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Qualcosa di sinistra

La Meloni bruciata: la satira politica è ancora viva?

E’ proprio il caso di dirlo con Guido Gozzano: a l’è questiôn d’ nen piessla…!

meloni

Giorgia Meloni

«È per eccellenza il nome del delitto politico […] È impossibile enumerare i fatti criminosi rientranti nella maiestas: organizzare sedizioni, portar le armi contro lo Stato, conservare un comando oltre la scadenza…». Nella categoria rientrerebbero anche «gli attentati e le offese al principe e alla sua famiglia, massime nella forma di violenza contro le statue».

Se «l’inqualificabile azione con cui è stata data alle fiamme l’effige raffigurante il presidente del Consiglio Giorgia Meloni» sia «offesa al principe», e «all’inquietante minaccia del rogo del manichino e alle violenze verbali» non abbia fatto seguito «la condanna dei leader delle opposizioni», allora strappiamoci tutti le vesti.

Fa un po’ sorridere. Tutti i segretari di partito, i presidenti del consiglio, i leader sindacali e poi giù, scorrendo la graduatoria, sono stati messi alla gogna.

Nell’Italia del dopoguerra, benché ci fosse la censura, l’ironia non faceva così scandalo.

Qualche esempio? Che dire dello slogan «via il governo della forchetta»?

Nella campagna elettorale del 1953, i comunisti misero in fila i «forchettoni», i tre leader democristiani dell’epoca (De Gasperi, Gonella e Scelba) con forchetta, cucchiaio e coltello, pronti a divorare il danaro pubblico, mentre la Dc venne battezzata il «partito della greppia». 

Che dire della satira folgorante di Fortebraccio (al secolo Mario Melloni), i cui corsivi uscirono dal 1967 al 1982 sulla prima pagina del quotidiano «l’Unità»?

Una battuta per tutte: «Si aprì la portiera dell’auto. Non scese nessuno. Era Antonio Cariglia» (leader del Psdi, il Partito socialdemocratico italiano).

Quante volte abbiamo visto il fantoccio di Andreotti agitarsi nei cortei operai?

Una per tutte, 1973, manifestazione dei metalmeccanici a Roma, conclusa dall’intervento di Giorgio Benvenuto, segretario generale Flm (Federazione lavoratori metalmeccanici). Più volte nei cortei operai c’erano i cartelli «Agnelli e Pirelli ladri gemelli», e non solo.

Le vignette del caricaturista Giorgio Forattini hanno segnato davvero la storia della Repubblica. Tutti gli uomini politici e di Stato sono stati presi di mira: il democristiano Giulio Andreotti (ritratto da generale golpista), il socialista Bettino Craxi (con il fez), il repubblicano Giovanni Spadolini (rappresentato per la sua «stazza») e potremmo continuare.

Andreotti con Forattini

Andreotti con Forattini. Sotto: Spazzolini

Spazzolini

«Ho sempre creduto nel ruolo fondamentale della satira politica», scriverà Spadolini, ammiratore della politica e della satira anglosassone, che «non teme la polemica e la critica condotta attraverso le vignette, anche quelle più corrosive e graffianti». 

Nel 1991, l’allora presidente del Senato Spadolini scrisse a Forattini, complimentandosi per aver avuto in dono la «mirabile caricatura […] il più bello dei regali che io abbia ricevuto per la nomina a senatore a vita».

E’ proprio il caso di dirlo con Guido Gozzano: a l’è questiôn d’ nen piessla…!

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