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24 Luglio 2025 - 17:08
Il sindaco Matteo Chiantore
"Adesso lo abbattiamo. Lo abbatteremo… Lo abbattiamo quest'inverno... Lo abbattiamo in primavera... Lo abbattiamo quest’estate…". L’abbattimento dell’ex istituto tecnico commerciale Giovanni Cena di Ivrea negli anni è diventato una sorta di tormentone, ripetuto con una disinvoltura quasi liturgica da assessori, sindaci, Fondazioni, dirigenti e comunicatori vari. Un mantra burocratico che si è rincorso tra i corridoi del Palazzo civico e le pagine dei giornali locali, tra una delibera, un rinvio, una bonifica, una scoperta archeologica, una nuova stima dei costi. Ma stavolta – sembrerebbe – ci siamo per davvero. L’abbattimento non è più solo nelle intenzioni o nei rendering: ha un nome, una ditta esecutrice, un ribasso d’asta, una determina firmata. Insomma, ha tutto ciò che serve per passare dalle parole ai fatti.
Fiato alle trombe, rullo di tamburi: la Daf Costruzioni Stradali srl di Milano si è aggiudicata ufficialmente l’appalto per la “demolizione e smaltimento materiali dell’ex Istituto Tecnico Commerciale G. Cena, previa bonifica e smontaggio impianti”, con un ribasso del 18,72% sull’importo base, pari a 807.783,73 euro.
Insomma, si stappino bottiglie di spumante di quello buono.
L’affidamento è avvenuto secondo il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, come previsto dall’articolo 108 del nuovo Codice dei contratti pubblici. Insomma, il Comune – dopo vent’anni di proclami – ha finalmente firmato le carte che contano, individuando l’impresa che avrà il compito di radere al suolo quello che un tempo fu un luogo di formazione e che da oltre trent’anni è solo un relitto urbano, chiuso per inagibilità già nel 1988.
Da allora, tutto è cambiato tranne l’edificio. È cambiato il modo di pensare le città, sono cambiati i sindaci, si è evoluta persino la concezione di biblioteca, ma il Cena è rimasto lì, imperturbabile, incastrato tra la Biblioteca Civica e il Museo Pier Alessandro Garda, in via Varmondo Arborio.
La demolizione – secondo il cronoprogramma – si concluderà nell’arco di 253 giorni naturali consecutivi. Prima, però, bisognerà spostare l’antenna telefonica che svetta sul tetto dell’edificio, da trasferire sulla copertura del vicino Teatro Giacosa. Un passaggio apparentemente banale, che ha però richiesto il nulla osta della Soprintendenza e dell’Arpa, come a ricordarci che a Ivrea anche i segnali telefonici devono aspettare la burocrazia prima di cambiare aria.
Una volta liberato il tetto, le ruspe potranno iniziare il loro lavoro. La demolizione sarà compiuta prevalentemente con mezzi meccanici, tranne che per le zone più delicate – quelle adiacenti al museo e alla biblioteca – dove si procederà con tecniche manuali, per evitare danni strutturali. Verrà inoltre abbattuta la struttura a scarpa in cemento armato su piazza Fillak, un mostro architettonico degli anni Ottanta costruito per consolidare un edificio ormai senza futuro.
Il risultato? Un’area ridisegnata, con nuovi spazi verdi e parcheggi, e – si spera – una maggiore armonia urbanistica con tutto quel che c'è nel centro cittadino.
Per arrivare fin qui, la strada è stata lunga e piena di ostacoli. L’intervento di demolizione era previsto già nel 2023, ma venne sospeso dall’amministrazione guidata da Matteo Chiantore a causa dell’impennata dei costi. La revisione dei prezzari da parte della Regione Piemonte e l’incremento delle spese per lo smaltimento dei rifiuti avevano fatto lievitare il preventivo iniziale da 900 mila euro a 1,5 milioni. Un aumento del 66%, che aveva bloccato l’intera operazione. Solo grazie a un intervento straordinario sui fondi comunali – con l’impiego di 600 mila euro dall’avanzo di amministrazione – si è riusciti a sbloccare l’impasse e pubblicare finalmente il nuovo bando.
Per la cronaca, la demolizione è da considerarsi solo il primo tassello di un progetto ben più ampio, quello dell’Hub Guelpa Centre – Polo Culturale, il sogno urbanistico che Ivrea accarezza da due decenni e che dovrebbe regalare alla città una biblioteca moderna, aperta, accessibile, progettata secondo standard contemporanei. Un’infrastruttura che non sia solo un deposito di libri, ma uno spazio civico, crocevia di giovani e meno giovani.
