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Ombre su Torino
20 Giugno 2024 - 08:00
Luigi Ruffino lavora come macchinista sulla linea Verolengo – Torino. La mattina del 3 ottobre 1925, all’altezza del Quadrivio Zappata (in periferia a Torino) fermata la propria locomotiva durante una fase di manovra, si accorge che, di fianco ai binari, c’è un fagotto.
E’ lungo circa 80 cm e, quando il ferroviere lo apre, lo spettacolo è agghiacciante. Avvolto in un foglio di carta ci sono due gambe di donna, ancora con le calze e le scarpe. Passano solo due giorni e un giovane si presenta in questura chiedendo di vedere le spoglie. Si chiama Franco Cattaneo e, da subito, dice di riconoscere le gambe di sua moglie.
La ragazza si chiama Erina Barbero, ha 27 anni e tutti la conoscono come “la Bela Rinin”.
Fa la prostituta Erina ed è proprio il marito che la costringe a fare quella vita. Vende il suo corpo a San Salvario e, tra una prestazione e l’altra, trova anche il tempo di smerciare la cocaina che gli procura Cattaneo. La disperazione di quest’ultimo raggiunge il culmine poche ore dopo.
In serata, infatti, mentre gioca in una casa abbandonata in via Orazio Antinori, un bambino trova un involucro di stoffa chiuso con dello spago. Stavolta a spuntare fuori è un tronco, sempre di una donna. In un macabro gioco di “ricomposizione” i due resti si incastrano perfettamente: sono dello stesso corpo.
La testa della giovane verrà ritrovata dopo circa un mese, anch’essa contenuta in un pacchetto simile ai precedenti. Si riesce a capire come è morta: qualcuno gli ha stretto le mani al collo fino a non farla respirare più. A questo punto, però, Franco Cattaneo è già passato dall’essere un vedovo inconsolabile a essere il sospettato numero uno. Gli indizi a suo carico sono molteplici. Una testimone riconosce la stoffa degli involti come la stessa che l’uomo aveva regalato alla consorte qualche giorno prima di sparire e la stanza del sospettato è piena di carta come quella trovata insieme: è uguale a quella che usa per confezionare le dosi di polvere bianca da spacciare.
Si viene a sapere che i rapporti, all’interno della coppia, sono tutt’altro che sereni. Lui non lavora, la sfrutta, la picchia, spesso la stordisce con la droga e più di una volta l’ha minacciata di morte tentando di strangolarla. Ad essere indagato insieme a Franco c’è anche un suo grande amico che si chiama Ludovico Bertini. Questi, pur non confessando, indirettamente, fa anche di peggio: alle prime domande della polizia tenta il suicidio. Quasi una firma.
Parallelamente all’inchiesta su Cattaneo, i carabinieri infiltrano un loro uomo nel giro di Erina. Questi, conquistata la fiducia di prostitute, protettori e clienti, riesce, tra bevute e mangiate nelle peggiori trattorie di Torino, ad ottenere delle importantissime informazioni. Arriva a due uomini di cui uno, ai primi di gennaio del 1926, gli rivelerà tutto quello che sa su quella faccenda.
Un suo conoscente gli ha spiegato che la povera “Rinin” è morta perché era stata testimone di un altro omicidio. Il 4 gennaio 1925, infatti, viene ucciso Leopold Fleischmann, uno spacciatore austriaco che riforniva Cattaneo e Bertini. I due, a corto di denaro per pagarlo, lo hanno attirato nella cosiddetta “Stra dij mort”, in collina, e, dopo avergli sottratto una borsa con dentro 3 kg di cocaina, lo hanno ucciso a bastonate e coltellate.
A fare da palo, quella sera, c’era proprio Erina. A partire da qui viene anche ricostruita l’ultima notte in vita della donna. È il 30 settembre 1925, intorno alle 22,30, e la Barbero sta, insieme al marito, alla camera n.8 dell’hotel Gran Cairo, in via Roma.
Come spesso accade hanno esagerato con gli stupefacenti e litigano furiosamente. Nel mezzo dell’alterco la ragazza fa l’errore di minacciare il coniuge dicendo di essere pronta a raccontare quello che aveva visto la sera dell’assassinio di Fleischmann. Accecato dalla rabbia, Cattaneo la strangola.
Non sapendo come gestire la situazione, esce dall’albergo e vi ritorna, intorno alle 2, in compagnia di Bertini e un altro uomo. Al portiere di notte, Matteo Biestra, dicono, in malo modo, che stanno tutti andando a dormire in stanza. Uno di loro, tra l’altro, gli chiede una trapunta da mettere sul divano, per dormire più comodo.
Quando il guardiano gliela consegna, aprendo la porta, nota le fattezze di una donna, sotto una coperta, immobile. Preoccupato dalla cosa, fa per tornare al suo posto ma, dopo qualche passo, ritorna su, mettendosi a spiare dalla serratura. Della donna nessuna traccia, neanche un sibilo.
I tre invece, si danno un gran da fare: stanno impacchettando qualcosa. Sconvolto e minacciato dal gruppo, Biestra non dirà nulla per molti mesi e verrà anche arrestato per reticenza. Si deciderà a parlare solo dopo l’indagine della “talpa” dei carabinieri che farà arrivare i militari nella stanza e a scoprire il sangue della “Rinin” sotto il materasso. L’hanno fatta a pezzi, quel 30 settembre, perché erano in centro. Uscire col cadavere “intero” dall’hotel sarebbe stato impossibile.
Franco Cattaneo, ritenuto responsabile sia della morte della moglie che di quella dello spacciatore austriaco, verrà condannato a 30 anni. Bertini, accusato di favoreggiamento, ne prenderà 5. Il terzo uomo, invece, non verrà mai trovato.
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