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01 Agosto 2025 - 12:10
Luciana Littizzetto
Il profilo Instagram di Luciana Littizzetto, con oltre quattro milioni di follower, più di 7.800 post e una lista di circa 1.400 seguiti – per lo più personaggi del mondo dello spettacolo, della cultura e dell’impegno civile – è scomparso nel nulla. Nessun avviso, nessuna spiegazione ufficiale. Da giorni, la pagina non risulta più raggiungibile. Alcuni fan parlano di “profilo oscurato”, altri ipotizzano una sospensione da parte di Meta, altri ancora credono che sia stata una scelta volontaria della comica torinese. Ma la teoria che prende più piede è un’altra: la chiusura potrebbe essere legata alle sue recenti prese di posizione politiche e umanitarie, in particolare sui bombardamenti a Gaza e sull’intervento israeliano in Palestina.
La Littizzetto - di origine canavesana essendo la sua famiglia di Bosconero - non ha mai fatto mistero delle sue idee. Nei mesi scorsi, su Instagram, aveva pubblicato diversi post di denuncia: immagini di bambini feriti, riflessioni taglienti sull’inazione dell’Occidente, prese di posizione chiare contro gli abusi del governo di Tel Aviv. Alcuni suoi post avevano raccolto centinaia di migliaia di like, ma anche valanghe di commenti polemici, accuse di “parzialità”, attacchi da parte di sostenitori israeliani e utenti della destra italiana. Si era anche parlato di “segnalazioni di massa” come metodo per far rimuovere i contenuti più scomodi.
Le ultime pubblicazioni certe risalgono ad aprile 2025, quando ha condiviso un post satirico sul discorso del Re Carlo III. Successivamente, non risultano post pubblici né stime su quando l’account sia stato effettivamente oscurato o dismesso.
La sua assenza lascia un vuoto. Perché la Littizzetto usava Instagram non per farsi selfie o mostrare outfit, ma per dare voce alle storie degli ultimi. Aveva trasformato quella pagina in una piattaforma satirico-civile: raccontava con ironia la burocrazia che strangola i cittadini, mostrava le foto dell’ascensore rotto nella casa popolare della madre novantenne, attaccava il sessismo in politica e nello spettacolo, sosteneva le battaglie LGBTQ+, difendeva i migranti, raccontava il disagio mentale con uno sguardo onesto e privo di paternalismo. La sua satira era pungente, sì, ma mai cinica. Un’arma civile prima che comica.
Negli ultimi mesi, però, le polemiche si erano fatte più feroci. Il 9 marzo 2025, durante una puntata di Che Tempo Che Fa, aveva detto: «Noi italiani facciamo cagare a combattere: da Caporetto alla campagna di Russia, non ne abbiamo azzeccata una». Una battuta, certo. Ma a qualcuno non è andata giù. Il Tenente in congedo Pasquale Trabucco, presidente del Comitato 4 Novembre, l’ha denunciata per diffamazione aggravata. La vicenda è ora all’esame del Tribunale di Milano. Beppe Cruciani ha commentato che “era inevitabile” finisse così. Luca Bottura ha parlato di “piccoli dittatori che crescono”. La polemica si è trasformata in un caso politico-giudiziario: satira o vilipendio delle forze armate?
La risposta al duro attacco della Littizzetto, pubblicata da un caporal maggiore scelto della Folgore
Luciana Littizzetto è un personaggio troppo complesso per essere incasellato. Nata a Torino nel 1964, cresciuta in una latteria di famiglia nel quartiere San Donato, originaria di Bosconero, nel nostro Canavese, ha studiato pianoforte al Conservatorio e ha insegnato musica alle scuole medie del quartiere Vallette per quasi dieci anni. Contemporaneamente ha studiato Lettere e si è laureata con una tesi sul melodramma romantico. Poi ha lasciato l’insegnamento per dedicarsi alla satira. Ha cominciato nei locali torinesi, da Hiroshima Mon Amour al teatro Juvarra, fino ad arrivare a Avanzi su Rai3 con Serena Dandini. È stata una pioniera del cabaret televisivo, una delle prime donne comiche a imporsi nel prime time italiano, da Cielito Lindo alla coppia consolidata con Fabio Fazio. I suoi personaggi – come la mitica Sabbry – hanno fatto scuola.
Ha recitato in film come Tutti giù per terra, Tre uomini e una gamba, Ravanello pallido, Manuale d’amore, ed è autrice di libri best-seller come Minchia Sabbry!, Ti amo bastardo, Un attimo, sono nuda, Sola come un gambo di sedano, La principessa sul pisello, Col cavolo, Rivergination, La Jolanda furiosa, I dolori del giovane Walter, Io mi fido di te. Storia dei miei figli nati dal cuore. Alcuni titoli sono stati tradotti anche in Francia e in Spagna.
Luciana Littizzetto in Ravanello Pallido
Da anni è anche una presenza fissa al Salone del Libro di Torino, dove è intervenuta come ospite, relatrice, testimonial di incontri con autori, e in varie occasioni ha affiancato il lavoro editoriale della casa editrice Mondadori. Non risulta che abbia avuto un ruolo ufficiale nell’organizzazione dell’edizione 2024, ma è stata protagonista di più appuntamenti. Per l’edizione 2025, al momento, non ci sono conferme di un coinvolgimento attivo, ma i rumors nel mondo culturale torinese non mancano.
Senza il suo profilo Instagram, non è solo una voce che manca. È un pezzo di satira popolare che viene silenziato. In un tempo in cui comici e influencer inseguono like con contenuti vuoti, Lucianina faceva ancora satira politica. E la faceva senza chiedere il permesso. Adesso che quel profilo è sparito, rimane una domanda fastidiosa nell’aria: è stata censura o solo un incidente tecnico? E soprattutto: che idea ci facciamo della libertà d’espressione quando a pagarne il prezzo è chi ci fa ridere, ma anche pensare?
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