La Fondazione Guelpa ha già messo sul piatto 5 milioni di euro, vincolati proprio alla realizzazione del nuovo polo culturale. Una prima tranche di 1,7 milioni è stata usata per l’adeguamento dell’impianto antincendio della vecchia biblioteca, per la progettazione di fattibilità della nuova sede e, appunto, per l’abbattimento dell’ex Cena. L'intervento è dunque finanziato interamente con risorse della Fondazione, come specificato nella determina.
Nel frattempo, il Cena non è più quello che fu. Da anni non ospita più studenti né professori. Ha visto passare intorno a sé decine di iniziative, eventi, promesse, senza mai cambiare volto. Fino a poco tempo fa conteneva persino materiali di deposito del Comune e del Museo Garda, accumulati nel corso di vent’anni. Solo nel 2024 si è proceduto a una bonifica parziale, compresa quella dell’amianto.
A firmare la determina è il dirigente comunale e RUP ingegner Donato Gallo, che ha anche autorizzato il riconoscimento di un incentivo da 19.859,21 euro al personale tecnico interno del Comune per l’attività di progettazione e direzione lavori. Un passaggio che dà un volto (e un premio) anche alla macchina comunale che ha portato avanti l’iter.
Ora, però, le premesse ci sono tutte. Le carte sono firmate, le ditte selezionate, i soldi stanziati. Dopo anni di annunci, e rinvii, e rimodulazioni, e articoli intitolati “parte il cantiere”, forse davvero stavolta parte il cantiere. E magari tra due o tre estati, ci ritroveremo nello stesso luogo, ma con tutt’altro scenario: non più un ex istituto chiuso da trent’anni, ma un’architettura viva, pulsante, frequentata da studenti, lettori, turisti, cittadini. Un polo culturale nel senso vero del termine. Purché, naturalmente, tutto vada secondo i piani.
Ai tempi del sindaco Stefano Sertoli si parlava di Fondazione Guelpa, di ex Istituto Cena, di soldi, di lasciti e della buonanima, un giorno sì e l’altro pure. Poi è arrivato il centrosinistra di Matteo Chiantore ed è cambiato tutto. Quelli che parlavano (Massimo Fresc dei cinquestelle e Francesco Comotto di Viviamo Ivrea) sono diventati assessori e non parlano più. Quelli seduti tra i banchi dell’Opposizione, che definire gentleman è dire poco, non ne parlavano prima, figuriamoci se cominciano a parlarne adesso.
Fortuna vuole che, proprio quando il silenzio sembrava destinato a sommergerci tutti, all’albo pretorio è comparsa una delibera che ha per oggetto l'assegnazione dei lavori di abbattimento. L'intervento - come tutti sanno - rientra nel più ampio progetto di costruzione dell'Hub "Guelpa Centre", cioè il fantomatico polo culturale.
Il testo della delibera di giunta richiama una serie di atti precedenti, tra cui una prima delibera del 2022 (n. 380), che ha stabilito l'impossibilità di recuperare l'edificio dismesso dal 1998 a causa della mancanza di requisiti igienico-sanitari e di sicurezza. Poi la delibera n. 316 del settembre del 2023, attraverso cui il Comune approva in linea tecnica il progetto definitivo di demolizione, collegandolo a un finanziamento regionale che, pero, porca miseria, Ivrea non è riuscita ad aggiudicarsi.
L’ultima volta che dell'ex Istituto Cena se n’è parlato seriemente è stato in campagna elettorale, quando sembrava che questo, insieme al tunnel ferroviario, fosse uno dei problemi principali da risolvere. Si sa come s'è risolto il primo (non facendo nulla) non sappiamo ancora come si risolverà il secondo...
Ancora rimbombano nel cervello, correva il maggio del 2023, le discussioni infinite sul progetto "Campus Groma" per il nuovo Polo Culturale, o cittadella che dir si voglia, presentato alla chetichella durante una riunione alla presenza del presidente della Fondazione Guelpa Bartolomeo Corsini e dell’architetto Patrizia Bonifazio.
Un lavoro di un centinaio di pagine, realizzato da alcuni studenti (Vesna, Luca, Luis, Morena, Davide e Eugenia) insieme a tutor e docenti dell’Alta Scuola Politecnica, che avrebbe dovuto comprendere e unire la nuova biblioteca al Museo Garda.
