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Cronaca
23 Luglio 2025 - 17:22
San Giusto Canavese: come verrà utilizzata la villa confiscata alla ‘ndrangheta?
A San Giusto Canavese, c’è una villa che per anni ha rappresentato il potere silenzioso e minaccioso della ‘ndrangheta. Appartenuta a Giuseppe Fazari, condannato nel processo Minotauro come figura apicale della locale mafiosa radicata nel piccolo centro del Canavese, quell’abitazione potrebbe presto diventare il simbolo della riconquista dello spazio pubblico da parte dello Stato. L’amministrazione comunale ha infatti avviato l’iter per trasformare l’ex residenza del boss nella nuova sede della Protezione civile.
Un progetto concreto, che parte da un dato economico preciso: servono 125mila euro per ristrutturare l’edificio e restituirlo alla collettività. Il Comune punta a ottenerli attraverso il bando nazionale rivolto agli enti locali che vogliono dare nuova vita sociale ai beni confiscati alle mafie. In questo quadro, è già stato affidato l’incarico per la progettazione preliminare all’architetto Alessandro Giacolino, con un compenso fissato a 16.132,51 euro, frutto anche di uno sconto del 15% rispetto al preventivo iniziale.
La sindaca Giosi Boggio è consapevole delle incognite. Ma sotto la cautela comunicativa si intravede la portata politica e simbolica dell’iniziativa: convertire un luogo di potere mafioso in presidio di prevenzione e servizio alla cittadinanza.
La villa di Fazari, formalmente confiscata già nel 2015, è rimasta per anni abitata da due parenti del condannato. Solo nel 2022 le forze dell’ordine hanno potuto procedere allo sgombero, senza incontrare resistenze. Un’inerzia lunga e pesante, che testimonia quanto sia ancora fragile il passaggio dalla sentenza alla restituzione piena del bene alla comunità.
Libera Piemonte, da tempo, denuncia l’isolamento dei piccoli Comuni che si trovano a gestire i beni sottratti alle mafie. Mancano le risorse economiche, ma anche quelle umane e professionali. E le intimidazioni indirette, spesso veicolate da ambienti giovanili contigui alle vecchie famiglie mafiose, non sono mai del tutto assenti. Lo dimostra quanto accaduto a giugno nella villa confiscata al boss Nicola Assisi – narcotrafficante internazionale – dove alcuni partecipanti al campus estivo organizzato da Libera sono stati pesantemente insultati da giovani del posto.
Il processo Minotauro, che nel 2011 ha messo a nudo l’estensione delle cosche calabresi in Piemonte, ha lasciato dietro di sé una mappa inquietante di infiltrazioni e potere economico sommerso. Eppure, i beni confiscati non sempre diventano spazi di riscatto. Anzi, spesso restano chiusi per anni, esposti all’abbandono o alla paura. La trasformazione della villa di Fazari in sede operativa della Protezione civile rappresenterebbe un cambio di passo importante, non solo per San Giusto, ma per tutto il Canavese.
Il segnale che si vuole lanciare è chiaro: la legalità non è un concetto astratto, ma qualcosa che si costruisce riappropriandosi dei luoghi, rendendoli utili, vivi, quotidiani. Farne un presidio per la gestione delle emergenze ambientali e civili sarebbe una scelta forte, che tocca la memoria collettiva del territorio, ma anche la sua capacità di immaginare un futuro diverso.
Nel frattempo, resta il nodo dell’attesa. La richiesta di finanziamento è stata inviata, ma non ci sono ancora certezze sull’accoglimento. In gioco c’è molto più di un edificio: c’è la possibilità concreta di dare un volto nuovo a un paese segnato dalle cronache giudiziarie, dimostrando che l’antimafia non vive solo nelle aule dei tribunali, ma anche nei progetti locali, nei cantieri, nelle scelte urbanistiche.
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