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Sicurezza, arriva il Prefetto a Chivasso: si va verso la chiusura notturna della stazione

Dopo le panchine rimosse, un altro provvedimento: chiuso il sottopasso nelle ore notturne

Sicurezza, arriva il Prefetto a Chivasso: si va verso la chiusura notturna della stazione

Sicurezza, arriva il Prefetto a Chivasso: si va verso la chiusura notturna della stazione

Non bastavano le panchine rimosse e l’ordinanza anti bottiglie di vetro. Adesso, a Chivasso, si chiude anche il sottopasso della stazione. Di notte, si sbarrano le grate. Per motivi di sicurezza, dicono. Ma sembra più un altro pezzo di città che si arrende al degrado.

A dieci giorni dall’aggressione con il coltello sulla passerella – un sedicenne minacciato da un coetaneo con una lama puntata alla pancia – oggi, martedì 8 aprile, la città ha ospitato il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica. Teatro dell’incontro, il Teatrino Civico di Palazzo Santa Chiara. In prima fila il prefetto Donato Cafagna, assieme ai vertici delle forze dell’ordine e a 32 sindaci del territorio compreso tra Settimo e Candia.

Il tema sul tavolo? La microcriminalità che dilaga nell’area della stazione. Il cuore del problema. Il solito nodo che nessuno riesce davvero a sciogliere.

«Alcune stazioni non sono presidiate in modo fisso dalla Polizia», ha detto Cafagna. E allora? Si chiude. «Il sottopasso sarà interdetto di notte per evitare che venga usato da senzatetto e sbandati». Ma non è tutto. Perché l’obiettivo, adesso, è ancora più drastico: chiudere completamente l’intera stazione ferroviaria di Chivasso nelle ore notturne, indicativamente dalla mezzanotte alle 4.45 del mattino, quando non transitano treni e lo scalo resta vuoto e vulnerabile. Un provvedimento che spezza in due la città, visto che proprio quel sottopasso collega due quartieri.

Le autorità intervenute questa mattina

«È ormai chiaro che quella della stazione ferroviaria è un’area sensibile», ha insistito il prefetto. «Stiamo lavorando a un patto di collaborazione con Rfi e le forze dell’ordine sulle stazioni di Torino, che vorrei estendere anche altrove, dopo un’attenta analisi delle singole situazioni e delle aree limitrofe». Intanto continueranno le operazioni di controllo straordinario da parte di carabinieri e polizia, che già da settimane presidiano l’area in determinati orari.

E mentre il prefetto parlava davanti ai sindaci, il consigliere comunale di minoranza Bruno Prestìa gli ha consegnato personalmente una petizione firmata da oltre duemila cittadini, stanchi di vivere nell’insicurezza. Due mila firme raccolte tra residenti e commercianti, gente comune, esasperata. Una richiesta chiara: più controlli, più agenti, più sicurezza. E meno chiacchiere.

Lo stesso sindaco Claudio Castello, a margine dell’incontro, ha ammesso che la stazione ha un problema strutturale: «Abbiamo sollecitato Rfi a occuparsi del degrado della stazione che, in alcuni casi, rischia di favorire gli episodi di microcriminalità».

Negli ultimi mesi la città è diventata un caso. Un laboratorio del “come non affrontare il degrado”. Prima il divieto assurdo: vietato portare bottiglie di vetro in piazza Garibaldi e piazzale XII Maggio. Niente birre, niente vino, niente sughi nei barattoli. Poi le panchine rimosse in stazione per scoraggiare il bivacco. Come se stare seduti fosse il problema. E ora il sottopasso chiuso.

Peccato che la violenza resti. Che il disagio si sposti. Che la paura cresca.

La testimonianza dell'aggressione

Sabato 30 marzo, ore 19. Un ragazzino attraversa la passerella sopra i binari. Viene avvicinato da un giovane, poco più grande. Gli punta un coltello alla pancia e gli chiede i soldi. Non ne ha. Mostra il portafoglio vuoto. Offrirebbe persino il cellulare, pur di salvarsi. L’altro lo strattona e lo lascia andare. Una fuga, un gruppo di ragazzi incontrati per caso, una chiamata al padre. E l’aggressore che, ribeccato più tardi, scappa a gambe levate.

Una scena da metropolitana americana. Ma è Chivasso, è Piemonte, è Italia.

Nei giorni successivi il racconto ha fatto il giro del web. A parlare sono stati i genitori, Sara e Marcello, sostenuti dal consigliere Prestìa, che da mesi denuncia la situazione e insiste per un presidio fisso in stazione.

E la tensione politica cresce. A fare da eco alla rabbia dei cittadini è anche la consigliera comunale Clara Marta che, nel suo comunicato dal titolo eloquente – “La sicurezza capovolta” – accusa l’amministrazione comunale di aver bocciato tutte le proposte concrete sull’ordine pubblico, perfino quella per dotare i vigili del taser. «Non è fascismo chiedere sicurezza. Non è populismo pretendere che chi delinque paghi», ha scritto. E ha ricordato come oltre 200 Comuni italiani abbiano già adottato questo strumento con buoni risultati.

Ma qui, a Chivasso, il dibattito resta bloccato tra il “non c’è pericolo” e il “è solo percezione”. Intanto, il Movicentro è diventato terra di nessuno. La biblioteca viene invasa da ubriachi, i pendolari si spostano a gruppi per non restare soli, e l’unico riflesso istituzionale è quello della rimozione: via le panche, via le bottiglie, ora via il sottopasso. Poi, forse, via anche i cittadini?

Eppure, come ha ricordato lo stesso prefetto Cafagna, servono patti di collaborazione seri, coinvolgimento di RFI, presenza costante sul territorio. Ma chi vive ogni giorno quella stazione chiede molto di più: non solo divieti e catene, ma presidi veri, persone in divisa, controllo reale. Non serve chiudere il buco: serve impedire che qualcuno ci cada dentro.

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