In sintesi, cinque ragazzi erano venuti alcune volte in città, avevano organizzato due passeggiate, avevano fatto circolare un questionario a cui avevano risposto circa 500 cittadini, e infine avevano messo tutto nero su bianco.
Quasi in contemporanea l’ufficio tecnico dava il via libera al trasloco dei materiali immagazzinati nell’ex Istituto Cena, all’ex sala lettura sopra la biblioteca e all'ex centro cottura di via San Nazario, dove sono stati anche ricollocati i 2.300 reperti del Museo etnografico del Canavese. Finito il trasloco, erano cominciati i lavori di rimozione dell’amianto, ma dell’abbattimento vero e proprio non se n’era più saputo nulla.
A che punto siamo oggi?
Boh! Vedremo. Fino all’altro ieri, di quei 1,7 milioni di euro anticipati dalla Fondazione Guelpa al Comune ne erano già stati spesi 610.973 euro per i certificati di protezione antincendio del piano terra e dei locali aperti al pubblico della vecchia biblioteca. Morale per la bonifica e per l’abbattimento rimanevano circa un milione di euro scarso, cioè mancavano 500 mila euro e ce li ha messi il Comune con l'avanzo.
I motivi per cui ci vogliono tanti soldi così sono tutti legati all’aumento dei prezzi (di soli oneri di discarica ci sono oltre 300’000 euro) ma anche alla necessità di dover lavorare con mezzi meccanici manuali per evitare danni e disagi alla biblioteca e al museo, e di dover chiudere via Varmondo Arborio.
Morale?
Guelpa, nel 2021, aveva deliberato di dare al Comune fino a 5 milioni e può ancora girarne 3,3, conciò erodendo - leggiamo dal consuntivo del 2022 - il proprio capitale a 5.331.650. Sembran tanti soldi ma non basteranno certo per costruire una nuova biblioteca. Diciamo che questo già si sapeva? Sì!
E infatti in più di una occasione, in passato, si era ipotizzato di andare alla ricerca di contributi, magari attingendo dai fondi del Pnrr che resteranno inutilizzati. Tutto bene ci fosse - e non c’è - un “Progetto di fattibilità” della nuova biblioteca.
Quel che c’è è un incarico alla Fondazione per l’architettura di Torino di redigere un Bando. Insomma: tempi lunghi, anzi lunghissimi per la nuova biblioteca.
E non finisce qui.
Collegata all'ex Cena e alla biblioteca c'è appunto la Fondazione Guelpa. Nel 2014, il patrimonio di 7,2 milioni di euro della Fondazione produceva 700 mila euro di interessi all’anno, una cifra più che sufficiente per sostenere le numerose attività culturali della città. Di questi, 150 mila euro venivano destinati alle associazioni e altrettanti al Museo Garda, mentre il resto rimaneva nel fondo della Fondazione.
Oggi, leggendo il bilancio di previsione, si scopre che gli interessi si sono ridotti a 80 mila euro, una somma che copre a malapena i costi di gestione. Si tratta di stime, che potrebbero essere anche inferiori o leggermente superiori.
Qual è il problema? Il problema è che, tra prelievi e spese, il patrimonio si sta erodendo progressivamente, e prima o poi ci si ritroverà senza risorse, come le cicale della favola.
Non è una bella prospettiva, soprattutto se si pensa agli obiettivi che aveva chi ha lasciato quei soldi, la compianta Lucia Guelpa.
Per capire come si è arrivati a tutto questo, bisogna tornare indietro di mesi, ripercorrendo le polemiche che hanno caratterizzato le passate gestioni dell’Ente, concentrate a investire quei soldi in titoli e obbligazioni. C’era infatti chi sosteneva – in primis l’attuale assessore Francesco Comotto, seduto tra le file dell'Opposizione – che la Fondazione non dovesse mettere a rischio il capitale. Da qui la decisione di non movimentare più neanche un euro, per sicurezza.
Insomma, si era deciso di non gestire il patrimonio da un punto di vista finanziario, e sembra quasi inutile chiedersi cosa stiano facendo oggi i membri del consiglio di amministrazione, Daniela Broglio, Giancarlo Guarin, Giacomo Bottino e Sabrina Gonzatto. Di certo, non essendo loro degli esperti in finanza, si staranno occupando poco dei soldi e, quasi nulla però, anche della nuova biblioteca indicata nel testamento della "buonanima".
La domus era dotata di un vano con pavimento sorretto da pilastrini per il riscaldamento ad aria calda, mentre un secondo ambiente aveva pareti dipinte con uno zoccolo in finto marmo e sottili riquadrature di colore rosso scuro.
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