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Cronaca
04 Aprile 2025 - 15:30
CARCERE di ivrea
Cinque agenti feriti, con prognosi comprese tra i 4 e i 10 giorni, un detenuto in escandescenza, un televisore lanciato contro la Polizia Penitenziaria e scene di ordinaria follia che, ancora una volta, si sono consumate dietro le mura del carcere di Ivrea. La vicenda, avvenuta due giorni fa, viene denunciata con amarezza da Vicente Santilli, segretario regionale per il Piemonte del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria (SAPPE).
A volte parlare di “aggressioni” è davvero riduttivo, spiega il sindacalista, quando gli esiti sono cinque colleghi costretti a ricorrere alle cure mediche. Anche “follia” può sembrare una parola inadeguata, ma una cosa è certa: non se ne può più!
Il racconto è dettagliato e sconcertante. Tutto comincia nel primo pomeriggio, quando un detenuto di origine afghana, regolarmente iscritto a un corso scolastico interno all’istituto, si presenta al personale del piano detentivo con in mano un televisore, sostenendo che l’apparecchio non funzioni. Invitato a riportare la TV in cella e ad attendere la verifica da parte degli addetti, il detenuto si rifiuta e lascia l’oggetto sulla scrivania degli agenti, pretendendone la sostituzione con toni minacciosi, prima di recarsi regolarmente al corso.
Ma è al rientro che la situazione degenera: informato che non vi sono televisori di ricambio, il detenuto perde completamente il controllo. Recupera la TV dalla scrivania, entra nell’ascensore e si dirige verso il piano terra. Scatta l’allarme. Il personale, allertato e pronto a gestire l’emergenza, tenta di riportarlo alla calma, spiegando che il suo comportamento è inaccettabile. Ma ogni tentativo si scontra contro una rabbia incontrollata.
Invitato a fare ritorno al suo piano detentivo, prosegue Santilli, il detenuto ha dato in escandescenze, lanciando con forza il televisore contro un agente e colpendone un altro con un violento pugno al volto. Solo grazie all'intervento deciso del personale è stato possibile contenerlo e accompagnarlo in infermeria.
Qui, però, non finisce. Nella sala d’attesa dell’infermeria, l’uomo si autolesiona, procurandosi escoriazioni e continuando a insultare e minacciare chiunque gli si avvicini. Quando viene trasferito nella sala visite, si scaglia nuovamente contro gli agenti con una raffica di pugni. Con grande fatica, il personale riesce ancora una volta a contenere la sua furia, evitando che la violenza si riversi anche sul personale sanitario.
Alla fine, il detenuto viene visitato e trasferito in isolamento disciplinare, mentre i cinque agenti rimangono feriti e vengono portati al pronto soccorso per ricevere le cure del caso.
Anche solo ripercorrere mentalmente quanto accaduto, riflette amaramente Santilli, basta per comprendere la durezza del servizio che quotidianamente le donne e gli uomini della Polizia Penitenziaria affrontano con onore. Non si tratta solo di disagio sociale, di aggressività o di contrasto con l’istituzione: si tratta di inciviltà pura, di assenza di regole e rispetto, di una violenza gratuita che logora psicologicamente chi ogni giorno indossa una divisa con senso del dovere e spirito di servizio.
La denuncia del SAPPE non è isolata. Arriva anche la voce del segretario generale nazionale, Donato Capece, che esprime piena solidarietà ai colleghi feriti e al Reparto di Polizia Penitenziaria di Ivrea, e rilancia con forza la richiesta di interventi strutturali e urgenti.
Serve ripristinare la legalità all’interno degli istituti penitenziari, afferma Capece. Chiediamo l'applicazione dell'arresto in flagranza per i detenuti che aggrediscono il personale, l’utilizzo dell’articolo 14 bis dell'Ordinamento penitenziario – ovvero l’isolamento fino a sei mesi – e il trasferimento immediato in sezioni speciali, anche a centinaia di chilometri di distanza, come previsto dall’articolo 32 del Regolamento penitenziario.
Capece rilancia inoltre la proposta di dotare la Polizia Penitenziaria del taser, lo strumento di difesa già adottato da altre forze dell’ordine. La pistola a impulsi elettrici potrebbe costituire un deterrente efficace e un presidio fondamentale in chiave antiaggressione. Tanto più che, in ambito penitenziario, è sempre possibile verificare a priori le condizioni fisiche del detenuto, valutandone l’idoneità all’utilizzo di questo strumento.
La situazione, però, resta esplosiva. Gli episodi di violenza nelle carceri italiane, come quello di Ivrea, sono ormai quotidiani. La tensione, alimentata da una gestione detentiva che molti definiscono troppo permissiva, continua a gravare sulle spalle degli agenti, spesso dimenticati, sottopagati, e sempre più esposti a rischi fisici e psicologici.
Il SAPPE non intende restare in silenzio. E mentre la politica continua a parlare di riforme, dentro le celle il conto lo pagano – ogni giorno – uomini e donne in divisa. Con il sangue, con la fatica e con il silenzio di chi nonostante tutto continua a servire lo Stato.
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