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La Voce degli animali
15 Aprile 2025 - 11:24
Prigioniero su un balcone, affamato e dimenticato. Il grido di un cane che la polizia non vuole ascoltare
C’è un lupo che ulula, da mesi, al cielo e alla città. Ma Torino non sente, o finge di non sentire. E quel lupo – un cane lupo cecoslovacco – continua a ululare dalla sua prigione a cielo aperto, un terrazzo sporco e inospitale, in piazza Respighi 9, nella periferia nord della città. È lì da tempo, da troppo tempo. Solo. Abbandonato. Un animale ridotto pelle e ossa, che convive giorno e notte con i propri escrementi e con sacchi di rifiuti maleodoranti. Non ha un riparo, non ha acqua visibile, non ha compagnia. Ha solo un balcone e il suo ululato, che ogni giorno si confonde con il rumore del traffico e ogni notte lacera il silenzio dei palazzi intorno.
Il suo lamento – documentato da diversi video – è straziante, incessante, ossessivo. Non solo un lamento di fame e sete, ma di dolore, angoscia, solitudine. Un’agonia che si ripete, giorno dopo giorno, inascoltata.
Ma finalmente qualcuno ha avuto il coraggio di dire basta.
Domenico Garcea, consigliere comunale di Forza Italia, ha deciso di portare il caso in aula. “Torino non può più voltarsi dall’altra parte. Questo non è solo maltrattamento animale, è una vergogna civica, è la fotografia del nostro fallimento come comunità”, denuncia.
Garcea ha pubblicato i video sui social e ha ricevuto centinaia di messaggi, testimonianze, segnalazioni. Poi è passato all’azione: ha depositato un’interpellanza formale in Consiglio Comunale, chiedendo conto del comportamento del Corpo di Polizia Municipale, che – a quanto pare – è intervenuto più volte senza mai ritenere la situazione meritevole di un vero intervento.
“Da mesi i residenti chiedono aiuto. Ma per le forze dell’ordine non si tratta di maltrattamento. Mi chiedo allora: cosa serve per definire un cane ‘maltrattato’? Deve morire? Deve smettere di ululare perché non ha più voce?”, attacca Garcea, visibilmente scosso dopo l’ultimo sopralluogo.
Le immagini parlano chiaro. Il cane è denutrito, disidratato, coperto di feci, isolato dal mondo. Non si sa se viene nutrito regolarmente, non si sa se riceve attenzioni, cure veterinarie, se ha mai avuto la possibilità di uscire da quella terrazza. Quello che si sa è che il padrone resta impunito e il cane resta lì, esattamente dov’era. Come se nulla fosse successo. Come se tutto fosse normale.
Eppure la legge parla chiaro. Il Codice Penale tutela gli animali da ogni forma di sofferenza, abbandono, maltrattamento. Ma quando la legge resta inascoltata, quando le istituzioni si nascondono dietro la burocrazia, il dolore continua.
“La legge c’è – dice Garcea – ma serve il coraggio di farla applicare. Serve la volontà politica. Serve che qualcuno dica: questo non può accadere in una città civile.”
Dopo la denuncia pubblica, nella serata di ieri è arrivata una pattuglia della Polizia Municipale, accompagnata da Claudio Pinto dell’Associazione Italiana Cani d’Assistenza e Servizio AICAS Italia. Ma il finale è l’ennesima beffa: il cane non è stato portato via, nonostante le condizioni visibili. Il terrazzo resta la sua gabbia. Una gabbia senza sbarre, ma non per questo meno crudele.
Garcea non molla. E annuncia battaglia: “Non mi fermo. Continuerò a chiedere accesso agli atti, continuerò a pretendere risposte, continuerò a parlare. Perché un cane non può farlo. Un cane non può denunciare, ma io posso farlo al suo posto.”
Nel frattempo, in piazza Respighi, l’ululato continua.
I vicini si tappano le orecchie. I più sensibili piangono. I bambini chiedono “perché quel cane piange sempre?”. Nessuno sa cosa rispondere. La città dorme, la politica temporeggia, la giustizia non arriva.
E quel cane resta lì.
Solo, abbandonato, dimenticato.
Ma anche oggi, come ieri, non smette di ululare.
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