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Bianco e Cattelino suonano la carica: un comitato cittadino e una raccolta firme per salvare il ponte di Villanova

I due consiglieri comunali di Mathi e di Balangero stanno mobilitando la popolazione per chiedere interventi rapidi, dopo i due mesi di immobilimo trascorsi

I consiglieri comunali Bianco (Mathi) e Cattelino (Balangero)

I consiglieri comunali Bianco (Mathi) e Cattelino (Balangero)

Sono passati oltre due mesi. Due mesi di disagi, di giri interminabili, di attività commerciali in apnea. Due mesi di attese, promesse, rilievi, ma nessuna certezza. Il ponte sulla SP724 che collega Cafasse a Villanova Canavese è ancora chiuso, inghiottito dall’alluvione del 16 e 17 aprile. Un’infrastruttura cancellata dalla furia dell’acqua e, da allora, anche dalla priorità dello Stato.

La situazione è ormai insostenibile. Lo dicono i pendolari costretti ogni giorno a deviare per chilometri. Lo confermano le imprese, isolate e penalizzate. Lo urlano i cittadini, che si sentono abbandonati. E lo scrivono nero su bianco anche i consiglieri comunali Danilo Bianco (Mathi) e Daniele Cattelino (Balangero), che in queste ore hanno rotto il silenzio con un comunicato dai toni chiari e netti: “Questa non è una questione politica. È un’urgenza che riguarda la sopravvivenza economica e sociale della nostra zona”.

I due amministratori locali lanciano un segnale preciso: basta con le attese infinite. Serve una mobilitazione collettiva, e servono risposte. “Sosteniamo la nascita di un comitato spontaneo di cittadini che voglia promuovere una raccolta firme e fare pressione sulle istituzioni competenti”, spiegano. E chiamano in causa direttamente la Città Metropolitana di Torino, “molto attenta quando si tratta del Giro d’Italia, ma spesso meno reattiva di fronte alle esigenze quotidiane dei territori”.

I tecnici, in effetti, si stanno muovendo. Sono stati effettuati sopralluoghi, rilievi fotogrammetrici, è in arrivo l’incarico per le indagini geognostiche necessarie alla progettazione delle nuove fondazioni. Si parla di un intervento da 1 milione e 250 mila euro, a cui si aggiungono 200 mila euro per un sistema di monitoraggio strutturale. Il progetto, dunque, c’è. Ma mancano i soldi. O meglio: manca il via libera formale dello Stato. Senza la dichiarazione dello stato di calamità naturale, nulla può partire davvero.

Jacopo Suppo, vicesindaco metropolitano con delega ai lavori pubblici, è stato chiaro: “Servono almeno 2 milioni e mezzo di euro solo per ripristinare la soglia dissestata”. Ma da Roma, nessun segnale. E intanto il ponte resta lì, come un corpo spezzato. E con lui, spezzata è la continuità di un territorio.

Il sindaco di Villanova, Roberto Ferrero, prova a tenere unito il fronte. Riconosce il disagio, difende la scelta della chiusura per motivi di sicurezza e ringrazia i tecnici per l’impegno. Ma anche lui, tra le righe, chiede un cambio di passo. Perché la burocrazia non può avere la meglio sull’emergenza. E perché la montagna di carte, senza fondi, resta solo una pila di buone intenzioni.

Bianco e Cattelino (candidato al consiglio regionale alle scorse elezioni), non si fermano alla denuncia. Avanzano proposte: “Tra le ipotesi riteniamo meritevole anche quella di un ponte militare provvisorio, già utilizzato in altri contesti emergenziali”. Il riferimento è al ponte Bayley, soluzione d’emergenza rapida e collaudata. Ma anche qui: serve una decisione politica. Serve che qualcuno, da Roma o da Torino, si prenda la responsabilità di firmare.

E serve subito. Perché ogni giorno che passa è un colpo in più a un’economia locale già fragile. Perché le famiglie non possono vivere nel limbo. E perché i disastri naturali non aspettano i tempi dei ministeri.

Il territorio chiede compattezza. Chiede serietà. E chiede che qualcuno, una volta tanto, ascolti.

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