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Pensionati sempre più poveri: in Piemonte si perdono 70 euro al mese da anni

Il potere d’acquisto crolla, le pensioni non reggono l’inflazione e cresce il rischio di povertà assoluta

Pensionati sempre più poveri

Pensionati sempre più poveri: in Piemonte si perdono 70 euro al mese da anni

In Piemonte i pensionati stanno diventando sempre più poveri, lentamente ma inesorabilmente. Non è un effetto ottico né un’impressione soggettiva: secondo una ricerca congiunta del Centro Europa Ricerche (Cer) e del Cupla, il comitato unitario dei pensionati del lavoro autonomo (di cui fa parte anche Confesercenti), un assegno da 1.200 euro lordi mensili nel 2009 oggi ha perso circa 70 euro al mese in termini reali. Su base annua sono 840 euro in meno, e se si guarda al periodo completo dal 2009 al 2025, il conto totale è di quasi 9.000 euro andati in fumo. Tutto per colpa dell’inflazione, dell’adeguamento parziale degli importi pensionistici al costo della vita e di un drenaggio fiscale che continua a pesare sui redditi più bassi.

Sono oltre 1.400.000 i pensionati piemontesi coinvolti in questa lenta erosione del potere d’acquisto. E, a differenza di quanto spesso si pensa, il problema non riguarda solo chi percepisce pensioni minime, ma anche coloro che si collocano nella fascia media. Secondo il rapporto, i meccanismi automatici di rivalutazione degli assegni non sono riusciti a tenere il passo con l’aumento dei prezzi, lasciando indietro soprattutto le pensioni comprese tra 1.000 e 1.500 euro lordi al mese, ovvero quelle che un tempo rappresentavano una “zona cuscinetto” tra povertà ed equilibrio economico, e che ora rischiano di scivolare nella fascia a rischio.

Il presidente di Fipac-Confesercenti, Vincenzo Guastella, parla apertamente di una situazione “drammatica, ma purtroppo non sorprendente”. Secondo lui, la politica ha ignorato per troppo tempo gli allarmi lanciati dalle associazioni dei pensionati, e ora servono misure concrete e immediate. La proposta avanzata è quella di un bonus Irpef da 960 euro l’anno, da destinare a chi percepisce tra i 7.800 e i 15.000 euro annui di pensione, ovvero a quella fascia che sta pagando il prezzo più alto del mancato adeguamento.

La responsabilità non è solo dell’inflazione, che pure ha accelerato negli ultimi anni a causa della crisi energetica, delle guerre e dell’instabilità internazionale. C’è anche un problema fiscale strutturale: secondo lo studio, mentre l’inflazione erode il potere d’acquisto, il sistema fiscale continua a colpire duramente i pensionati, con un prelievo che supera i 1.000 euro l’anno per chi ha una pensione di 1.200 euro lordi. E il vantaggio fiscale rispetto ai lavoratori dipendenti, che un tempo era garantito come forma di tutela sociale, è praticamente scomparso.

Non va meglio a chi ha pensioni più alte: l’adeguamento all’inflazione è stato completo solo per gli assegni medio-bassi, mentre per quelli superiori le rivalutazioni sono state solo parziali. Anche chi, dunque, ha versato contributi per decenni e oggi percepisce una pensione da 1.700 o 2.000 euro, si ritrova con un potere d’acquisto ridotto, pur dovendo sostenere spese crescenti, soprattutto in campo sanitario e abitativo.

L’allarme lanciato da Confesercenti e Fipac è chiaro: senza un intervento fiscale correttivo, il fenomeno è destinato a peggiorare. Le conseguenze non sono solo economiche, ma anche sociali e sanitarie. Chi vive con una pensione che non basta più a coprire affitto, bollette, spesa e farmaci, rischia di finire in condizioni di marginalità. Secondo gli ultimi dati Istat, infatti, la povertà assoluta tra gli over 65 è in crescita, e riguarda sempre più spesso ex artigiani, commercianti, agricoltori, ma anche impiegati o piccoli professionisti.

Il dibattito politico, però, resta distratto. Le proposte per una riforma fiscale organica delle pensioni languono in commissione, e anche i recenti aggiustamenti approvati con la legge di bilancio non sembrano incidere in modo significativo. La speranza delle associazioni è che il prossimo autunno, con l’avvio della sessione di bilancio, il governo apra finalmente un tavolo serio su questa emergenza.

Nel frattempo, Guastella avanza un’altra proposta: “Oltre al bonus Irpef, serve una riforma strutturale della fiscalità sulle pensioni, che tenga conto della reale situazione economica dei percettori e non applichi schemi pensati per redditi da lavoro. I pensionati non sono una categoria da spremere, ma persone che hanno già dato molto al Paese e meritano di vivere la loro vecchiaia in dignità”.

Se la politica continuerà a ignorare i numeri, il rischio è quello di una crisi sociale silenziosa, fatta di piccoli gesti quotidiani: medicine non comprate, visite mediche rimandate, pasti saltati per risparmiare. E in un Piemonte che invecchia più rapidamente del resto d’Italia, questa crisi potrebbe presto diventare sistemica.

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