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Ti spostano il medico senza dirti niente: rivoluzione silenziosa nella sanità locale

Front finisce con San Maurizio, Pavone tagliata fuori dalla Valchiusella, Leini e Volpiano fusi in un solo ambito: l’ASL TO4 cambia le carte in tavola e nessuno avvisa i pazienti

Ti spostano il medico senza dirti niente: rivoluzione silenziosa nella sanità locale

Luigi Vercellino

Se ne parla poco, eppure riguarda tutti. Anche chi sta bene, anche chi non ha mai preso un antibiotico in vita sua. Perché prima o poi, a tutti capita di dover chiamare il medico di base. E allora ci si accorge se qualcosa è cambiato. E qualcosa, anzi molto, sta cambiando.

L’ASL TO4 ha appena firmato un accordo storico con i Medici di Medicina Generale. È il primo in Piemonte. L’obiettivo è attivare le famose AFT, ovvero le Aggregazioni Funzionali Territoriali. Parole complicate che rischiano di passare inosservate. Ma dietro queste sigle si nasconde una rivoluzione silenziosa. Perché, nel nome dell’efficienza, della prossimità e della continuità assistenziale, si stanno riscrivendo i confini della medicina di famiglia.

La riorganizzazione prevede che i medici di base non lavorino più da soli, ma in rete, insieme ad altri colleghi e ai medici della ex guardia medica (ora “medici di continuità assistenziale”). Il tutto con orari più ampi, da lunedì a venerdì, dalle 9 alle 19. E il servizio notturno e festivo rimane invariato.

medici

Ma non è solo una questione di orari. È anche una questione di territorio, identità, punti di riferimento. I vecchi ambiti cambiano. Front, per esempio, non farà più parte dello stesso gruppo di Nole. Sarà spostato in un altro ambito, quello che unisce San Maurizio Canavese e San Francesco al Campo. Per chi ha sempre avuto un medico a Nole, potrebbe essere uno strappo. Oppure una sorpresa, se i servizi funzioneranno davvero meglio. Ma intanto il cambiamento c’è, ed è sostanziale.

A Leini, Volpiano e San Benigno Canavese, invece, succede l’opposto: si uniscono. Non più tre ambiti separati, ma uno solo. Nasce un’area unica, all’interno della quale saranno operative due AFT, due “squadre” di medici che dovrebbero lavorare in modo coordinato. Una semplificazione o una complicazione? Dipende dai punti di vista. Di certo, chi è abituato a un certo medico, a un certo ambulatorio, a una certa organizzazione, dovrà adattarsi.

Ad Ivrea la situazione si complica. Gli ambiti di Banchette e della Valchiusella vengono fusi. Ma Pavone Canavese, che storicamente faceva parte della Valchiusella, viene staccato e portato direttamente sotto l’ambito di Ivrea. La motivazione ufficiale è razionale: avvicinare Pavone a un centro con più servizi, con una struttura sanitaria più solida. Ma a livello locale c’è chi non nasconde la perplessità. “È l’ennesimo segnale che Pavone viene risucchiata da Ivrea”, si mormora tra i cittadini. E in un momento in cui l’identità territoriale è già fragile, anche queste scelte pesano.

Il direttore generale dell’ASL TO4, Luigi Vercellino, in un comunicato stampa, dice di aver seguito personalmente tutto il percorso. Di aver partecipato agli incontri con i cinque distretti sanitari. Di aver parlato con i sindacati. Di aver coinvolto i coordinatori e i direttori delle aree territoriali. Il messaggio è chiaro: non è un tecnicismo, ma un cambiamento culturale. “Il nuovo modello si completerà con l’apertura delle Case di Comunità”, dice. Luoghi dove i medici non saranno più soli, ma lavoreranno fianco a fianco con infermieri, assistenti sociali, psicologi e altri professionisti. Una sorta di sanità integrata e di prossimità, pensata per affrontare le cronicità e le fragilità.

