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01 Luglio 2025 - 09:53
Stazione di Chivasso
A Chivasso, si sa, non ci si annoia. Se la stazione è già da tempo al centro di polemiche per degrado, allagamenti, ronde annunciate e mai viste, ora a far discutere è anche il passaggio pedonale che conduce ai binari. Un tratto di strada che, sulla carta, dovrebbe semplicemente accompagnare i pendolari verso il treno. Ma che nella realtà offre qualcosa in più: un'esperienza. O meglio, una esperienza immersiva, come direbbero quelli del marketing culturale. Solo che qui non si entra in un museo, ma in un tunnel tra buio, ruggine e rassegnazione.
Basta imboccare il viale che parte da via Caluso per capire l’antifona. I lampioni, anziché illuminare, sembrano sul punto di crollare. I fili elettrici penzolano stanchi come tendini recisi. Le lampade, quelle rimaste, oscillano al vento emettendo un bagliore intermittente che più che rassicurare mette inquietudine. Alcune sono inclinate come per arrendersi, altre si sono già sfracellate a terra. Il risultato? Un marciapiede dove a illuminarti sono le ombre.
Il problema non è nuovo. Già da tempo i cittadini segnalano lo stato di abbandono di quest’area, senza ottenere molto in cambio. Qualche intervento spot, qualche aggiustatina, e poi di nuovo il silenzio. E mentre l’Amministrazione parla di sicurezza, decoro e attenzione al territorio, chi ogni giorno percorre quel viale per andare al lavoro o tornare a casa si ritrova a camminare in un set a metà strada tra Suspiria e Resident Evil. Con l’aggravante che qui non ci sono attori. Solo pendolari.
Di giorno, le cose si notano. Di notte, si vivono. Il percorso si trasforma in un vero e proprio “corridoio della paura”, tra luci morenti, scricchiolii sospetti, ombre confuse proiettate dai rami degli alberi e cocci di vetro che scricchiolano sotto le scarpe. Chi ha una torcia la accende. Chi non ce l’ha, si affida al caso. E chi si ferma a guardare in alto, tra i fili scoperti e i bulbi penzolanti, si chiede quanto manca al prossimo distacco. Non del treno, ma del lampione.
Si inizia l'avventura
Gli ostacoli sono sopra l'angolo, almeno in questo sono evidenti
Se arrivi qui, hai vinto il livello
Il tratto, va detto, è un’alternativa alla passerella recentemente sistemata sul lato opposto della stazione. Solo che, a differenza di quella, qui nessuno è passato a sistemare niente. Anzi. Si è lasciato andare tutto alla deriva. E ogni pioggia, ogni raffica di vento, contribuisce ad aggiungere un nuovo capitolo al grande romanzo del degrado urbano.
Nel silenzio generale, spunta persino un riferimento musicale. Viene in mente Caparezza, quello di “Fuori dal tunnel”, ma anche “Vieni a ballare in Puglia”. Perché il senso di disagio, tra ironia e denuncia sociale, qui è perfettamente calzante. Sembra quasi che qualcuno abbia voluto mettere in scena un’opera di critica urbana, con le luminarie rotte a rappresentare la modernità che si spegne. O più banalmente, che nessuno abbia voglia di fare manutenzione.
Intanto il passaggio resta lì. Sconnesso, sporco, mal illuminato. Un percorso dove ogni passo va dosato, tra una mattonella instabile e un frammento di lampadina. Dove anche chiedere un’informazione – sul ritardo del treno, ad esempio – richiede un certo coraggio. Perché prima devi capire se c’è qualcuno. Poi se è vivo. E infine se è amichevole.
Eppure, tra il buio e la ruggine, c’è anche chi spera. Come testimonia una singola, solitaria lampadina nuova, comparsa tra i pali fatiscenti come un faro nella notte. Forse è un errore. Forse un tentativo. Forse un messaggio. “Ce la possiamo fare”. O, più realisticamente: “questa almeno l’abbiamo avvitata bene”.
In ogni caso, resta il dubbio: Chivasso vuole davvero valorizzare la sua stazione, o spera che ci si arrivi col paracadute? Perché qui non è il treno che si aspetta con ansia. È la luce. Una, qualsiasi, purché funzioni.
Ringrazia il percorso
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