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16 Aprile 2025 - 15:46
Lupo cecoslovacco segregato su un terrazzo, LNDC denuncia: “È crudeltà, non incuria” (foto di repertorio)
Un ululato che lacera il silenzio. Un terrazzo sporco, ingombro di rifiuti. Un cane dagli occhi inquieti, segregato come un oggetto dimenticato. Basta un video, diffuso poche ore fa sui social, per accendere i riflettori su una vicenda che mescola maltrattamento animale, clamore mediatico e un inquietante episodio di violenza privata.
Siamo a Torino. Il protagonista, suo malgrado, è un lupo cecoslovacco, una razza tanto affascinante quanto complessa, immortalato in un ambiente angusto e degradato. Le immagini – virali su TikTok e Instagram – mostrano l’animale da solo su un balcone, circondato da sporcizia, tra avanzi e oggetti accatastati. L’aspetto provato, il comportamento passivo, lo sguardo perso nel vuoto: tutto lascia intendere disagio, incuria, abbandono.
Ma la storia, anziché fermarsi alla denuncia, si è allargata. Ed è diventata qualcosa di più ambiguo e pericoloso.
A mobilitarsi per prima è la Lega Nazionale per la Difesa del Cane - Animal Protection, che ha sporto formale denuncia per maltrattamento ai sensi dell’articolo 544-ter del Codice Penale. «Questo non è semplicemente un cane tenuto male», afferma senza giri di parole Piera Rosati, presidente nazionale dell’associazione. «È un essere senziente torturato dall’indifferenza e dall’incapacità umana».
La LNDC sottolinea come un cane del genere, selezionato per lavorare in branco, resistente ma bisognoso di socialità e stimoli, non possa vivere confinato su un terrazzo senza contatto, cure né sfoghi. «L’isolamento, la sporcizia, la solitudine – aggiunge Rosati – rappresentano una vera e propria tortura etologica. È una sofferenza continua».
Poche ore dopo l’esplosione del caso, arriva la risposta del diretto interessato. Su TikTok compare un video in cui un giovane – che afferma di essere il proprietario del cane – mostra tumefazioni sul volto e nega ogni forma di maltrattamento. «Il cane sta benissimo. Se la passa più che bene. Ci vogliamo bene», dice guardando in camera.
Poi punta il dito contro la macchina social che, a suo dire, lo avrebbe travolto: «Credo che sia il caso di rivedere un attimo quello che state facendo. Questi», dice indicando i lividi, «sono i risultati». Racconta di essere stato aggredito da cinque persone, prese a calci in faccia mentre uno lo teneva fermo. E sostiene che la violenza sarebbe scaturita dopo che la fidanzata è stata insultata per strada a causa del clamore mediatico.
Uno screenshot di un post Facebook, montato nel video, ribadisce la versione: il giovane dice di essere intervenuto per difendere la ragazza, scesa con i cani, quando è stato pestato. «Io picchiato dopo il caso mediatico», scrive.
Il caso, ancora tutto da chiarire, solleva un interrogativo scomodo: quanto può essere sottile il confine tra denuncia civile e giustizia sommaria?
L’indignazione per il presunto maltrattamento è legittima, ma può diventare pericolosa quando si trasforma in vendetta collettiva. «Comprendiamo la rabbia – dicono dalla LNDC – ma la violenza non è mai la risposta. La tutela degli animali deve passare per le vie legali. Sempre». E se il video del terrazzo è inquietante, lo è anche il rischio che l’ondata social si trasformi in caccia all’uomo, sostituendosi allo Stato.
A dare l’allarme è stato un cittadino che ha deciso di filmare e denunciare. Un gesto coraggioso, che ha portato alla luce una situazione potenzialmente grave. Ma il ruolo dei social, in questa vicenda, si dimostra ancora una volta ambivalente. Da un lato strumento di consapevolezza e attivismo, dall’altro catalizzatore di rabbia, gogna, vendetta.
L’appello della LNDC è chiaro: segnalare, non punire. Osservare, non giustiziare. E soprattutto: lasciare che siano le autorità a stabilire i fatti.
Nel frattempo, l’associazione ha richiesto un intervento urgente per verificare le condizioni del cane e valutarne lo stato psicofisico. L’animale potrebbe essere trasferito in una struttura adeguata, almeno in via temporanea.
Il lupo cecoslovacco non è un cane per tutti. Non basta tenerlo pulito o ben nutrito. Ha bisogno di movimento, di socializzazione, di vivere in branco. Tenerlo in isolamento è, per questa razza, una condanna. Lo spiegano bene gli etologi e lo confermano le linee guida ENCI. Eppure sono ancora molti gli esemplari affidati a persone che non conoscono le esigenze della razza, trasformandoli – inconsapevolmente o meno – in prigionieri della propria ignoranza.
In attesa degli sviluppi giudiziari, resta l’eco di quel primo ululato. Un richiamo che ha mobilitato associazioni, cittadini, attivisti e indignazione. Ma che ora chiede anche lucidità, diritto, giustizia. Per il cane. E per tutti i soggetti coinvolti, che meritano risposte. Non vendette.
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