In totale, nasceranno 23 AFT: cinque a Ciriè-Lanzo, cinque a Chivasso-San Mauro, quattro a Settimo Torinese, sei a Ivrea, tre a Cuorgnè. Ma i numeri, da soli, non bastano. Servono volti, relazioni, fiducia. E il rischio, in questo passaggio, è che i pazienti si sentano spaesati. “Chi mi curerà domani?” è una domanda legittima. Per molti, il medico di famiglia non è solo un professionista. È una persona di fiducia. Qualcuno che ti conosce, che ti riceve anche senza appuntamento, che capisce il tuo tono di voce al telefono.

La promessa è che, con le AFT, tutto sarà più efficiente. Più reperibilità, meno carichi sbilanciati, più collaborazione. Ma questo sistema sarà davvero in grado di garantire prossimità e ascolto? O diventerà una macchina organizzativa che rischia di perdere l’anima?

La verità si vedrà nei prossimi mesi, quando i cittadini inizieranno a chiamare per una visita, a chiedere un certificato, a cercare un medico nuovo. Per ora c’è solo una certezza: la sanità di territorio ha cambiato pelle. In silenzio, quasi senza clamore. Ma con un impatto che, presto o tardi, arriverà fino alla porta di casa.

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Dovevano essere la svolta. Dovevano portare il medico sotto casa, l’infermiere di quartiere, l’assistente sociale nel condominio accanto. Invece, le Case di Comunità nell’ASL TO4 si stanno rivelando l’ennesima illusione targata PNRR: cantieri mai partiti, ritardi su ritardi, silenzi assordanti. E mentre i progetti restano sulla carta, i cittadini continuano a fare i conti con le attese, con le telefonate a vuoto, con le corse in ospedale per un banale mal di gola.

A Ivrea, Leini, Castellamonte, Caluso e Crescentino, i lavori dovevano già essere avviati. Ma di ruspe e muratori nemmeno l’ombra. In alcuni casi, come a Ivrea, c’è di mezzo l’amianto — scoperta degna del premio “non ce l’aspettavamo”. In altri, si parla genericamente di “problemi burocratici”, “tempi tecnici”, “revisione dei progetti”. Insomma, la solita farsa.

A lanciare l’allarme sono stati alcune settimana fa i sindacati. Hanno denunciato non solo i ritardi, ma l’assoluto disinteresse della politica. All’ultima riunione telematica per fare il punto sull’attuazione del PNRR in sanità, nessun sindaco si è collegato. Nessun rappresentante politico. Nessun volto della sanità pubblica, tranne un ingegnere dell’ASL, lasciato solo a spiegare perché siamo ancora al punto zero. Una figuraccia che racconta molto più di mille verbali.

Eppure, il direttore generale dell’ASL TO4, Luigi Vercellino, assicura che “i progetti sono confermati” e che “faremo il possibile per rispettare i tempi”. Bene. Peccato che sia lui stesso ad ammettere in più di una intervista che “per alcune strutture sarà impossibile completare i lavori nei termini previsti”. Tradotto: la montagna del PNRR partorirà il solito topolino, se tutto va bene. Se va male, perderemo i fondi europei, e la “sanità di prossimità” resterà una delle tante frasi fatte da conferenza stampa.

Nel frattempo, i medici di famiglia scarseggiano, i pediatri vanno in pensione, i pronto soccorso scoppiano, e i cittadini si arrangiano. Alcuni si rivolgono ai privati, altri rinunciano alle cure. Ma nessuno può più aspettare che qualcuno sblocchi un cantiere o trovi un assessore sveglio. Le Case di Comunità dovevano portare servizi nei territori. Per ora portano solo vergogna.

Questa non è un’emergenza. È una scelta politica, l’ennesima. Chi governa ha deciso che il diritto alla salute può aspettare. Che gli impegni presi con l’Europa, e con i cittadini, sono negoziabili. Che un rendering in PowerPoint vale più di un ambulatorio aperto. E se qualcuno protesta, si tira fuori l’amianto, il bando andato deserto, il cambio della norma.

No, non è accettabile. I fondi ci sono. I progetti anche. Quello che manca è la volontà. O, peggio, la capacità di governare. E intanto, come sempre, pagano i cittadini.

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