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Cronaca
08 Aprile 2025 - 09:39
Moncalieri: ragazzini si abbassano i pantaloni davanti a tutti
Moncalieri, belvedere ovest. Un angolo di città che dovrebbe ispirare calma e bellezza. Invece, lo scorso weekend, si è trasformato nello scenario di un episodio grottesco e inquietante, che riporta con forza al centro del dibattito il vuoto educativo che riguarda molti giovanissimi.
Una donna stava passeggiando in via Petrarca, nei pressi della sua auto, quando si è trovata davanti un gruppo di quattro ragazzini tra i 12 e i 13 anni, impegnati in atteggiamenti poco decorosi. Uno di loro, senza alcun freno né rispetto, si è abbassato i pantaloni di fronte a una panchina, in mezzo alla strada.
Non una sfida, non una provocazione politica, ma una volgare esibizione di sé. Un gesto che ha lasciato basita la passante, che però non ha chinato il capo. Anzi. Lo ha sgridato, lo ha sbeffeggiato, gli ha urlato addosso la vergogna che evidentemente nessun adulto prima di lei aveva saputo insegnargli.
Poi la riflessione, amara e lucida, affidata a Facebook. “E se al mio posto ci fosse stata una ragazzina? – ha scritto – Cosa avrebbe provato? Schifo? Paura? Una brutta esperienza, comunque.” Un pensiero semplice, spiazzante. Un pensiero che ha scatenato centinaia di reazioni, commenti, condivisioni. Perché tutti, a ben guardare, sanno che il problema esiste, ma pochi lo affrontano.
Intervento della Polizia Locale
La donna ha poi raccontato l’accaduto a una pattuglia della polizia locale incontrata poco dopo. Gli agenti sono intervenuti, hanno raggiunto i ragazzi e hanno provato a far capire loro la gravità del gesto. “Sicuramente non avranno vissuto un quarto d’ora piacevole”, ha commentato la testimone. Ma basta davvero questo per correggere la rotta?
Il punto non è il gesto in sé. È il vuoto che ci sta dietro. È il fatto che un gruppo di tredicenni non riconosca più un confine, che non sappia cos’è il rispetto del corpo altrui, del pudore, del luogo pubblico. Non sanno perché nessuno glielo ha insegnato, perché in troppi tacciono, delegano, sperano che crescano “da soli”.
La comunità si sveglia ogni volta con lo stesso stupore, come se fosse una novità. Ma è un segnale che arriva da lontano, da anni di educazione disgregata, di adulti distratti, di social che sostituiscono il dialogo. Eppure ci si indigna solo quando una donna, per caso, decide di raccontarlo.
Serve un cambio di passo. Serve che le famiglie tornino a fare le famiglie. Che le scuole non siano parcheggi. Che gli adulti si riprendano il ruolo di guide, non di spettatori. E che ogni episodio come questo venga trattato non come una goliardata, ma come un campanello d’allarme. Perché una città che tollera tutto è una città che ha già perso i suoi ragazzi.
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