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Nucleare, l’Italia che scotta: rifiuti radioattivi in crescita. Allarme stoccaggio e sicurezza

Saluggia è da tempo al centro delle polemiche per i ritardi nella messa in sicurezza definitiva del materiale

Nucleare, l’Italia

Nucleare, l’Italia che scotta: rifiuti radioattivi in crescita. Allarme stoccaggio e sicurezza

In Italia aumentano i rifiuti radioattivi e con essi i timori legati alla loro gestione. Secondo gli ultimi dati forniti dal ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin durante un’audizione alla Camera, al 31 dicembre 2023 nel nostro Paese risultavano 32.663,1 metri cubi di scorie nucleari, con un incremento del 5% rispetto all’anno precedente. Numeri che sollevano interrogativi pesanti su sicurezza, programmazione e trasparenza.

La gran parte di questi rifiuti è classificata come a bassa e molto bassa attività, ma ciò non basta a rassicurare cittadini e amministratori. I dati, diffusi dall'Isin, l’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare, evidenziano un quadro complesso e territorialmente sbilanciato.

Il Lazio guida la classifica per volume di rifiuti radioattivi stoccati: 10.549 metri cubi, pari al 32,3% del totale nazionale. Un primato dovuto in gran parte alla presenza dell’impianto Enea-Casaccia, alle porte di Roma, ma che sta sollevando crescente malcontento tra i residenti e le amministrazioni locali. Seguono Lombardia (19,7%) e Piemonte (18,28%), mentre in Basilicata – altra regione altamente coinvolta – si concentra oltre il 13% delle scorie.

Il quadro cambia se si guarda alla quantità complessiva di radioattività: in questo caso è il Piemonte a salire al primo posto con un dato schiacciante, pari al 79,3% del totale nazionale. Questo perché sul suo territorio sono custodite le principali scorie ad alta attività, oltre a 15,8 tonnellate di combustibile nucleare esaurito. Si tratta principalmente di materiale stoccato presso il sito ex-Edison di Saluggia, nel vercellese, uno dei più critici del Paese per la vicinanza al fiume Dora Baltea e per le strutture ormai obsolete.

Proprio Saluggia è da tempo al centro delle polemiche per i ritardi nella messa in sicurezza definitiva del materiale. La mancanza di un Deposito Nazionale, annunciato da anni e mai realizzato, ha trasformato aree temporanee in depositi stabili di fatto, con tutte le problematiche che ne derivano: vulnerabilità agli eventi climatici estremi, rischio idrogeologico e difficoltà di vigilanza.

Non va meglio nel Lazio, dove l’opposizione dei cittadini alla possibilità di ospitare il deposito nazionale è forte, così come in Basilicata, dove nel 2021 esplose una mobilitazione trasversale contro l’ipotesi di realizzarlo nel Vulture-Melfese.

Il governo, dal canto suo, ribadisce la volontà di individuare entro il 2025 il sito unico nazionale per lo stoccaggio definitivo, ma la procedura sembra ancora impantanata in conflitti istituzionali, lentezze burocratiche e assenza di consenso sociale. Il ministro Pichetto Fratin ha parlato di un «processo delicato, ma necessario per la transizione ecologica e per garantire sicurezza alle comunità», ma la realtà dice che nessuna regione vuole assumersi la responsabilità.

Intanto i rifiuti continuano ad accumularsi. Non solo quelli storici del nucleare civile dismesso, ma anche quelli prodotti da ospedali, ricerca e industria, che necessitano di strutture adeguate di trattamento e smaltimento. Il rischio è quello di proseguire con soluzioni tampone, che aggravano i costi e aumentano l’esposizione a imprevisti.

L’Italia ha chiuso le centrali nucleari da oltre trent’anni, ma l’ombra dell’atomo resta lunga, proprio perché mancano scelte definitive. A fronte di Paesi come la Francia, che ha costruito depositi profondi e sicuri, o come la Finlandia, che ha realizzato l’imponente Onkalo, l’Italia resta senza una strategia compiuta, bloccata da paure legittime e scelte rinviate.

La verità è che la gestione dei rifiuti radioattivi è un banco di prova della credibilità ambientale di un Paese. Non si può parlare di transizione energetica senza affrontare con decisione anche l’eredità scomoda del passato. E mentre i volumi aumentano, il tempo per decidere si assottiglia.

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