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La fuga dei pensionati italiani: migliaia scelgono l’estero per sfuggire a tasse e degrado

Fiscalità agevolata e qualità di vita all'estero spingono sempre più ex lavoratori a trasferirsi in Albania, Tunisia e altre mete emergenti, mentre la legge influirà su chi resta

La fuga dei pensionati italiani

La fuga dei pensionati italiani: migliaia scelgono l’estero per sfuggire a tasse e degrado

Aumentano i pensionati italiani che scelgono di trasferirsi all’estero alla ricerca di vantaggi fiscali e di una vita più serena: le ultime relazioni INPS rivelano un fenomeno in crescita costante, con mete emergenti come l’Albania e la Tunisia, dove le imposte sulle pensioni sono ridottissime se non azzerate.

Secondo l’INPS, nel 2024 risultano residenti all’estero circa 228.600 pensionati italiani, con una significativa prevalenza maschile (61 %) e una consistente quota di coloro che hanno maturato interamente contributi in Italia: ben 37.825 ex dipendenti privati decidono ogni anno di trasferire la propria residenza fiscale, attratti da regimi fiscali ultra‑convenienti per pensioni superiori ai 5.000 euro lordi al mese

Negli ultimi anni la mobilità post‑lavorativa è aumentata fino a triplicare tra 2010 e 2023: si è passati da 10 emigrati ogni 100.000 pensionati nel 2010 a 33 nel 2023, con maggiore partecipazione nelle regioni del Nord e del Centro. Il legame tra reddito e mobilità è forte: i pensionati con assegni elevati migrano sei volte più frequentemente rispetto a chi percepisce pensioni minime.

Le regioni con tassi più elevati di migrazione sono Trentino‑Alto Adige, Friuli‑Venezia Giulia, Valle d’Aosta, Lombardia, Veneto, Piemonte, Lazio e Liguria: aree con risorse economiche maggiori che permettono scelte pensionistiche più libere.

Tra le destinazioni preferite, tradizionalmente Spagna e Portogallo primeggiano: in Spagna si sono trasferiti più di 2.800 pensionati italiani con prevalentemente assegni elevati; in Portogallo l’esenzione o tassazione ridotta ha spinto molti a partire, soprattutto fino al 2020, quando il regime agevolato era totale. Tuttavia, dal 2024 le aliquote portoghesi sono salite fino al 14,5–53 % in base al reddito.

Negli ultimi anni emergono con forza Albania e Tunisia. Dal 2020 l’Albania applica l’esenzione totale sulle pensioni estere: i pensionati devono dimostrare una rendita annua minima, ma beneficiano di tassazione zero su quanto incassato dall’Italia. Anche la Tunisia offre un regime molto favorevole: massimo il 5 % sul 20 % del reddito pensionistico, con una parte tax‑free e detrazioni per il capofamiglia.

Altri Paesi oggi appetibili includono: Cipro (5 % fisso sopra 3.420 euro), Grecia (7 % per 15 anni se non residente negli ultimi 5 anni), Romania e Bulgaria (10 %), Malta (15 % ma con obbligo di acquisto casa), Turchia (20 %) e Croazia (deduzione del 50% su base imponibile fino a 60.000 €). Sono previste agevolazioni anche a Monaco, San Marino (6 % fino a 10 anni, solo per redditi > 120.000 € o patrimoni > 500.000 €) e Gibilterra.

Per beneficiare di questi regimi ridotti occorre trasferire la residenza fiscale, iscriversi all’AIRE, dimostrare di trascorrere almeno 183 giorni l’anno nel nuovo Stato tramite contratto d’affitto o proprietà immobiliare e aprire un conto corrente locale. Alcune nazioni pongono condizioni aggiuntive: in Grecia bisogna non essere stati residenti negli ultimi 5 anni, a Cipro nei 17 mesi precedenti, in Malta è necessario comprare casa e in Albania non si deve aver subito condanne penali sopportando più di tre anni di pena.

Importante distinzione: chi era dipendente pubblico non può beneficiare di queste agevolazioni semplicemente trasferendo la residenza. Le pensioni pubbliche sono tassate in Italia, a meno che non vi siano convenzioni particolari: solo Australia, Cile, Tunisia e Senegal ne hanno firmate apposite. Senza accordi, o senza cittadinanza locale, anche in presenza di residenza fiscale all’estero i pensionati pubblici continuano a pagare tasse in Italia.

Un altro aspetto chiave per gli italiani residenti all’estero è la rivalutazione della pensione: la legge di bilancio 2025 ha sospeso l’adeguamento all’inflazione per assegni superiori al minimo INPS (598,61 €), lasciando solo una rivalutazione parziale fino a 603,40 € mensili. Questo taglio riguarda anche chi percepisce la pensione dall’estero.

Infine, chi percepisce trattamenti dall’estero deve rispettare le procedure di conferma dell’esistenza in vita: per il 2025/26 le verifiche sono gestite da Citibank, con scadenze in due fasi. In caso di mancato invio del certificato, si può perdere l’assegno mensile o riceverlo solo in contanti tramite Western Union nel Paese di residenza.

Questo fenomeno ha importanti implicazioni fiscali ed economiche per l’Italia: si riduce il gettito fiscale nazionale, si perde la contribuzione indiretta legata alla permanenza sul territorio, e si accentua lo spopolamento? In realtà, secondo dati del Rapporto Inps, si tratta solo del 2,1 % dei pensionati italiani IVS che migrano all’estero, un numero piccolo ma strategicamente significativo dato il profilo medio‑alto degli emigrati.

In conclusione, la scelta di trasferirsi all’estero in pensione è oggi una decisione sempre più comune tra i pensionati privati italiani con redditi elevati. Le ragioni principali sono fiscali, ambientali e sociali: vivere in paesi con clima migliore, costi più bassi, comunità italiane e regimi fiscali favorevoli. Tuttavia il quadro normativo è complesso: ogni Paese impone requisiti differenti, operano restrizioni per i pensionati pubblici e le condizioni possono cambiare rapidamente.

Chi sta pensando a questa possibilità deve informarsi con attenzione, valutare i requisiti di residenza fiscale, le convenzioni applicabili, i costi di vita, l’assistenza sanitaria e le implicazioni sulla propria pensione. Non è solo una fuga dal fisco: è una scelta di stile di vita, che richiede pianificazione e consapevolezza.

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