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‘Ndrangheta in Canavese: annullata l’assoluzione del vigile. “Aiutò un boss, non è fatto tenue”

La Cassazione boccia la sentenza: “Violato il ruolo di pubblico ufficiale”. Il paese canavesano continua ad essere uno snodo cruciale dell'organizzazione mafiosa al nord

‘Ndrangheta in Canavese: annullata l’assoluzione del vigile. “Aiutò un boss, non è fatto tenue”

‘Ndrangheta in Canavese: annullata l’assoluzione del vigile. “Aiutò un boss, non è fatto tenue”

Fare un favore a un presunto affiliato alla ’ndrangheta non può essere considerato un episodio «di particolare tenuità». Per questo motivo la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza con cui la Corte d’Appello di Torino, nell’ottobre del 2024, ha assolto Paolo Busso, agente della Polizia Municipale di Volpiano, dall’accusa di accesso abusivo a sistema informatico: nuovi giudici dovranno rivalutare il caso tenendo conto dei rapporti fra i due personaggi e pure della «natura del reato» e dell’«abuso della qualità» di pubblico ufficiale che ne ha reso possibile la commissione.

L’episodio rientra nel maxi-processo originato dall’inchiesta Platinum sulla presenza della criminalità organizzata nel Nord-Ovest. Gli inquirenti, in particolare il pm Valerio Longi della DDA di Torino, sospettano che da anni a Volpiano, località di 15 mila abitanti nella cintura torinese, sia attiva una locale della ’ndrangheta.

Il presunto affiliato, Giuseppe Vazzana (oggi condannato in via definitiva a 6 anni e 8 mesi per partecipazione ad associazione mafiosa), avrebbe chiesto al vigile urbano di procurargli l’indirizzo dell’ex comandante dei vigili Franco Roffinella, con il quale pare avesse in sospeso delle questioni legate a un debito di 5 o 6 mila euro. Busso fornì l’informazione tramite una funzionaria dell’ufficio anagrafe del Comune di Volpiano, che contattò con un pretesto.

La Cassazione, che ha accolto il ricorso della Procura generale (Lucia Musti) e dell’Avvocato generale (Giancarlo Avenati Bassi), rimprovera alla Corte d’Appello subalpina una «motivazione contraddittoria». Da un lato osserva che gli elementi a carico del vigile sono «plurimi e obiettivamente gravi», dall’altro sostiene che «l’offensività della condotta» è stata minima perché i privati cittadini possono ottenere i certificati di residenza di altri pagando 16 euro. Trascurando però il fatto che devono specificare e motivare le ragioni della richiesta. Quindi l’attenzione non deve essere focalizzata «sull’astratta conoscibilità del dato, bensì sull’elusione delle modalità previste per l’acquisizione dell’informazione».

Da un’accusa di abuso in atti di ufficio, Busso era stato assolto per la depenalizzazione del reato prevista dalla riforma Nordio.

Intanto, il 21 maggio scorso il vigile Paolo Busso ha ricevuto la comunicazione del licenziamento da parte del Comune di Volpiano.

A Volpiano la ’ndrangheta continua ad essere una presenza costante

Il caso di Paolo Busso, lungi dall’essere un’eccezione, si inserisce in un contesto più ampio e purtroppo ancora attuale. A Volpiano, la presenza della criminalità organizzata non è mai stata completamente sradicata. Lo dimostra la recente operazione Millennium, scattata solo una settimana fa all’alba di mercoledì, con oltre 200 perquisizioni e 97 misure cautelari, tra cui 81 arresti in carcere.

Coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, l’indagine ha rimesso al centro Volpiano come uno degli snodi strategici della ’ndrangheta al Nord. Tra gli arrestati ci sono due volti noti del Canavese: Francesco Barbaro, operaio residente proprio a Volpiano, e Geremia Orlando Barbuto, domiciliato a Chivasso. Entrambi indicati come referenti della “locale” volpianese, mai davvero dissolta.

Secondo gli inquirenti, la cosca Barbaro-Castani avrebbe mantenuto un ruolo centrale, con collegamenti diretti con la Calabria, traffici internazionali di stupefacenti, estorsioni sistematiche e addirittura scambi elettorali politico-mafiosi. Il tutto attraverso un impianto organizzativo che include una cassa comune, contatti logistici esperti e una rete di intimidazione che continua a stringere la morsa sul territorio.

Il pizzo richiesto agli imprenditori? Il 3% sugli appalti. Una tassa criminale per “ottenere protezione” o, più semplicemente, per non avere guai. L’inchiesta ha evidenziato anche come il traffico di cocaina sudamericana, soprattutto da Colombia, Brasile e Panama, sia gestito con metodi industriali e un livello di efficienza quasi aziendale.

A tredici anni dalla storica operazione Minotauro, Volpiano si conferma – tragicamente – uno dei nodi nevralgici del potere mafioso al Nord. Un centro di smistamento, una base operativa, un laboratorio criminale dove la mafia non si limita a esistere, ma funziona. E dove, come dimostra anche la vicenda Busso, la contaminazione può infiltrarsi anche nelle istituzioni.

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