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18 Novembre 2024 - 21:45
“Nella Cirié di Loredana Devietti il fondamentalismo che sottomette le donne trova spazio in piscina”. Così esordiscono i consiglieri di Fratelli d’Italia, criticando la proposta della UISP Bra-Cuneo, attuale gestore della Piscina comunale di Ciriè, di riservare alcune fasce orarie ad un’utenza esclusivamente femminile.
La proposta è riportata in un piano finanziario presentato dall’ente, che dovrebbe essere discusso ed eventualmente approvato in Consiglio Comunale. Il piano prevede il prolungamento, per altri 7 anni, della concessione all’attuale gestore. Tra gli obiettivi dichiarati dalla UISP ci sarebbe anche quella di chiudere le vasche agli uomini in alcune fasce orarie, per permettere a tutte le donne di usufruire del servizio in maniera sicura.
La critica principale di Fratelli d’Italia deriva dal fatto che, secondo i suoi esponenti, questa proposta vorrebbe andare incontro alle donne che, per motivi culturali o religiosi, non possono frequentare un ambiente di questo tipo in presenza di uomini, perché vittime di un sistema che non glielo permette.
Per Davide D’Agostino, la proposta della UISP Bra-Cuneo presenta il rischio di “assecondare dei comportamenti che non dovrebbero essere assecondati. Una donna che si senta dire da un marito, un uomo, un padre “tu non vai lì perché ci sono altri uomini” dovrebbe denunciare. Un Comune non dovrebbe andare incontro ai limiti mentali di un uomo. La nostra cultura non è fatta in questo modo”.
"Abbiamo chiesto se fosse possibile rivedere questa parte della proposta prima dell'approdo in Consiglio comunale ma ad oggi non ci è arrivato alcun riscontro" conclude D'Agostino.
Fabrizio Fossati, Assessore allo sport, risponde con un commento dell'ultimo minuto: "È una proposta, come dice la parola stessa, come le altre inserite nella relazione, e verrà valutata con attenzione anche perché simile ad altre iniziative di questo tipo portate avanti in Italia. Non la scartiamo a priori perché degna di considerazione ma fa parte di un documento che potrà essere approfondito successivamente con il gestore, qualora venisse riconfermato".
E poi continua, rivolgendosi ai colleghi di FdI: "I Consiglieri D’Agostino e Palermo dovrebbero fare pace con se stessi: sono i primi ad alterarsi quando non vengono interpellati per tempo su alcune decisioni… ma in questo caso si tratta di una proposta arrivata direttamente in Commissione e andrà in Consiglio in quanto competenza di quest’ultimo”.
La questione appena presentata ci interroga tutti e tutte e coinvolge alcuni aspetti molto articolati che si mescolano tra loro. Per questo il rischio di giungere a conclusioni poco lucide è molto alto. Da qui emerge la necessità di fare chiarezza e di approfondire alcuni punti.
Innanzitutto, partiamo dalle risposte date da FdI (dato che i commenti da parte della maggioranza non sono ancora pervenuti) ai problemi sollevati dalla UISP Bra-Cuneo. Gli esponenti dell’opposizione parlano chiaramente di una differenza culturale. Come non aspettarsi un’interpretazione di questo tipo dalla destra contemporanea? Infatti, secondo i consiglieri, questa proposta legittimerebbe una visione del mondo che non è compatibile con la “nostra cultura”. Ma la critica non si ferma qui, gli esponenti dell’opposizione credono addirittura che l’idea di permettere uno spazio totalmente femminile sarebbe discriminatorio nei confronti degli uomini.
Bene, queste affermazioni presentano una serie di problemi che, secondo il mio parere di uomo, inquinano il discorso che invece dovrebbe essere fatto intorno a questi temi.
Innanzitutto, che cosa vuol dire la “nostra cultura”? Gli esponenti di Fratelli d’Italia si riferivano forse alla cultura italiana (peraltro, come se esistesse un unico modo di essere italiani)? Beh, se la risposta è si, bisogna contestare che credere che l’oppressione della donna sia unicamente un problema che fa riferimento a culture non italiane è un grande errore di partenza. La vera questione è affrontare il sistema patriarcale, che coinvolge tutte e tutti noi, donne, uomini, italiani e stranieri.
