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L'avvocato risponde

Offese su chat: quando sono ingiuria e quando diffamazione?

Un caso emblematico e le relative conseguenze legali

 Offese su chat: quando sono ingiuria e quando diffamazione?

Buongiorno avvocato. Nell’ambito di una conversazione avvenuta su chat con il gruppo di miei amici è capitato che, dissentendo su una opinione espressa da uno degli interlocutori,  ho proferito  una espressione oltraggiosa nei confronti di quest’ultimo.  Quale rilevanza giuridica ha il mio comportamento?

Simone, San Mauro

Egregio lettore, le propalazioni ingiuriose nell’ambito del gruppo possono comportare differenti conseguenze a seconda che il destinatario sia presente nel momento dell’offesa o sia assente. Nel primo caso, infatti, la condotta è giuridicamente qualificabile come ingiuria, che non è più prevista come reato dal nostro codice penale  dal 2016, sebbene continui ad essere passibile di risarcimento, mentre nel secondo il comportamento integra la fattispecie astratta della diffamazione, tutt’oggi punita penalmente dall’art. 595 cp.

Dunque, nei casi come quello qui sottoposto, in considerazione della modalità delle conversazioni che avvengono sulle chat, ove i relativi commenti non sono per forza riscontrati dai destinatari nell’immediatezza, una esternazione offensiva recepita successivamente rispetto al momento della pubblicazione integrerà gli estremi del reato di diffamazione.

chat

In tali casi, la prova in giudizio dell’assenza della persona offesa nel momento della messa in circolazione on line della  propalazione lesiva potrà essere fornita attraverso la produzione della eventuale replica recante orario successivo. Diversamente, laddove la risposta alla offesa sia pressochè contestuale, quest’ultima dovrà qualificarsi come ingiuria.

Sulla questione, è tra l’altro intervenuta la giurisprudenza di legittimità che, con la recente sentenza n. 409 depositata in Cancelleria il 05 gennaio scorso ha ribadito la differenza tra le due figure di illecito dichiarando inammissibile il ricorso dell’imputato il quale assumeva di aver pubblicato le esternazioni lesive della reputazione della persona offesa nel momento in cui quest’ultima era collegata alla chat sul social network facebook, mentre la produzione documentale dimostrava che la replica del destinatario avvenne venti minuti dopo. Fu confermata, pertanto, la qualificazione del comportamento come diffamatorio.

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