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21 Luglio 2025 - 10:07
Allarme in Piemonte: antibiotici prescritti con troppa facilità!
In Piemonte si continua a prescrivere antibiotici come fossero caramelle, incuranti dei richiami, dei target ministeriali e del buonsenso. Il risultato? Costi fuori controllo, resistenze batteriche in crescita e un sistema che, anziché intervenire con fermezza, si limita a raccomandare prudenza come se bastasse un promemoria a fermare un’epidemia silenziosa ma pericolosissima. Le Asl lanciano l’ennesimo avviso ai medici: “State esagerando con le prescrizioni”. Ma è l’ennesimo avviso nel vuoto.
I dati parlano chiaro: in Italia il rapporto tra antibiotici ad ampio spettro e quelli a spettro ristretto è tra i più alti d’Europa. La media nazionale è 9,5, contro il 5,5 europeo, e il Piemonte è messo anche peggio. L’Asl Torino 5, solo per fare un esempio, doveva scendere a un rapporto di 10,25 entro il 2024. Invece è salita a 12,57, e nel primo trimestre 2025 ha toccato quota 14,20. Non solo non si scende, si peggiora. Eppure c’erano obiettivi precisi: una riduzione del 7% tra il 2022 e il 2024, e del 20% entro il 2025. Promesse sulla carta, ignorate nella pratica.
Le cifre mostrano una realtà già fuori controllo. Solo a Torino, nel primo trimestre 2025, si sono spesi quasi 1,74 milioni di euro in antibiotici ad uso sistemico. Si tratta del 5% della spesa totale convenzionata con il Servizio Sanitario Nazionale. Una cifra mostruosa, per una sola voce terapeutica. E ancora una volta il rapporto tra ampio e ristretto spettro è salito: 14,97, quasi sei punti oltre il limite previsto. Di chi è la colpa? Dei pazienti? Dei medici? Delle istituzioni che sanno, ma non intervengono?
L’antibiotico più prescritto resta la solita vecchia amoxicillina con acido clavulanico, una molecola potente ma a doppio taglio, che rappresenta da sola il 46% delle dosi dispensate. È il simbolo di un approccio sbrigativo e rischioso, che punta al risultato immediato ma ignora le conseguenze a lungo termine. Perché l’antibiotico non è una terapia innocua: usato male, diventa inutile, e a quel punto sono i batteri ad avere il coltello dalla parte del manico.
Non è una novità. Il problema dell’antibiotico-resistenza è noto da anni. Ma in Piemonte si continua a prescrivere senza distinguere, a somministrare ad ampio spettro anche dove basterebbe un farmaco mirato, più debole ma adeguato. E così si alimenta un circolo vizioso: più resistenze, più infezioni difficili da curare, più farmaci forti, più costi. A pagarli? I cittadini, con il portafogli e con la salute.
Nel 2024 la Regione Piemonte ha speso 723 milioni di euro per acquisti sanitari, 40 in più rispetto al 2023. Una crescita “superiore a quanto previsto”, ha sottolineato la Corte dei Conti. Ma se la spesa cresce mentre l’efficacia diminuisce, qualcosa non funziona. Eppure, tutto resta così. Le Asl inviano circolari, la Regione rilancia obiettivi, il Ministero monitora, ma nessuno cambia passo.
A monte c’è un problema culturale: troppi medici prescrivono per “mettersi al sicuro”, per non perdere tempo con analisi e tamponi, per accontentare pazienti ansiosi che pretendono una cura istantanea. Troppi pazienti assumono antibiotici senza seguire le indicazioni, li interrompono prima del tempo, li conservano e li riusano “al bisogno”. E troppi animali da allevamento sono ancora imbottiti di antibiotici, che poi finiscono indirettamente nel piatto.
A valle ci sono le conseguenze cliniche e sociali. Gli antibiotici perdono potenza. Le infezioni diventano più difficili da trattare. Aumentano i ricoveri, i decessi, le complicanze. I batteri resistenti, come certi ceppi di Klebsiella o Escherichia coli, non rispondono più alle cure standard. Alcuni ospedali stanno già registrando casi di infezioni multi-resistenti per cui restano pochissime opzioni terapeutiche. È il futuro che ci attende, e non stiamo facendo nulla per evitarlo.
A tutto questo, le istituzioni rispondono con linee guida, raccomandazioni e obiettivi percentuali. Tutto giusto, tutto inapplicato. Non bastano più i richiami ai medici. Servono interventi veri, controlli sulle prescrizioni, sanzioni per chi viola sistematicamente i protocolli, formazione capillare e campagne pubbliche rivolte ai cittadini. Perché se non si cambia ora, il rischio è che tra qualche anno ci troveremo a combattere polmoniti e infezioni banali con farmaci inutili. E sarà troppo tardi.
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