Inoltre, proporre uno spazio separato non è una risposta solo per le donne che non usufruirebbero del servizio “perché i mariti non vogliono”, come sostiene l’opposizione, ma è anche un modo per sottrarsi allo sguardo maschile, tanto squallido, quanto sottile, che però non è mai messo in discussione. Il problema sono sempre “i mariti che non vogliono”, che, sottolineo, sono anche italiani.
Con questo non si vuole togliere l’attenzione da questo tipo di gelosia tossica, di controllo maschile, che deve essere problematizzato. E siamo d’accordo con D’Agostino nel sostenere che bisogna agire per contrastare la cultura dell’oppressione. Però, quello che non condivido con il consigliere di Fratelli D’Italia è l’interpretazione che dà della proposta della UISP. Consentire uno spazio separato non è un’azione che legittima un sistema di oppressione, ma può essere esattamente il contrario. Questo perché è in uno spazio così, libero da ogni interferenza maschile, che possono nascere legami, riflessioni, scambi di opinioni e storie di vita quotidiana tra sole donne. E come si sa, non c’è nulla di più costruttivo di un’interazione sana.
Uno spazio separato che, peraltro, potrebbe essere utile anche agli uomini. Perché i problemi del patriarcato, che incorporiamo e riproduciamo, non colpiscono solamente le donne, tantomeno devono essere risolti solo da loro. Per questo motivo, sebbene non siano ancora molto conosciuti, si stanno diffondendo sempre di più i gruppi di autocoscienza maschile. Spazi separati, dedicati agli uomini, dove è possibile confrontarsi su diverse tematiche.
Afferrato questo passaggio, che rappresenta la base del discorso, bisogna poi chiedersi, in che modo questa proposta sarebbe discriminatoria nei confronti degli uomini? È evidente che chi avanza questa affermazione ha in mente una definizione completamente decontestualizzata di discriminazione. Una classica definizione da vocabolario che si riferisce a una differenza di trattamento operata sulla base dell’appartenenza o meno a un determinato gruppo di persone. Ma davvero ci fermiamo a un’interpretazione così basica?
Perfino Wikipedia ne dà una lettura più interessante. “Essa comprende la reazione o l'interazione iniziale del gruppo predominante il quale intende limitare i membri di un gruppo minoritario nelle opportunità e/o privilegi disponibili invece alla maggioranza delle altre persone e conducendo in tal maniera all’esclusione sociale delle persone e/o di quelle entità basandosi su decisioni e motivazioni che possono anche considerarsi per certi versi del tutto irrazionali”.
Quello che manca nell’interpretazione data da Fratelli d’Italia è il riferimento al rapporto di potere che esiste tra due categorie di persone. In questo caso, tra uomini e donne. Viviamo, purtroppo ancora oggi, in un mondo in cui gli uomini hanno un potere maggiore rispetto alle donne. Questo è evidente in molti campi della vita, dall’economia, alla politica, al lavoro etc., anche nel mondo occidentale. Non si tratta solo di una diseguaglianza in termini di possibilità. Le donne sono quotidianamente sottoposte a violenze di genere riprodotte e perpetrate dagli uomini. Questo fa pendere il rapporto di forza decisamente in favore di questi ultimi. Chiunque rifiutasse questa immagine della società contemporanea è figlio di una visione ideologica del mondo. Io non credo che gli esponenti di FdI siano così ignoranti, ma sicuramente ignorano questo rapporto di potere diseguale tra uomini e donne quando parlano di “discriminazione” in relazione a questa situazione.
Ma, se la risposta non fosse ancora chiara, ricordiamo che gli uomini non sarebbero discriminati. Non lo sarebbero perché non vivono in una condizione di minoranza, perché non sono vittime di un sistema di oppressione femminile, perché non subiscono la violenza sistematica delle donne.
Per questi motivi, la proposta di aprire uno spazio separato per sole donne, in una finestra di tempo limitata, in un luogo pubblico come la piscina comunale può essere un modo di rispondere a livello collettivo a un problema sociale e culturale (la cultura del patriarcato però, non quella del mondo non occidentale) che caratterizza tutte le società contemporanee.
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