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Lo stiletto di Clio

Dalla terra dei faraoni a Torino passando per Monteu da Po

Dalla leggendaria fondazione della città alle vestigia di Iside, fino al fascino che ha ispirato obelischi e massoni. Un viaggio affascinante che ripercorre le tracce dell'antico Egitto nel cuore del Piemonte.

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Il Museo egizio di Torino è il più antico in Europa e nel mondo fra quelli interamente dedicati all’antica civiltà del Nilo. Istituito due secoli or sono, nel 1824, si colloca al secondo posto, dopo quello del Cairo, per l’ampiezza e il valore delle proprie collezioni.

Il Museo ha sede nell’antico palazzo costruito da Michelangelo Garove fra il 1679 e il 1690 per ospitare il Collegio dove i gesuiti educavano i rampolli del ducato di Savoia. Entrandovi, si è per incanto trasportati in un tempo remotissimo che appassiona e affascina. Però i rapporti fra il capoluogo subalpino e l’Egitto risalgono a ben più antica data.

Nel 1577 il savoiardo Emmanuel-Philibert de Pingon, barone di Cusy, meglio noto a occidente delle Alpi col nome italianizzato di Filiberto Pingone, pubblicò la prima storia di Torino. Anziché cominciare dalle vicende della romana «Augusta Taurinorum» oppure della mitica Taurasia, distrutta dalle truppe cartaginesi di Annibale nel 218 a. C., egli riprese una vecchia leggenda che faceva risalire le origini della città a Eridano, altrimenti detto Fetonte, giunto in Italia dalla Grecia o dall’Egitto e morto nelle acque del Po. Il ritrovamento di un’iscrizione con dedica a Iside, durante i lavori per la cittadella voluta dal duca Emanuele Filiberto di Savoia, non poteva che rafforzare il preteso antichissimo legame fra Torino, la nuova capitale dello Stato sabaudo, e la terra dei faraoni. 

IN FOTO Toro bronzeo rinvenuto a Industria (Monteu da Po), dove esisteva un santuario in onore di Iside e Serapide

IN FOTO Toro bronzeo rinvenuto a Industria (Monteu da Po), dove esisteva un santuario in onore di Iside e Serapide

Un secolo più tardi, allorché Emanuele Tesauro, un intellettuale di fama europea, diede alle stampe il primo tomo di una sua voluminosa storia della città, la narrazione si arricchì di ulteriori particolari. Fetonte, principe egizio, sarebbe salpato dalle sponde africane del Mediterraneo, assieme al figlio Liguro e a un «grandissimo numero di venturieri», per «fondar nuove colonie di qua dal mare». Desiderando attribuire un nome alla città sorta sulla riva sinistra del Po, pensò di richiamarsi ad Api, il dio che il suo popolo venerava sotto forma di toro, talvolta identificandolo con Osiride, ucciso dal fratello Seth e riportato in vita, con arti magiche, dalla sorella e moglie Iside.

All’epoca, in Piemonte, erano ben note le vicende della Legione tebea, di cui riferisce il vescovo Eucherio di Lione, morto attorno all’anno 450. Interamente costituita da militari cristiani reclutati nella zona di Tebe, già capitale dell’Egitto, fu trasferita in Gallia, verso la fine del terzo secolo, per difendere il confine del Reno e reprimere i ribelli bagaudi. Non volendo infierire contro popolazioni cristianizzate né offrire sacrifici all’imperatore Massimiano, la Legione subì il martirio ad «Agaunum», sulle sponde del Rodano (oggi Saint-Maurice, nel cantone svizzero del Vallese). Stando alla tradizione, alcuni militari riuscirono a salvarsi e diffusero il cristianesimo nelle vallate alpine. Ottavio, Avventore e Solutore si rifugiarono a Torino: raggiunti da messi imperiali, i primi due furono forse trucidati dalle parti di Valdocco, il terzo nel Canavese. In onore di Maurizio, «primicerius» ossia comandante della Legione, il duca Amedeo VIII di Savoia (1383-1451) istituì l’omonimo ordine cavalleresco, poi unito da Emanuele Filiberto a quello di San Lazzaro. Gli storici successivi confuteranno la leggenda dei martiri tebei, ritenendola una reinterpretazione di antichi culti locali, forse con innesti di epoca pagana. Fra il popolino, tuttavia, permarrà il convincimento che l’opera di cristianizzazione nelle aree alpine del Piemonte debba molto a quei soldati dal naso mediterraneo e dai capelli scuri che erano venuti da una terra sconosciuta e lontana: l’Egitto.

IN FOTO lL Museo egizio ha sede nel palazzo costruito da Michelangelo Garove fra il 1679 e il 1690 per ospitare il Collegio dove i gesuiti educavano i rampolli del ducato di Savoia

IN FOTO lL Museo egizio ha sede nel palazzo costruito da Michelangelo Garove fra il 1679 e il 1690 per ospitare il Collegio dove i gesuiti educavano i rampolli del ducato di Savoia

La storia, com’è noto, non si ferma. Attorno alla metà del diciottesimo secolo, dal sito della romana Industria (Monteu da Po) alla quale accenna Plinio il Vecchio, cominciarono a emergere oggetti in bronzo che si richiamavano palesemente a culti isiaci. Scavi successivi consentiranno di attestare che esisteva, nella città sulla destra orografica del Po, un fiorente santuario in onore di Iside e Serapide. Quest’ultimo univa in sé elementi della religione greca e di quella egizia: pur derivando da Osiride-Api, infatti, veniva rappresentato come un vecchio barbuto, secondo i caratteri dell’arte ellenistica. Dagli scavi d’Industria sono emersi molti bronzetti votivi, fra cui i celebri torelli che si possono ammirare a Torino.

Nel capoluogo piemontese, il fascino dell’Egitto non mancò di contagiare esoteristi, parapsicologi e massoni. Alla terra del Nilo s’ispirano gli obelischi che furono innalzati in epoche diverse. Il più noto risale al 1853 e sorge al centro della piazza Savoia: ricorda la soppressione del foro ecclesiastico in seguito alle leggi che portano il nome del guardasigilli Giuseppe Siccardi. Quello nella piazza Crimea risale al 1892 e rende omaggio alle truppe piemontesi che parteciparono, fra il 1855 e il 1856, alla guerra d’Oriente. L’obelisco del largo Guglielmo Marconi ostenta una stella a cinque punte, il simbolo della massoneria: eretto nel 1873, rievoca i moti costituzionali scoppiati l’11 marzo 1821 nel borgo periferico di San Salvario.

Insomma, a Torino, dove esiste da due secoli il più antico museo interamente dedicato alla civiltà egizia, la terra dei faraoni appartiene alla storia e, soprattutto, alla mitologia della città. 

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IN FOTO L’obelisco al centro della torinese piazza Savoia risale al 1853

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