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Libertà di parola a senso unico: Il caso Roccella e la doppia morale politica

Il paradosso della libertà di espressione: Controversie e silenzi

Libertà di parola a senso unico: Il caso Roccella e la doppia morale politica

Come tutti sanno, la ministra Eugenia Roccella è stata contestata da un folto gruppo di giovani che le ha impedito di parlare agli Stati Generali sulla natalità.

Un fatto, come ha rilevato il Presidente della Repubblica, di grave intolleranza, ma che i partiti della sinistra italiana, in primis il Pd, hanno commentato prendendosela non con gli intolleranti ma con la ministra, che sarebbe colpevole di vittimismo.

Silenzio poi da parte di quelli che – profumatamente pagati e foraggiati – si ritengono «martiri e vittime» della libera informazione e che passano il loro tempo nelle redazioni giornalistiche a denunciare il regime dispotico instauratosi al governo. Insomma, poiché la ministra Roccella è una «fascista» e membro di un governo «fascista», è giusto impedirle di parlare, non importa sapere cosa abbia da dire.

Contestazione Roccella

Anzi, impedirle di parlare non è uno sfregio alla libertà di espressione ma un dovere in quanto esercizio di democrazia.

Chi ha un’opinione diversa – o addirittura alternativa – rispetto alla vulgata corrente o al «politicamente corretto» deve rassegnarsi. Questo scenario, ovviamente, sarebbe del tutto diverso se ad essere contestato, o gli venisse impedito di parlare, fosse un esponente della sinistra.

In tal caso scatterebbe l’allarme «democratico», si griderebbe al «vile agguato fascista», all’attacco alla Costituzione, ecc., perché sappiamo che nel dibattito attuale c’è chi fa della «superiorità morale» e dell’arroganza intellettuale e culturale la sua cifra distintiva.

Così, per il fascismo non basta ripudiarlo e condannarlo come quel movimento politico che impose in Italia la dittatura con la violenza.

Oggi si è antifascisti solo se si è per una cultura che non ammette verità assolute e leggi naturali, così che la sola affermazione dell’esistenza di valori non negoziabili diventa una forma di fascismo.

Per questo, secondo i progressisti, fascista non è soltanto il nostalgico o il fautore di un regime autoritario, ma anche chi si oppone al «progresso», rappresentato dai «nuovi diritti» come aborto, eutanasia, matrimonio gay, ecc.

Così, ai cattolici è richiesto di rinunciare ad ogni fondamento trascendente nell’affermare una certa idea di società e di etica, in quanto solo il consenso democratico ha il potere di conferire valore a scelte, comportamenti e leggi.

A questo assioma la Chiesa è oggi completamente asservita e se si chiedesse a qualche vescovo o prete di oggi – il cui livello culturale è di solito assai basso – se l’analisi sopra descritta risponda al vero, risponderebbe che è così perché c’è stato il Concilio (sic!) che ha voluto aprire la Chiesa al mondo.

Alla obiezione che il Concilio non ha mai detto nulla di simile o prefigurato un tale scenario di resa al mondo, i nostri interlocutori – potremmo fare nomi e cognomi – avrebbero pronta la replica: i documenti non contano troppo ma vanno interpretati e «il Concilio va inteso nel senso di uno slancio, un impulso, un inizio, un’audacia di creatività e d’apertura al mondo nonché di rinnovamento ecclesiale autenticamente evangelico, senza la polvere di una certa storia della tradizione cristiana».

I disastrosi risultati di questa ermeneutica sono – almeno per la Chiesa – sotto gli occhi di tutti.

Ultima ora. Si è sparsa la voce che la Madonna sia apparsa ad Enzo Bianchi. Non si conosce però quale sia stato il messaggio rivolto all’ex guru di Bose.

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