Cerca

Attualità

Alcol vietato a Chivasso, ma i controlli? Ecco perché il modello Milano rischia di essere un boomerang

Vietare non basta: in città nessun “piano sicurezza” serio, solo l'ordinanza del sindaco

Alcol vietato a Chivasso, ma niente controlli: ecco perché il modello Milano o Barcellona rischia di essere un boomerang

Alcol vietato a Chivasso, ma niente controlli: ecco perché il modello Milano o Barcellona rischia di essere un boomerang

Niente bottiglie. Nemmeno in mano. Se sei a Chivasso e stai camminando per via Torino con una birra in tasca dopo le 20.30, potresti essere sanzionato. E non importa se l’hai comprata legalmente e la stai portando a casa. Per l’Amministrazione comunale guidata da Claudio Castello, da oggi – 2 luglio – fino al 26 agosto, il centro città è zona rossa per l’alcol. Un’ordinanza d’urgenza che vieta tutto: somministrazione, vendita, trasporto e perfino il semplice possesso di bevande alcoliche in vetro e in plastica. Con una sola eccezione: si potrà bere nei locali, ma solo insieme a un pasto.

Sulla carta, una misura drastica per contenere bivacchi, vandalismi e schiamazzi. Nei fatti, una ripetizione di un provvedimento già sperimentato nei mesi invernali nei pressi della stazione, con esiti tutt’altro che incoraggianti.

Perché se l’intenzione è imitare le ordinanze di Milano, Barcellona, Amsterdam o Torino, allora qualcosa è stato dimenticato per strada. Tipo il controllo. Tipo i rinforzi. Tipo i “tutor di strada”. E soprattutto, tipo i risultati.

Piazza Garibaldi: il fallimento della scorsa ordinanza

È proprio da piazza Garibaldi – la zona della stazione ferroviaria – che tutto è cominciato. Lo scorso inverno, Castello aveva imposto un divieto analogo in quell’area. Stessa formula, stessi obiettivi: “contrastare gli abusi”, “prevenire intemperanze”, “rafforzare l’efficacia dei controlli”. Ma i controlli, semplicemente, non ci sono stati. E se c’erano, non si sono visti.

Un ragazzo minorenne è stato minacciato con un coltello sulla passerella pedonale, ad esempio. I bivacchi sono continuati. Le bottiglie abbandonate anche. E la sensazione di insicurezza non è affatto diminuita. Anzi, secondo alcuni residenti è aumentata, perché la presenza delle forze dell’ordine non è mai stata realmente rafforzata. Si è preferito vietare, invece che presidiare.

L'ordinanza di oggi

Dal 2 luglio al 26 agosto 2025, il centro di Chivasso sarà soggetto a rigide limitazioni sulla vendita e il consumo di alcolici. Lo stabilisce l’ordinanza n. 307, firmata dal sindaco Claudio Castello, che estende e rafforza i divieti già sperimentati nei mesi scorsi nell’area della stazione ferroviaria.

Il provvedimento vieta:

  • la somministrazione e vendita di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione, anche tramite distributori automatici;

  • il porto e la detenzione di bevande alcoliche e contenitori in vetro su area pubblica;

  • la vendita e somministrazione itinerante non autorizzata di cibi e bevande;

  • qualsiasi comportamento contrario alla sicurezza, al decoro urbano e alla vivibilità delle aree coinvolte.

L’ordinanza è in vigore:

  • dalle 16.30 alle 6 del mattino in piazza Garibaldi e piazza XII Maggio 1944 (zona stazione);

  • dalle 20.00 alle 6 del mattino in via Torino, piazza Repubblica e piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa (centro storico).

Le uniche eccezioni riguardano alberghi, ristoranti e bar, che potranno servire alcol solo insieme a un pasto.

Secondo l’Amministrazione, l’obiettivo è contenere fenomeni di bivacco, schiamazzi e comportamenti molesti, aumentati soprattutto nelle ore serali e notturne, e tutelare la vivibilità urbana e la sicurezza pubblica. Il provvedimento fa esplicito riferimento all’esperienza della precedente ordinanza invernale, che – secondo il Comune – aveva contribuito ad allontanare soggetti potenzialmente pericolosi.

L’ordinanza è stata trasmessa a Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Ferroviaria, Stradale e Polizia Locale, ed è stata diffusa anche agli esercizi commerciali delle aree interessate.

La violazione del provvedimento è punita ai sensi dell’articolo 650 del Codice Penale, salvo che non ricorrano altre fattispecie più gravi.

