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02 Luglio 2025 - 22:33
Alcol vietato a Chivasso, ma niente controlli: ecco perché il modello Milano o Barcellona rischia di essere un boomerang
Niente bottiglie. Nemmeno in mano. Se sei a Chivasso e stai camminando per via Torino con una birra in tasca dopo le 20.30, potresti essere sanzionato. E non importa se l’hai comprata legalmente e la stai portando a casa. Per l’Amministrazione comunale guidata da Claudio Castello, da oggi – 2 luglio – fino al 26 agosto, il centro città è zona rossa per l’alcol. Un’ordinanza d’urgenza che vieta tutto: somministrazione, vendita, trasporto e perfino il semplice possesso di bevande alcoliche in vetro e in plastica. Con una sola eccezione: si potrà bere nei locali, ma solo insieme a un pasto.
Sulla carta, una misura drastica per contenere bivacchi, vandalismi e schiamazzi. Nei fatti, una ripetizione di un provvedimento già sperimentato nei mesi invernali nei pressi della stazione, con esiti tutt’altro che incoraggianti.
Perché se l’intenzione è imitare le ordinanze di Milano, Barcellona, Amsterdam o Torino, allora qualcosa è stato dimenticato per strada. Tipo il controllo. Tipo i rinforzi. Tipo i “tutor di strada”. E soprattutto, tipo i risultati.
È proprio da piazza Garibaldi – la zona della stazione ferroviaria – che tutto è cominciato. Lo scorso inverno, Castello aveva imposto un divieto analogo in quell’area. Stessa formula, stessi obiettivi: “contrastare gli abusi”, “prevenire intemperanze”, “rafforzare l’efficacia dei controlli”. Ma i controlli, semplicemente, non ci sono stati. E se c’erano, non si sono visti.
Un ragazzo minorenne è stato minacciato con un coltello sulla passerella pedonale, ad esempio. I bivacchi sono continuati. Le bottiglie abbandonate anche. E la sensazione di insicurezza non è affatto diminuita. Anzi, secondo alcuni residenti è aumentata, perché la presenza delle forze dell’ordine non è mai stata realmente rafforzata. Si è preferito vietare, invece che presidiare.
Dal 2 luglio al 26 agosto 2025, il centro di Chivasso sarà soggetto a rigide limitazioni sulla vendita e il consumo di alcolici. Lo stabilisce l’ordinanza n. 307, firmata dal sindaco Claudio Castello, che estende e rafforza i divieti già sperimentati nei mesi scorsi nell’area della stazione ferroviaria.
Il provvedimento vieta:
la somministrazione e vendita di bevande alcoliche di qualsiasi gradazione, anche tramite distributori automatici;
il porto e la detenzione di bevande alcoliche e contenitori in vetro su area pubblica;
la vendita e somministrazione itinerante non autorizzata di cibi e bevande;
qualsiasi comportamento contrario alla sicurezza, al decoro urbano e alla vivibilità delle aree coinvolte.
L’ordinanza è in vigore:
dalle 16.30 alle 6 del mattino in piazza Garibaldi e piazza XII Maggio 1944 (zona stazione);
dalle 20.00 alle 6 del mattino in via Torino, piazza Repubblica e piazza Carlo Alberto Dalla Chiesa (centro storico).
Le uniche eccezioni riguardano alberghi, ristoranti e bar, che potranno servire alcol solo insieme a un pasto.
Secondo l’Amministrazione, l’obiettivo è contenere fenomeni di bivacco, schiamazzi e comportamenti molesti, aumentati soprattutto nelle ore serali e notturne, e tutelare la vivibilità urbana e la sicurezza pubblica. Il provvedimento fa esplicito riferimento all’esperienza della precedente ordinanza invernale, che – secondo il Comune – aveva contribuito ad allontanare soggetti potenzialmente pericolosi.
L’ordinanza è stata trasmessa a Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia Ferroviaria, Stradale e Polizia Locale, ed è stata diffusa anche agli esercizi commerciali delle aree interessate.
La violazione del provvedimento è punita ai sensi dell’articolo 650 del Codice Penale, salvo che non ricorrano altre fattispecie più gravi.
