Zammarelli (Maresciallo), Antonio Muzio (Maresciallo), ma forse nel dossier ne erano contenuti altri; Giovanni Salvatore Augusto Falcone (Magistrato), ucciso da Cosa Nostra il 23 maggio 1992 nella “strage di Capaci” insieme alla moglie Francesca Morvillo e ai tre agenti di scorta: Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, aveva trovato il filone che univa la mafia siciliana al banchiere Michele Sindona, uomo di Kissinger. Sul finire del 1980 si recò a New York dove partecipò all’inchiesta dell’ F.B.I. ribattezzata “Pizza connection”, quella che permise di sgominare il traffico di droga gestito dalla famiglia Gambino; Paolo Emanuele Borsellino (Magistrato), vittima di Cosa Nostra nella “strage di via D’Amelio” del 19 luglio 1992, insieme a cinque agenti di scorta: Agostino Catalano, Walter Eddie Cosina, Emanuela Loi, Claudio Traina e Vincenzo Fabio Li Muli. La sua colpa, secondo Salvatore Riina, fu quella di essere stato ostacolo insormontabile nella trattativa Stato-Mafia.
Solo qualche nome, una lista piccola e molto parziale, Persone spazzate via perché con coraggio e dignità, ognuna nel proprio campo, avevano cercato di tutelare gli interessi dell’Italia al servizio della comunità.
Fare chiarezza su quanto accade in quegli anni, però, non è mai stato possibile, troppi depistaggi, omertà, silenzi, al massimo qualche mezza verità, che fecero dell’Italia del miracolo economico la patria dei misteri. Furono infinite le verità nascoste sui delitti e le stragi che segnarono quella fase storica, in cui terroristi, mafia, servizi segreti e stragisti furono gli attori principali. Il terrorismo usato come un’arma per mantenere il potere, il fattore di destabilizzazione necessario a suscitare voglia di stabilità. Il terrorismo usato come vaccino contro il virus della protesta e l’opposizione crescente.
Mentre la gente moriva tra attentati e omicidi propedeutici ad alimentare la “strategia della tensione”, l’Italia era sempre più teatro di numerose iniziative illegali, che di volta in volta si configuravano in pressioni politiche, intimidazioni, minacce, ricatti, violenze e attentati o in vere e proprie stragi indiscriminate, che nell’arco di pochi decenni fecero migliaia di vittime”. Analisti competenti, che hanno dedicato anni a rimettere insieme i cocci di quell’epoca, sono arrivati a contare fino a 1.119 vittime dal 1969 al 1982 con 351 morti e 768 feriti. Altri, che hanno preso in esame un periodo più ampio, terminato nel 1995 con la chiusura dell’operazione giudiziaria nota come “Mani pulite”, hanno legato l’inizio dell’epoca della paura, se preferite, degli “anni di piombo”, alla “dottrina del contenimento” lanciata dal Presidente statunitense Harry Truman il 12 marzo 1947, quindi, hanno fatto rientrare nella “strategia della tensione” anche la “strage di Portella della Ginestra”, risalente al 1° maggio 1947, dove furono oltre 2.000 i lavoratori coinvolti. Strage che pare sia stata accolta con favore dall’allora Segretario di Stato U.S.A., Jorge Marshall, che in una sua lunga lettera inviata lo stesso giorno all’Ambasciatore americano in Italia, James Dunn, notificava la preoccupazione del Dipartimento di Stato statunitense in merito all’aumento della forza comunista nel nostro Paese.
Ciò nonostante in quegli anni, fra mille difficoltà, infinite ingerenze, più o meno dirette della C.I.A., a rischio della vita, c’era chi faceva politica, non subordinando gli interessi italiani, come oggi è abitudine fare, agli interessi di altri Paesi. C’era chi indagava, c’era chi faceva informazione e, soprattutto, c’erano uomini e donne che avevano vissuto la follia della guerra e che non volevano rinunciare a vivere la democrazia italiana, con tutto ciò che aveva nel suo bagaglio, limiti e difetti, ma basata su valori, principi e idee di validità universale, capaci di regalare emozioni positive e di alimentare la fiamma della speranza. Nulla di quei tempi è rimasto, niente di quell’Italia, quotidianamente in lotta a difesa della sua autonomia, è sopravvissuto, la stagione del “rastrellamento” di “Mani pulite” stese il drappo nero sulla fragile e imperfetta democrazia del nostro Paese.