Claudio Castello sindaco di Chivasso

Chivasso come Milano e Firenze? Solo sulla carta

Il problema non è la volontà di Castello di affrontare situazioni critiche. Il problema è come si cerca di farlo. E quanto il modello scelto sia aderente alla realtà cittadina.

Prendiamo Milano: tredici zone della movida (Navigli, Brera, Isola, ecc.) sono soggette al divieto di vendita di alcolici dalle 22 alle 6. Ma lì, a fianco dei divieti, ci sono task force interforze, pattugliamenti notturni, agenti ambientali, illuminazione potenziata e un piano di interventi sociali per il disagio giovanile. A Firenze, nel centro storico UNESCO, il divieto è solo per i minimarket e solo per gli alcolici d’asporto. Ma ci sono camere di videosorveglianza attive, controlli capillari e una collaborazione attiva con commercianti e residenti.

A Chivasso, invece, nessuna di queste misure è stata annunciata. Nessun rafforzamento degli agenti di Polizia Locale. Nessun presidio fisso. Nessun servizio sociale notturno. Solo un’ordinanza, trasmessa come da prassi a Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia ferroviaria. Il resto è affidato alla buona sorte. E al timore – teorico – delle sanzioni.

Niente alcol, ma anche niente ascolto: il malcontento dei commercianti

Le proteste, prevedibili, sono arrivate da chi tiene aperto la sera: baristi, ristoratori, gestori di minimarket e supermercati, già alle prese con rincari e calo delle vendite. Ora anche il divieto di vendere una birra o un prosecco da asporto dopo le 20.30. Non solo nei dintorni della stazione, ma anche in via Torino, piazza della Repubblica e piazza Dalla Chiesa. In pratica, in tutto il centro storico.

E i commercianti, ancora una volta, non sono stati coinvolti. Non una riunione, non un confronto, non un preavviso. Si sono trovati il divieto pubblicato, operativo dal giorno dopo. E oggi, d’estate, nemmeno una bottiglia in mano sarà consentita. Nemmeno se si tratta di un acquisto regolare. Nemmeno se si è soli, senza fare schiamazzi.

“Creano confusione nei clienti, scoraggiano i turisti, scaricano su di noi la responsabilità per l’inciviltà altrui” – dice uno dei gestori di zona. E come dargli torto?

Le città europee vietano, ma investono anche in prevenzione

Guardiamo fuori dai confini italiani. Barcellona ha un divieto assoluto di consumo alcolico in strada. Ma ha anche multe fino a 900 euro, controlli permanenti, apposite unità anti-movida e una legge autonoma sul “civismo” che include pulizie straordinarie e pattuglie notturne.

A Praga esiste un regolamento che vieta di bere in oltre 1.000 aree pubbliche. Ma accanto al divieto ci sono street tutor, operatori sociali e forze dell’ordine in borghese, con il compito di prevenire – non solo reprimere.

A Glasgow, il divieto di consumo è legge da quasi trent’anni, ma è parte di un piano urbano che ha investito su presidi territoriali, illuminazione pubblica e coesione sociale.

Un provvedimento in autotutela, più che una misura reale

Quello che più colpisce, in fondo, è il tono con cui il sindaco Claudio Castello presenta l’ordinanza: “Uno strumento per sostenere le condizioni di sicurezza e vivibilità... consentendo alla polizia di dissuadere gli autori di gravi comportamenti”. Sembra più un atto in autotutela, per mettere una firma sul problema e poter dire “noi ci abbiamo provato”, che non una misura pensata per avere effetti concreti.

L’Amministrazione, pressata dai comitati e dai residenti esasperati dai bivacchi notturni e dalle urla in piazza, ha deciso di rispondere. Ma lo ha fatto con l’unico strumento che sembra conoscere: l’ordinanza spot. Temporanea. Emergenziale. Simbolica.

Conclusione: se vietare è tutto, non serve a niente

In una città che fatica a offrire alternative ai giovani, che non ha un vero piano di animazione serale, che non rafforza i controlli e non dialoga con i commercianti, un’ordinanza come questa rischia di essere solo una foglia di fico. Copre, ma non risolve.

A Milano, a Barcellona, persino a Praga, il divieto di alcol è solo una parte – piccola – di un sistema complesso di gestione del decoro urbano. A Chivasso è diventato l’unico pilastro.

E quando il pilastro è solo, difficilmente regge. Anzi, raramente.

Commenti scrivi/Scopri i commenti

Condividi le tue opinioni su Giornale La Voce

Caratteri rimanenti: 400

Resta aggiornato, iscriviti alla nostra newsletter

Edicola digitale

Logo Federazione Italiana Liberi Editori