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24 Luglio 2025 - 17:43
Irpef alle stelle, stangata in arrivo per i redditi medi piemontesi già dal 2026
L’addizionale regionale Irpef in Piemonte si prepara a salire, e per chi guadagna tra i 28 e i 50 mila euro l’anno la notizia non è delle migliori. Con il ritocco alle aliquote voluto dalla giunta Cirio, il Piemonte passerà a essere una delle regioni più care d’Italia per chi appartiene alla fascia del reddito medio, superata soltanto da Lazio, Toscana, Abruzzo e Molise. La misura, attualmente in discussione presso la Commissione Bilancio di Palazzo Lascaris, dovrebbe diventare operativa già dal 1° gennaio 2026. L’obiettivo dichiarato è quello di tamponare le perdite derivanti dalla riforma fiscale nazionale, in arrivo nel 2028, che ridurrà le attuali quattro fasce Irpef a tre.
La nuova aliquota per i redditi compresi tra 28.001 e 50.000 euro salirà dal 2,75% al 3,31%, generando un aumento medio annuo di 106 euro. Per la fascia 15.001-28.000 euro, l’aggravio sarà invece di 33 euro, con un passaggio dal 2,13% al 2,68%. Restano invariati i contributi per i redditi più alti (già al massimo previsto per legge, 3,33%) e per i più bassi, sotto i 15 mila euro. Secondo quanto dichiarato dall’assessore al bilancio Andrea Tronzano, la Regione punta così a recuperare 150 milioni di euro in due anni, in vista della scadenza 2028.
Tuttavia, al netto degli obiettivi di bilancio, la mossa scatena malumori crescenti sia tra i contribuenti sia tra le opposizioni. A finire nel mirino, oltre all’aumento in sé, sono anche le tempistiche accelerate: la giunta vorrebbe infatti far approvare il provvedimento entro l’inizio di agosto, così da evitarne lo slittamento a settembre. Ma per le minoranze, il tempo a disposizione per analizzare la manovra non è sufficiente. «Serve un approfondimento vero, non potete forzare l’Aula», ha commentato Alice Ravinale di Alleanza Verdi e Sinistra. A fargli eco anche il Movimento 5 Stelle, con Sarah Disabato: "L'aumento colpisce i dipendenti e i pensionati in modo sproporzionato".
Per Tronzano, però, il Piemonte paga un debito strutturale: "Ogni anno restituiamo oltre 600 milioni di euro, eredità del passato che ci penalizza rispetto alle altre regioni". Una spiegazione che non basta a placare il malcontento. A preoccupare è anche il raffronto con le altre regioni: l’Emilia-Romagna, ad esempio, che ha attualmente un’aliquota del 2,93% sulla stessa fascia reddituale, si posiziona meglio del Piemonte. E anche l’Umbria, che ha già anticipato il passaggio a tre scaglioni, ha modulato gli aumenti in modo meno impattante.
Il sistema Irpef regionale, nato nel 1998 per garantire autonomia fiscale alle Regioni, ha subito numerose modifiche negli anni, ma raramente ha assunto un peso così significativo sul reddito medio come ora. La riforma del governo Meloni, in arrivo nel 2028, prevede un accorpamento delle fasce di reddito, con effetti ancora poco chiari sulle singole addizionali regionali. Di qui la scelta della giunta piemontese: anticipare la perdita di gettito aumentando oggi, per non dover correre ai ripari domani.
Ma se a Palazzo Lascaris il clima si surriscalda, fuori dai palazzi le reazioni non sono meno accese. La Cgil parla apertamente di “salasso”, puntando il dito contro una politica fiscale che colpisce proprio il ceto medio, ossia quella fetta di popolazione che già regge il peso della fiscalità più ampia, dai carburanti ai servizi. I pensionati saranno fra i più colpiti: per molti di loro, un aumento di 100 euro l’anno equivale a sacrifici aggiuntivi, in un contesto già segnato da inflazione e rincari.
A fare da contraltare, c’è la promessa della Regione di abbassare nuovamente l’addizionale nel 2028, quando entrerà in vigore la riforma nazionale. Ma il risparmio, stimato in circa 30 euro, sarà comunque inferiore all’aumento di 106 euro previsto nel biennio precedente. Insomma, i conti – almeno sulla carta – sembrano quadrare più per l’ente pubblico che per i cittadini.
Resta infine il tema della trasparenza: diverse associazioni di consumatori e sindacati hanno chiesto maggiore chiarezza e coinvolgimento. Non solo per discutere le cifre, ma anche per capire come verranno utilizzati i fondi recuperati. Saranno reinvestiti in servizi essenziali, come sanità, trasporti, edilizia pubblica? Oppure finiranno in capitoli di spesa meno urgenti?
Entro pochi giorni si saprà se il Piemonte avrà davvero deciso di scommettere sull’aumento delle tasse come unica soluzione possibile. Ma intanto una certezza c’è: per migliaia di lavoratori e pensionati, il 2026 inizierà con una busta paga più leggera.
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