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Ombre su Torino
21 Giugno 2024 - 07:41
A sirene spiegate.
Un’ambulanza sta correndo per le strade di Venaria in direzione del locale ospedale. A bordo c’è una sedicenne ferita in modo molto grave al petto da un colpo di pistola, il suo fidanzato e un infermiere.
La situazione è disperata. Lo è a tal punto che, mentre il sanitario tenta di tamponare la ferita, il giovane si improvvisa soccorritore tentando di praticare la respirazione bocca a bocca alla sua ragazza. Ad aggiungere angoscia a questa scena ci si mette l’ambulanza che, in piazza Costituente, si guasta lasciando tutti a piedi. Prima che ne arrivi un’altra passa mezz’ora e diventa troppo tardi: Anna Masotina, 16 anni, muore alle 22 del 5 febbraio 1979.
I motivi che hanno condotto alla tragedia sembrano riportare indietro il calendario di centinaia di anni. Questa è una storia di sgarbi, di violenza e di un idiota senso dell’onore. È ambientata nelle case Gescal di via Di Vittorio 37, ad Altessano: quattromila alloggi ammassati in condomini uno ridosso all'altro abitati prevalentemente da operai immigrati.
All’interno 3, rispettivamente al primo e al secondo piano, vivono i Masotina e i Sorbo.
Sono due famiglie numerose provenienti dalla provincia di Foggia, sette da una parte e otto dall’altra. Al momento dell’omicidio, i rapporti tra i due nuclei sono diventati tempestosi da almeno un paio di anni.
Dispetti più o meno evidenti, liti, insulti, e poi piccoli «sgarri» nella vita di tutti i giorni che hanno portato più di una volta alla rissa. All’origine di questa rivalità c’è l’amore. Anna Masotina, fino a due anni prima, era la fidanzata di un figlio del signor Sorbo, il ventunenne Nino ma, quando questi finì in carcere per estorsione, lo lasciò per mettersi con Enzo Valente, 17 anni.
Anna Masotina
Da quel momento la tensione tra quelli che, sprezzantemente, i giornali definiscono “clan” si alza lentamente ma inesorabilmente. Il culmine viene raggiunto la sera del 4 febbraio 1979. Intorno alle 21, Anna, Enzo e la sorella di quest’ultimo stanno per entrare nella discoteca Tre Denari di corso Toscana, A Torino.
Si trovano davanti uno dei Sorbo, Nicola, 18 anni. Questi si avvicina e pesta un piede a Enzo, che di tutta risposta, lo colpisce con uno schiaffo.
A supportare Sorbo arriva un gruppetto di suoi amici e nella successiva rissa Valente e le due ragazze vengono picchiati. Sembra una lite di poco conto e dopo qualche ora i due gruppi si riappacificano.
La questione, tuttavia, nella testa di Valente non è finita lì.
Enzo Valente
Il ragazzo vuole dare e avere spiegazioni e il giorno seguente, intorno alle 20,30, si presenta a casa Sorbo. Scendono in cortile il patriarca Salvatore e la moglie Nicoletta e in pochi minuti scoppia l’ennesimo litigio. Sorbo colpisce Enzo con un pugno ma il ragazzo riesce a far cadere l’avversario facendogli sbattere la testa sul marciapiede.
A quel punto la gente si affaccia alle finestre, iniziano urla e strepiti, addirittura la signora Nicoletta scaglia un sasso all’indirizzo di Valente che, nel frattempo, è scappato e si è rifugiato in casa Masotina. Insieme a lui ci sono due vicini di casa, Mattea, la madre, Anna, le due sue sorelle e i due suoi fratelli.
Intorno alle 21 sul pianerottolo di casa Masotina si concentrano sei o sette persone: sono tutti del “clan” rivale. Una scarica di pugni, calci, spallate si abbatte sul legno della porta d’ingresso dell’abitazione. Grida disumane riecheggiano in tutto il palazzo, come se, veramente, fosse in corso un rito tribale.
Da dentro casa i Masotina, vedendo i cardini sull’orlo di cedere, si mettono schiacciati contro l’uscio nel tentativo di sprangarlo. Tra loro c’è Anna. All’improvviso, dall’altro lato una detonazione, poi un’altra.
Qualcuno del gruppetto degli aggressori, probabilmente nel tentativo di far saltare la serratura, ha tirato fuori una pistola e si è messo a sparare. Uno dei due proiettili ha attraversato la porta e ha colpito Anna Masotina in pieno petto. Gli ha reciso l’aorta e, come abbiamo visto, un disastroso viaggio verso l’ospedale ha fatto il resto: muore nel giro di un’ora.
Numerosi abitanti dell’edificio indicano in Pasquale Ricci l’autore materiale dell’omicidio. L’uomo, 34 anni, dal palmares criminale di tutto rispetto tra rissa, violenza e resistenza a pubblico ufficiale, lesioni, minacce e tentata estorsione, è il fidanzato di una delle figlie dei Sorbo.
A suo carico, oltre ai testimoni oculari e al fatto che, la sera stessa, è sparito nel nulla insieme a 5 suoi compari, i Masotina, durante un litigio, avrebbero sentito dire alla signora Sorbo “se non la smettete chiamo mio genero Pasquale che ha la pistola”.
Ricci termina la sua latitanza il 24 febbraio, consegnandosi spontaneamente in questura a Milano. Riferisce di sapere che era ricercato per l’uccisione di una ragazza e che non ha nulla da nascondere, dichiarandosi pronto a collaborare con gli inquirenti. Inizialmente è questa la sua versione dei fatti.
“Ero in casa mia, mi telefonarono di venire subito qui perché era successa una disgrazia. Credevo che fosse capitato qualche cosa di grave a mio suocero, Salvatore Sorbo, che abita al secondo piano. Mi sono precipitato: di corsa ho imboccato le scale. Sul pianerottolo del primo piano ho visto che c'era della gente che urlava. All'improvviso, quando ero ancora sulle scale, ho sentito un botto, sono tornato in strada. Mi sono spaventato, credevo che quegli sconosciuti volessero sparare a me, sono salito sulla mia auto e sono fuggito. Io con questa storia non c'entro. Sono innocente”.
Poi, però, a processo nel 1982, consigliato dal suo avvocato, cambia le carte in tavola.
Schiacciato dalle prove, in aula racconta che pensava che oltre quella porta ci fosse suo suocero in pericolo e che nella confusione dall’arma che aveva impugnato partì un colpo. Grazie alle attenuanti generiche Pasquale Ricci viene condannato a 17 anni e 8 mesi mentre la suocera Nicoletta Sorbo prende un anno per aver istigato lo stesso con parenti e amici a sfondare la porta dell’alloggio dei Masotina.
In tutto questo, come spesso accade, la vittima rimane sullo sfondo. Anna, 16 anni, seppellita con l’abito di nozze perché avrebbe dovuto sposarsi qualche mese dopo la tragedia. Agnello sacrificale in gioco più grande di lei e dei suoi pochi anni di vita.
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