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25 Agosto 2025 - 11:19
Piemonte e assegno di inclusione: dati allarmanti, Torino resta il “Sud del Nord” del Paese
In Piemonte la povertà continua a bussare alle porte di troppe famiglie, e lo fa con numeri che, secondo gli ultimi dati dell’Osservatorio Inps, mettono la regione in una posizione scomoda, soprattutto se paragonata ad altre realtà del Nord Italia. Nel primo semestre 2025, sono stati 35.700 i nuclei familiari piemontesi che hanno beneficiato dell’Assegno di inclusione, per un totale di 70.275 persone coinvolte. L’importo medio mensile erogato si attesta a 719 euro, il valore più alto fra le regioni settentrionali, segnale di una fragilità più marcata rispetto a Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Il Piemonte si colloca appena dietro la Lombardia, che conta 47.839 famiglie beneficiarie, ma stacca nettamente Emilia Romagna e Veneto, ferme rispettivamente a 19.530 e 15.936. Se i numeri assoluti possono ancora essere giustificati dalla differenza di popolazione, è nel rapporto percentuale con il totale dei nuclei familiari che emerge il dato più critico: il Piemonte tocca il 2,8%, contro l’1,7% della Lombardia, l’1,6% dell’Emilia Romagna e l’1,1% del Veneto.
Questa percentuale racconta di una condizione strutturale più fragile. L’importo medio erogato, 719 euro al mese, è il più alto del Nord Italia, Toscana compresa, e segnala che i nuclei che accedono al sostegno non solo sono più numerosi, ma necessitano anche di cifre maggiori per riuscire a coprire i bisogni minimi.
La fotografia più impietosa riguarda la Città Metropolitana di Torino. Da sola raccoglie il 58,9% dei beneficiari piemontesi, pari a 18.467 famiglie sul totale regionale. Numeri che riportano Torino a essere etichettata come il “Sud del Nord”, una metropoli dove le diseguaglianze sociali e le difficoltà di reddito sono molto più profonde rispetto ad altre grandi città settentrionali.
Se si considera il mese di giugno 2025, i nuclei beneficiari piemontesi sono stati 31.310, con un importo medio sceso a 657 euro. E ancora una volta Torino concentra oltre la metà dei casi. In termini comparativi, solo Napoli, Palermo, Roma, Catania e Caserta superano Torino nel numero di famiglie che fanno ricorso all’assegno di inclusione. Un dato che colloca il capoluogo piemontese in una posizione di evidente debolezza sociale rispetto ad altre città del Nord, come Milano (1,8% di nuclei beneficiari), Bologna (1,4%), Venezia e Firenze (1,1%).
Oltre a Torino, la mappa piemontese mostra altre criticità: Alessandria raccoglie l’11,4% dei nuclei beneficiari, Cuneo l’8%, Novara il 5,8%, Asti il 5,1%, Vercelli il 4,2%, Biella il 3,9% e il Vco il 2,2%. Pur con percentuali diverse, il quadro complessivo evidenzia come il fenomeno sia diffuso in tutte le province, anche se con intensità variabili.
L’Assegno di inclusione, introdotto dopo la chiusura del Reddito di cittadinanza, ha ristretto la platea dei beneficiari, ma in Piemonte non ha fatto diminuire in modo significativo il ricorso al sostegno. Nonostante i criteri più stringenti, la domanda resta alta. Ciò dimostra come la fragilità economica non sia episodica o circoscritta, ma rappresenti una condizione stabile di una parte consistente della popolazione.
Il confronto con i dati precedenti al 2022, quando era ancora in vigore il Reddito di cittadinanza, mostra infatti una continuità preoccupante: già allora il Piemonte, e in particolare Torino, si distinguevano per la maggiore incidenza di famiglie bisognose rispetto alle altre regioni del Nord.
Il nodo principale resta la struttura del mercato del lavoro e la presenza di ampie fasce di popolazione colpite dalla precarietà. Contratti brevi, salari bassi e difficoltà di reinserimento per chi perde il lavoro sono i fattori che alimentano la dipendenza dalle misure di sostegno. Torino, con il suo tessuto produttivo segnato da una lunga transizione industriale e dalla difficoltà di attrarre nuove filiere, risulta particolarmente esposta.
L’analisi degli economisti sottolinea che la maggiore fragilità del capoluogo piemontese nasce proprio da una combinazione di basso reddito medio e scarso accesso a occupazioni stabili. È in questo contesto che l’Assegno di inclusione, pur garantendo un aiuto immediato, mostra i suoi limiti: può tamponare l’urgenza, ma non risolve le cause profonde del problema.
Il rischio, evidenziato da più fonti, è che misure come l’Assegno di inclusione, pur essendo indispensabili per garantire la sopravvivenza delle fasce più deboli, non bastino a modificare il quadro di lungo periodo. Senza una politica più incisiva contro la precarietà, la povertà lavorativa e le diseguaglianze, Torino rischia di rimanere intrappolata nel ruolo di metropoli fragile, incapace di riallinearsi agli standard del Nord Italia.
L’Assegno di inclusione, con i suoi limiti e le sue contraddizioni, fotografa dunque un Piemonte diviso: da un lato una regione ancora capace di competere in settori chiave dell’economia, dall’altro un territorio segnato da fragilità sociali profonde, che si concentrano soprattutto nel capoluogo.
Il dato dei 35.700 nuclei familiari beneficiari nel primo semestre 2025 è un campanello d’allarme che non può essere ignorato. Non basta più parlare di sostegni temporanei: serve un’azione strutturale capace di intervenire su occupazione, salari, formazione e servizi di welfare. Solo in questo modo sarà possibile invertire la rotta e restituire al Piemonte, e in particolare a Torino, la possibilità di uscire da quella condizione scomoda che oggi la colloca come “Sud del Nord”.
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