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Qualcosa di sinistra
20 Febbraio 2024 - 22:17
Tito
Josip Broz Tito, presidente della Repubblica socialista federativa di Jugoslavia, fu insignito dell’onorificenza di Cavaliere di gran croce, Ordine al merito della Repubblica italiana, decorato di gran cordone, il 2 ottobre 1969.
Il sito del Quirinale pubblica un bel reportage della visita ufficiale del presidente Giuseppe Saragat, accompagnato da Aldo Moro, allora ministro degli Esteri, e dei discorsi che lo stesso Saragat indirizzò al suo omologo jugoslavo.
«In un mondo in cui troppo spesso ancora muri e reticolati si elevano a barriera tra i popoli – ebbe a dire il presidente durante i quattro giorni sul suolo jugoslavo – noi abbiamo dato esempio di una frontiera aperta, […] un contributo reale alla causa della distensione internazionale e dell’amicizia tra i popoli».
Ribadendo chiaramente il filoatlantismo dell’Italia nel contesto internazionale, Saragat sottolineò che si erano realizzate fattive e fiduciose relazioni, «pur nella diversità dei regimi e delle esperienze, fra l’Italia, membro dell’Alleanza atlantica, che noi consideriamo pilastro di sicurezza e di pace nella situazione presente, e la Jugoslavia, paese che segue coerentemente una politica di non allineamento».
Ecco. Per parlare di Josip Broz e del suo «comunismo» bisogna contestualizzare, facendo mente locale sull’Europa di quegli anni (si parlava già di Europa!), sulla situazione internazionale, sul ruolo dell’Italia nel contesto mediterraneo, sui governi di centrosinistra (che non sono quelli di oggi), eccetera.
Andando al contesto internazionale del periodo e al ruolo strategico dell’Italia, vale la pena ricordare la visita di Stato del presidente americano Richard Nixon, il 27 e 28 febbraio 1969. Sono gli anni dei «Paesi non allineati», un movimento fondato nel 1961 proprio da Tito, dal presidente egiziano Nasser e da quello indiano Nehru. Questo movimento, frutto anche del processo di decolonizzazione del continente africano, in tempi di guerra fredda, costituirà un cuscinetto nel confronto tra le superpotenze e – insieme – una speranza per un futuro libero dalla minaccia nucleare.
Ora, alcuni parlamentari hanno avanzato la proposta di revocare l’onorificenza attribuita a Josip Broz Tito per le note responsabilità del suo regime verso gli infoibati e gli esuli istriani.
Sul sito del Quirinale viene specificato che le onorificenze della Repubblica «sono legate alla esistenza in vita dell’insignito e decadono con la sua morte».
Supponendo che si possa revocare l’onorificenza già decaduta con la morte di Tito, per arrivare allo scopo diversi parlamentari hanno proposto la possibilità di revoca «post mortem» della decorazione.
Però a leggere la scheda di comparazione delle proposte, queste sembrano contenere alcune imperfezioni. Ad esempio si osserva che, per quanto concerne l’espressione «crimini crudeli», non è rinvenibile una sua definizione, nell’ordinamento, come «categoria di reati».
Inoltre l’espressione «si sia macchiato» necessiterebbe «di maggiore determinazione dal punto di vista giuridico». Insomma, studiare un po’ di storia, geografia e italiano, ma pure avere qualche nozione giurisprudenziale, sarebbe utile ai parlamentari che s’avventurano in certe imprese.
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