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30 Maggio 2025 - 18:30
Sopralluogo
La ferita è ancora aperta sulla Strada Provinciale 724, là dove il ponte che collega Cafasse a Villanova Canavese è stato devastato dall’alluvione del 16 e 17 aprile. A distanza di oltre un mese, l’unica certezza è che i danni sono gravi, che la struttura è inagibile e che, per ora, mancano le risorse indispensabili per ricostruire.
La Città metropolitana di Torino si sta muovendo: è imminente l’affidamento dell’incarico per indagini geognostiche propedeutiche alla progettazione di fondazioni profonde da realizzare sotto le pile del ponte. Un intervento stimato in 1 milione e 250 mila euro. A questi si aggiungono 200 mila euro destinati a un sistema di monitoraggio strutturale continuo, utile a valutare se ci saranno le condizioni per una riapertura parziale, anche prima dell’intervento definitivo.
Ma il nodo principale resta quello dei fondi. Come ha spiegato Jacopo Suppo, vicesindaco metropolitano con delega ai lavori pubblici, “dobbiamo disporre nell’immediato di almeno 2 milioni e mezzo di euro per il ripristino della soglia dissestata”. Il problema? Il Governo non ha ancora dichiarato lo stato di calamità naturale, condizione imprescindibile per sbloccare i finanziamenti necessari e permettere agli enti locali di avviare i cantieri.
Nel frattempo, il ponte resta chiuso. E con esso, tagliate le arterie di un intero territorio. I disagi sono tanti, quotidiani e pesanti: per i pendolari, per i trasportatori, per i cittadini costretti a lunghi giri alternativi, per le attività economiche penalizzate.
A confermarlo è il sindaco di Villanova Canavese, Roberto Ferrero, che ammette: “Siamo pienamente consapevoli del disagio che la chiusura del ponte sta causando ai nostri cittadini, alle aziende, alle attività commerciali e a tutti gli utenti della strada”. Ma difende la scelta: “È stata presa con senso di responsabilità e con l’obiettivo prioritario di garantire la sicurezza di tutti. Solo così potremo arrivare a una riapertura definitiva e sicura”.
Il primo cittadino ha voluto anche ringraziare la Città metropolitana di Torino per “la tempestività e l’efficacia dell’intervento”. Fin dal 29 aprile – a pochi giorni dall’evento – sono stati effettuati sopralluoghi e rilievi tecnici, culminati ieri con un rilievo fotogrammetrico completo della struttura e del letto del fiume Stura. Una mappatura dettagliata, indispensabile per definire il progetto esecutivo.
Resta però l’incertezza su quando e come si potrà concretamente intervenire. La macchina burocratica si muove, ma senza una dichiarazione formale di stato di calamità, il processo rischia di impantanarsi. E intanto, ogni giorno che passa è un giorno perso per un’infrastruttura vitale per l’intero Canavese.
In un contesto di dissesto idrogeologico sempre più frequente, dove le emergenze si moltiplicano e il clima mostra tutta la sua violenza, la lentezza delle risposte statali rischia di aggravare ferite che il territorio non può permettersi di lasciare aperte troppo a lungo.
A ogni alluvione, a ogni frana, a ogni ponte che crolla, sentiamo sempre le stesse parole: “Dobbiamo verificare le coperture di bilancio, manca la dichiarazione dello stato di calamità, servono valutazioni tecniche”. Nel frattempo, la gente si arrangia. I pendolari fanno il giro dell’oca. Le aziende si trovano tagliate fuori. I cittadini diventano esperti di viabilità alternativa. E il ponte tra Cafasse e Villanova Canavese, sulla SP 724, resta lì: una carcassa chiusa, simbolo dell’impotenza politica.
E allora diciamolo forte, una volta per tutte: i soldi si DEVONO trovare. Punto.
Perché non stiamo parlando di una rotatoria da abbellire o di un’aiuola da piantumare, ma di un’infrastruttura strategica per un intero territorio. Un ponte danneggiato dal maltempo di aprile, con le fondazioni scalzate, la soglia di protezione collassata, la parte centrale spazzata via. Un ponte che oggi è inservibile, e che senza interventi urgenti lo resterà a lungo. E in questo lungo, c’è la frustrazione quotidiana di chi deve lavorare, studiare, curarsi, vivere.
Il progetto per ricostruire le fondazioni profonde c’è: 1 milione e 250 mila euro. Il monitoraggio strutturale costa altri 200 mila euro. E servono almeno 2 milioni e mezzo solo per ripristinare la soglia dissestata. Ma lo Stato nicchia, temporeggia, gira la testa dall’altra parte. Non ha ancora nemmeno dichiarato lo stato di calamità naturale, che sarebbe il minimo sindacale per permettere agli enti locali di muoversi. Ma cosa aspettano? Che cada un altro pezzo? Che qualcuno si faccia male?
Nel frattempo, la Città metropolitana di Torino fa quello che può. Affida incarichi, avvia indagini geognostiche, effettua rilievi fotogrammetrici. E il sindaco di Villanova, Roberto Ferrero, ci mette la faccia, riconosce i disagi, rassicura. Ma intanto, nulla si muove davvero. Senza i soldi, è tutta teoria.
E allora ci vuole il coraggio di dirlo con chiarezza: non si può continuare a trattare la sicurezza delle infrastrutture come se fosse un extra di lusso, un'opzione da valutare se c'è margine di bilancio. Perché qui non si tratta di spese superflue, ma di garantire che un territorio resti vivo, che non venga isolato, che le famiglie non vengano lasciate sole.
E no, non è accettabile che ogni volta si apra il solito balletto di responsabilità: Regione, Governo, Protezione Civile, burocrazia, procedure. È troppo comodo. I soldi si devono trovare, perché quando si vogliono davvero trovare, si trovano. Perché quando si tratta di finanziare grandi eventi, opere inutili, manovre elettorali, i soldi spuntano sempre. E allora basta scuse, basta melina: serve un decreto, serve una voce ferma, serve volontà politica.
Chi governa deve assumersi la responsabilità di intervenire, di fronte a un’emergenza che riguarda migliaia di cittadini. Perché ogni giorno perso è un giorno in più di disagio, di disservizio, di rabbia. E perché la misura è colma.
Questo ponte non può restare chiuso per mesi o anni. Questo territorio non può essere trattato come figlio di un Dio minore.
Quindi no, non basta ringraziare i tecnici, non basta fare i rilievi, non basta dire che la sicurezza è la priorità. La vera priorità sono i fatti, e i fatti richiedono risorse.
E se lo Stato c’è, adesso batta un colpo.
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