Per arrivare all’oggi, non si sa bene se alla seconda, terza o quarta Repubblica si è passati su tutto e tutti, si è messo in campo la chimera di un’Europa salvifica, di un’America amica fraterna, la lotta ai monopoli di Stato, la propaganda anti corruzione, il mai morto, alla bisogna, contrasto al comunismo o al fascismo e per farlo ci si è avvalsi dell’opinione pubblica, sapientemente orientata e aizzata da un’informazione a senso unico, che negli anni 90 riuscì a normalizzare, così come gli inquirenti e la Magistratura, la stagione dei “suicidi” eccellenti, ben 41, fra i quali: Franco Franchi (Dirigente U.S.L. di Milano), Sergio Moroni (politico), Raul Gardini (imprenditore), Gabriele Cagliari (Presidente di E.N.I.), Sergio Castellari (ex Direttore generale del Ministero delle Partecipazioni Statali), Mario Comaschi (imprenditore), Renato Amorese (politico), Giuseppe Rosato (politico), Mario Luciano Vignola (politico), Mario Majocchi (Vicepresidente A.N.C.E.), Ambrogio Mauri (imprenditore). Tutto senza un’indagine degna di essere così definita, solo omertà e silenzi impenetrabili, la “giustizia” aveva fatto il suo corso.
Dopo la “strage di Portella della Ginestra” ci sono state le bombe nelle piazze, nelle stazioni, sono stati uccisi politici, giornalisti, magistrati, militari e migliaia di persone, di lavoratori, di gente comune, ma mai la Magistratura ha mostrato tanto
La storia di questi anni sarà riscritta bene, in tutti i suoi aspetti, in tutti i suoi capitoli, in tutti i suoi personaggi ed in tutti i suoi falsi eroi.
accanimento nello scovare i colpevoli come quello mostrato nell’inchiesta “Mani pulite”, alla fine, rivelatasi unicamente utile a spazzare via, non la corruzione e il malcostume dalle stanze del potere, ma piuttosto un’intera classe politica, quella che, pur non fatta di persone in odore di beatificazione, non aveva mai voluto cedere sulla sovranità dello Stato Italia. A tal proposito, Bettino Craxi, leader dei Socialisti italiani, secondo il pool di Mani pulite, il più bandito tra i banditi, dal suo esilio tunisino disse: “La storia di questi anni sarà riscritta bene, in tutti i suoi aspetti, in tutti i suoi capitoli, in tutti i suoi personaggi ed in tutti i suoi falsi eroi”.
Finora lo hanno fatto in pochi, ma credo che alla fine, sempre che questo Governo e la nostra “mamma” Europa non ci portino in una guerra che tutto cancellerà, sarà così. E’ inevitabile, i misteri esistono per essere dipanati e le “versioni ufficiali” per essere modificate. La storia dovrebbe insegnarlo, ma questi la storia la conoscono poco o non la conoscono affatto e quel che è peggio, fanno di tutto per renderla sconosciuta alle masse. Questi ci stanno proiettando verso un’insulsa mediocrità quotidiana fatta di “pin”, “spid”,“password”, “cin”, “I.A.”, “carte di credito”, “bancomat”, “postepay”, “paypal, “puk”, “carte ricaricabili” e “app”, ci stanno cucendo addosso una società che non prevede emozioni collettive e valori forti. Lo stanno facendo ricorrendo al massiccio e incessante “rumore” di fondo delle televisioni e delle sue voci, quella del Gabibbo, ma anche quelle di Vespa, Bonolis, Mentana, Giordano, Porro, Brindisi, Merlino, Floris, Poletti, Barra, Del Debbio, Fazio, Littizzetto, Gruber, Parenzo, De Gregorio.
Non c'è più spazio per la democrazia, per il confronto politico e per la partecipazione al dibattito, oggi, se solo si osa mettere in discussione una qualsiasi scelta dettata dall’Europa, dalla N.A.T.O., dagli U.S.A., dall’O.M.S. o da una qualsiasi multinazionale straniera, che nel nostro Paese conta molto di più del Governo, si viene subito bollati come “complottisti”, “terrapiattisti”, “razzisti”, “misogini”, “maschilisti”, "cospirazionisti" o, a seconda del contesto, come "fascisti" o "comunisti". Questo mentre, senza nessuna ragione che riguardi gli interessi del popolo italiano, il “Governo del cambiamento”, “magnificamente” rappresentato da individui come la Meloni, Salvini e Tajani, ci sta trascinando, in assenza di un qualsiasi minimo atto di coraggio, in mezzo alle viltà, agli opportunismi, ai trasformismi, alle meschinerie, ai cinismi, ai sofismi, in una società che ha perso ogni dignità, ogni codice di lealtà e onore, spietata e feroce senza essere virile, sempre pronta a “commuoversi”, a essere “solidale”, “tollerante”, capace di dispensare pianti e lacrime per chiunque l’informazione ufficiale indichi come oppresso, affamato e indifeso, ma che, Palestina docet, ha sepolto la misericordia sotto enormi strati di vuoto assoluto.
Insomma, o si riempie il vuoto con la voglia di tornare protagonisti, o ci si abbandona al fracasso dei buffoni, dei paraculi e delle troie, però, come ci ha lasciato scritto Franco Fortini, poeta, saggista e critico fiorentino, tenendo ben conto che: “Per ognuno di noi che acconsente vive un ragazzo triste che ancora non sa quanto odierà esistere”.
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