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Qualcosa di sinistra
26 Marzo 2024 - 21:57
Adriana Seroni (Autore della foto: Polimeni, Bruna). Dall'Archivio fotografica del PCI
«Quand’ero una giovane femminista, criticavo Adriana Seroni», ha affermato Chiara Saraceno, professoressa emerita dell’Università di Torino, a margine della sua lectio «La dimensione di genere all’Università: non solo una questione di pari opportunità», nella giornata nazionale delle Università, il 20 marzo scorso.
Adriana Seroni, classe 1922, e Chiara Saraceno, 1941: due generazioni di donne con storie personali e politiche molto differenti si sono confrontate negli anni d’oro del neofemminismo italiano. Oggi, messa in soffitta la «differenza» di genere a favore del transfemminismo e del femminismo intersezionale, mimesi della storia, il dialogo tra donne di generazioni differenti sembra altrettanto difficile.
Chiara Saraceno
È del secolo scorso, ma tutte noi dobbiamo molto ad Adriana Seroni: da responsabile della Commissione femminile del Partito comunista italiano (fortemente segnato dal maschile), fu capace di aprirvi una breccia spingendolo al confronto con le neofemministe che, a metà degli anni Settanta, riempivano le piazze.
Quest’8 marzo si è parlato tanto di violenza e, soprattutto, di stereotipi di genere.
Promosso dalla Camera del lavoro di Settimo, l’incontro pubblico dal titolo intrigante «Non è un lavoro per donne», al netto degli interventi di rito, ha offerto spunti interessanti e una gradevole scoperta: un’assessora che, parlando di sé, descrive la condizione di precarietà lavorativa di una generazione di ragazze.
Le testimonianze hanno riservato un paio di sorprese: l’illuminante dichiarazione di un operatore telefonico (chissà perché quando arriva una chiama da un call-center ci aspettiamo che sia una donna) e di un’autista di bus per Gtt: nell’azienda torinese, su duemila conducenti, le donne sono duecento.
Non è solo questione di numeri – ha precisato Marina, da sedici anni autista – bensì di politica aziendale, specie ora che l’amministratore delegato dell’azienda dei trasporti pubblici di Torino è una donna, una del settore, che ha presieduto e gestito consorzi di trasporto pubblico locale.
A proposito di stereotipi e di gender gap (come si dice adesso), l’Italia continua a caratterizzarsi per il basso tasso di occupazione femminile che, nel 2021, si è attestato a un po’ meno del 50 per cento della popolazione femminile attiva. In più, quelle che lavorano fanno fatica a salire ai vertici delle imprese: infatti le donne in posizioni manageriali nelle aziende sono circa il 18 per cento del totale.
Coinvolta direttamente nella polemica verso i responsabili dell’ateneo torinese perché sedutasi a fianco del rettore, sconcertata dagli slogan («fiducia in UniTo non ne abbiamo, l’autodifesa è nostra e non la deleghiamo»), la professoressa Saraceno richiama le studentesse a un sano realismo.
Eppure, lo sappiamo, nella loro storia, le donne hanno conquistato posizioni proprio perché sono state irragionevoli. In proposito mi piace rispolverare uno slogan, forse non proprio politicamente corretto ma sempre efficace: «i compagni sono come i rapanelli, rossi di fuori e bianchi nei cervelli».
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