Claudio Castello sindaco di Chivasso
Il problema non è la volontà di Castello di affrontare situazioni critiche. Il problema è come si cerca di farlo. E quanto il modello scelto sia aderente alla realtà cittadina.
Prendiamo Milano: tredici zone della movida (Navigli, Brera, Isola, ecc.) sono soggette al divieto di vendita di alcolici dalle 22 alle 6. Ma lì, a fianco dei divieti, ci sono task force interforze, pattugliamenti notturni, agenti ambientali, illuminazione potenziata e un piano di interventi sociali per il disagio giovanile. A Firenze, nel centro storico UNESCO, il divieto è solo per i minimarket e solo per gli alcolici d’asporto. Ma ci sono camere di videosorveglianza attive, controlli capillari e una collaborazione attiva con commercianti e residenti.
A Chivasso, invece, nessuna di queste misure è stata annunciata. Nessun rafforzamento degli agenti di Polizia Locale. Nessun presidio fisso. Nessun servizio sociale notturno. Solo un’ordinanza, trasmessa come da prassi a Prefettura, Questura, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia ferroviaria. Il resto è affidato alla buona sorte. E al timore – teorico – delle sanzioni.
Le proteste, prevedibili, sono arrivate da chi tiene aperto la sera: baristi, ristoratori, gestori di minimarket e supermercati, già alle prese con rincari e calo delle vendite. Ora anche il divieto di vendere una birra o un prosecco da asporto dopo le 20.30. Non solo nei dintorni della stazione, ma anche in via Torino, piazza della Repubblica e piazza Dalla Chiesa. In pratica, in tutto il centro storico.
E i commercianti, ancora una volta, non sono stati coinvolti. Non una riunione, non un confronto, non un preavviso. Si sono trovati il divieto pubblicato, operativo dal giorno dopo. E oggi, d’estate, nemmeno una bottiglia in mano sarà consentita. Nemmeno se si tratta di un acquisto regolare. Nemmeno se si è soli, senza fare schiamazzi.
“Creano confusione nei clienti, scoraggiano i turisti, scaricano su di noi la responsabilità per l’inciviltà altrui” – dice uno dei gestori di zona. E come dargli torto?
Guardiamo fuori dai confini italiani. Barcellona ha un divieto assoluto di consumo alcolico in strada. Ma ha anche multe fino a 900 euro, controlli permanenti, apposite unità anti-movida e una legge autonoma sul “civismo” che include pulizie straordinarie e pattuglie notturne.
A Praga esiste un regolamento che vieta di bere in oltre 1.000 aree pubbliche. Ma accanto al divieto ci sono street tutor, operatori sociali e forze dell’ordine in borghese, con il compito di prevenire – non solo reprimere.
A Glasgow, il divieto di consumo è legge da quasi trent’anni, ma è parte di un piano urbano che ha investito su presidi territoriali, illuminazione pubblica e coesione sociale.
Quello che più colpisce, in fondo, è il tono con cui il sindaco Claudio Castello presenta l’ordinanza: “Uno strumento per sostenere le condizioni di sicurezza e vivibilità... consentendo alla polizia di dissuadere gli autori di gravi comportamenti”. Sembra più un atto in autotutela, per mettere una firma sul problema e poter dire “noi ci abbiamo provato”, che non una misura pensata per avere effetti concreti.
L’Amministrazione, pressata dai comitati e dai residenti esasperati dai bivacchi notturni e dalle urla in piazza, ha deciso di rispondere. Ma lo ha fatto con l’unico strumento che sembra conoscere: l’ordinanza spot. Temporanea. Emergenziale. Simbolica.
In una città che fatica a offrire alternative ai giovani, che non ha un vero piano di animazione serale, che non rafforza i controlli e non dialoga con i commercianti, un’ordinanza come questa rischia di essere solo una foglia di fico. Copre, ma non risolve.
A Milano, a Barcellona, persino a Praga, il divieto di alcol è solo una parte – piccola – di un sistema complesso di gestione del decoro urbano. A Chivasso è diventato l’unico pilastro.
E quando il pilastro è solo, difficilmente regge. Anzi, raramente.
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