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"Suo nipote ha investito un uomo": ondata di truffe shock a Pont Canavese, anziani presi di mira

Telefonate costruite nei minimi particolari per terrorizzare le vittime: il sospetto è che i truffatori conoscano ogni cosa

"Suo nipote ha investito un uomo"

"Suo nipote ha investito un uomo": ondata di truffe shock a Pont Canavese, anziani presi di mira

Un'ondata di truffe telefoniche ha colpito Pont Canavese, lasciando sgomento e rabbia in una comunità dove tutti si conoscono e dove la fiducia è ancora un valore condiviso. In pochi giorni, almeno cinque famiglie hanno ricevuto chiamate da sconosciuti che, fingendosi carabinieri o avvocati, hanno cercato di convincere gli anziani a compiere gesti avventati. Il tutto con un copione ben scritto e particolarmente pericoloso.

Le telefonate sono tutte costruite intorno a uno schema preciso: dall’altra parte del filo una voce agitata avvisa che un nipote o pronipote ha investito una persona anziana. L’urgenza domina la conversazione, e la vittima viene spinta a recarsi subito in caserma, spesso con soldi o documenti da portare. Un caso classico di manipolazione emotiva, ma con un'aggravante inquietante: i truffatori conoscono dettagli privati.

Non si tratta di una truffa improvvisata. Chi telefona è preparato, conosce nomi, legami familiari, età, situazioni personali. A raccontarlo sono le stesse vittime. In un caso, un uomo di 86 anni ha ricevuto la telefonata mentre era solo in casa. Solo l’intuizione di contattare la figlia ha evitato il peggio. Lei ha subito capito che era una truffa, ma il padre è rimasto sconvolto per ore, temendo davvero che il nipote fosse nei guai.

Altri testimoni parlano di telefonate in cui la voce al telefono sapeva tutto: il nome del figlio, il nome della scuola frequentata dal nipote, persino alcuni problemi di salute della famiglia. Elementi che non si trovano su Internet, ma che si apprendono vivendo la comunità o attingendo da fonti interne o banche dati private.

I carabinieri di Pont Canavese confermano l’allerta e stanno raccogliendo tutte le denunce. Il timore è che i truffatori non si siano fermati qui. Il Comune ha lanciato un appello pubblico: non aprire la porta a sconosciuti, non fidarsi delle chiamate che parlano di incidenti, e soprattutto chiamare sempre il 112 per verificare.

L’impatto di queste truffe non è solo economico – anche se in casi simili altrove sono stati sottratti migliaia di euro – ma psicologico. Gli anziani colpiti entrano in uno stato di confusione e paura che può durare giorni. In un episodio segnalato, se il pensionato fosse uscito di casa, avrebbe lasciato sola la moglie gravemente malata, esponendola a pericoli ulteriori. Il danno si sarebbe moltiplicato.

Il meccanismo usato dai truffatori non è nuovo, ma l'evoluzione della tecnica fa paura. Ormai non si accontentano di improvvisare: studiano, raccolgono dati, magari passando anche per i social, i necrologi o gli avvisi parrocchiali. Ogni informazione serve a costruire credibilità. Basta conoscere un nome, un luogo, una situazione, per far crollare la difesa della vittima.

Siamo davanti a una forma di criminalità subdola, che colpisce le persone più fragili, in un momento di disattenzione o di solitudine. Colpisce la famiglia, la casa, la fiducia. E colpisce con freddezza.

A Pont Canavese si torna ora a riflettere sull’importanza di educare gli anziani alla difesa, di fare rete, di proteggere i propri cari con una semplice telefonata quotidiana, con un messaggio, con un controllo in più. Ma servono anche strumenti più incisivi da parte delle istituzioni. È urgente, ad esempio, limitare l'accesso e l’uso delle banche dati non regolamentate, che spesso finiscono nelle mani sbagliate.

Intanto, in paese, la paura si mescola alla rabbia. Nessuno vuole più sentir dire che "è colpa dell'età" o "è successo perché era solo". Chi truffa un anziano studia, mente e distrugge, e lo fa con metodo. E chi dovrebbe tutelare i più deboli, a tutti i livelli, deve fare di più.

Perché un anziano che viene truffato non perde solo del denaro: perde fiducia, perde sicurezza, perde l’idea di poter ancora vivere con dignità in un luogo che chiama “casa”. E quella perdita, per un’intera comunità, è un fallimento collettivo.

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