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07 Aprile 2025 - 11:56
A Castelrosso si vandalizza la scuola e la panchina, ma nessuno si scandalizza
Domenica mattina, Castelrosso si è svegliata con l’odore acre dell’inciviltà. La scuola Savia, che accoglie bambini e ragazzi della primaria e delle medie, è stata vandalizzata nella notte: muri imbrattati da scritte e simboli osceni, un defibrillatore danneggiato e — come se non bastasse — la panchina gialla contro il bullismo deturpata. Un gesto vile, codardo, che colpisce non solo un edificio, ma l’idea stessa di comunità.
Non è un atto di “ragazzata”, come spesso si sminuisce con troppa leggerezza. È una dichiarazione di guerra all’educazione, al rispetto, alla vita stessa. Colpire un defibrillatore significa mettere a rischio l’incolumità di chiunque frequenti quella scuola. Colpire un simbolo contro il bullismo significa voler zittire una generazione che sta imparando a dire no alla violenza e sì all’inclusione.
La panchina gialla non era solo un pezzo d’arredo urbano. Era il risultato di un lavoro collettivo tra studenti, insegnanti e amministrazione comunale, un messaggio silenzioso ma potente. Distruggerla è stato un atto deliberato, un’offesa pubblica al valore della convivenza civile. E allora la domanda è: quanto siamo disposti a tollerare prima di reagire seriamente?
Occorre investire in educazione e sicurezza urbana
Le autorità sono intervenute, certo. I Carabinieri hanno avviato le indagini, ma ciò che manca, ancora una volta, è una risposta forte, corale, politica e sociale. Non bastano le frasi di circostanza o i comunicati indignati: serve una presa di posizione netta, un investimento concreto in educazione civica, sicurezza urbana, sorveglianza reale e simbolica. Perché una comunità che non difende i suoi luoghi di cultura è una comunità che si arrende.
Invece, a Castelrosso, la reazione arriva dai cittadini, stretti attorno alla scuola, al personale, ai bambini. È la società civile che prova, ancora una volta, a colmare il vuoto lasciato dalle istituzioni. Si parla spesso di educazione come antidoto al degrado, ma finché l’educazione viene colpita e lasciata sola, il degrado vincerà ancora.
Questo episodio non si cancella con un barattolo di vernice. Si risponde con un patto collettivo di responsabilità: più cultura, più presidi educativi, più attenzione ai territori periferici. E soprattutto, meno indifferenza. Perché chi ha colpito quella scuola non aveva solo una bomboletta in mano, ma una certezza: che nessuno l’avrebbe fermato. E questa, oggi, è la vera sconfitta.
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