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Ciriè
13 Febbraio 2025 - 16:24
La vicenda delle presunte molestie all'Istituto Fermi-Galilei di Ciriè ha assunto una piega inaspettata, gettando nello sconforto chi, con coraggio, aveva deciso di denunciare. Il rappresentante di classe, padre di una studentessa coinvolta, si trova ora a fronteggiare conseguenze che mai avrebbe immaginato.
Dopo aver raccolto le preoccupazioni di alcuni genitori, questo padre si è rivolto ai Carabinieri di Ciriè denunciando il comportamento inappropriato di un docente che, secondo le accuse, avrebbe molestato alcuni studenti durante le lezioni. La denuncia era supportata da video girati dagli stessi ragazzi in aula, materiale che è stato consegnato alle autorità competenti.
Tuttavia, anziché trovare immediato sostegno, il genitore si è visto sequestrare tutti i dispositivi elettronici personali: smartphone, computer portatili e altri strumenti essenziali per il suo lavoro e la gestione quotidiana della famiglia. "Non è una persona benestante, è una persona normale che deve mantenere due figli, di cui uno bisognoso di cure", spiega l'avvocata Monica Commisso, che ha presentato l'esposto in procura.
La situazione è resa ancor più critica dal fatto che su questi dispositivi era installata un'applicazione fondamentale per monitorare la salute del figlio con esigenze speciali. La mancanza di accesso a tali strumenti ha complicato notevolmente la gestione delle cure necessarie. Nonostante la rappresentazione di questa condizione alla procura, ad oggi i dispositivi non sono stati restituiti.
"Non c'è nessuna necessità di effettuare delle copie forensi dei dispositivi, atteso che i filmati sono già stati messi a disposizione della procura", sottolinea l'avvocata Commisso. "Non c'è un pericolo di inquinamento delle prove, poiché la parte offesa ha tutto l'interesse che si scopra la verità".
"Questa vicenda lancia un messaggio preoccupante a chiunque voglia denunciare comportamenti illeciti - batte i pugni l'avvocata Commisso -. Viene percepito dal cittadino come una cattiva lezione di educazione civica, dove si insegna a non denunciare, a rimanere omertosi, perché poi le conseguenze sono queste", afferma con amarezza.
Nonostante le difficoltà, l'uomo rimane fermo nella sua decisione di cercare giustizia per sua figlia e per gli altri studenti coinvolti. "Da quando sono partite le indagini, il mio telefonino è rovente perché mi stanno chiamando molti genitori", racconta. "Credo che altri, nei prossimi giorni, si convinceranno a denunciare. Anche io non vedo l'ora di essere sentito dal Pm".
L'avvocata Commisso ribadisce l'importanza di tutelare chi denuncia: "Stupisce questo atteggiamento e viene percepito come una cattiva lezione di educazione civica. La parte offesa ha tutto l'interesse che si scopra la verità, quindi non c'era necessità di verificare i device delle parti offese".
Mentre le indagini, coordinate dal pm Ludovico Bosso della Procura di Ivrea, proseguono, resta l'amarezza di un genitore che, nel tentativo di proteggere sua figlia e gli altri studenti, si trova ora a dover affrontare ostacoli imprevisti. Una situazione che solleva interrogativi sul trattamento riservato a chi, con coraggio, decide di rompere il silenzio.
L'avvocata Monica Commisso
Lo scandalo è esploso dopo la diffusione di una video-intervista del reporter Francesco Vivenza, che ha messo con le spalle al muro un insegnante di 50 anni, mostrandogli i video girati dagli stessi studenti in aula. Secondo quanto emerso, il professore avrebbe ripetutamente molestato alcuni alunni durante le lezioni, con atteggiamenti inappropriati e contatti fisici inaccettabili.
Per anni, le voci si erano rincorse, ma solo il 14 gennaio scorso, un rappresentante di classe ha trovato il coraggio di denunciare il docente ai Carabinieri di Ciriè. Nei giorni successivi, gli studenti hanno continuato a raccogliere prove video, portando alla definitiva svolta del 28 gennaio, quando il giornalista ha bloccato l’insegnante durante un'intervista e lo ha spinto a presentarsi dalle autorità. Tutto il materiale raccolto è stato successivamente consegnato alla Procura.
Dopo l’esplosione del caso, il professore non si è più presentato in classe. Il Provveditorato agli Studi ha poi deciso per la sua sospensione ufficiale, e al suo posto è stato nominato un nuovo docente. Le indagini, coordinate dal pm Ludovico Bosso, sono ancora in corso.
Dopo aver raccolto le preoccupazioni di alcuni genitori, il padre di una studentessa si è rivolto ai Carabinieri il 14 gennaio, denunciando ufficialmente il comportamento inappropriato del docente. La denuncia era supportata da video girati dagli studenti stessi, materiale che è stato consegnato alle autorità competenti.
Tuttavia, anziché trovare immediato sostegno, il genitore si è visto sequestrare tutti i dispositivi elettronici personali: smartphone, computer portatili e altri strumenti essenziali per il suo lavoro e la gestione quotidiana della famiglia.
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