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Lo stiletto di Clio

1964: l'anno che sconvolse l'Italia. Settimo Torinese tra boom economico e crisi

È una storia di sessant’anni or sono, al tempo della più grave crisi valutaria che sconvolse la nostra penisola dopo la fine della seconda guerra mondiale

IN FOTO Anni Sessanta del ventesimo secolo, Settimo Torinese, la via Italia

IN FOTO Anni Sessanta del ventesimo secolo, Settimo Torinese, la via Italia

È una storia di sessant’anni or sono, al tempo della più grave crisi valutaria che sconvolse la nostra penisola dopo la fine della seconda guerra mondiale. A determinarla concorsero svariati fattori, non ultimi i conflitti di lavoro del biennio 1962-63, in un periodo di pieno impiego, e la conseguente crescita dei salari, mentre s’imponeva l’esigenza di una più equa distribuzione della ricchezza generata dagli italiani.

Si registrarono così una forte perdita di competitività dei prodotti nazionali e inquietanti movimenti speculativi.

Ad aggravare la crisi contribuì la fuga dei capitali all’estero in seguito alla nazionalizzazione dell’industria elettrica e all’esordio del primo governo di centrosinistra (il cosiddetto centrosinistra organico) sotto la presidenza del democristiano Aldo Moro (1916-1978). 

Volgeva al termine, in quel 1964, il «boom economico», cioè il processo che stava trasformando l’Italia in un moderno paese industrializzato, accompagnandosi a due notevoli fenomeni: le grandi migrazioni interne e il tumultuoso sviluppo demografico dei maggiori centri urbani nel triangolo Genova-Torino-Milano.

Per esemplificare, in un triennio, fra il 1961 e il 1964, gli abitanti di Settimo Torinese, città di fabbriche e officine fra le più ragguardevoli in Piemonte, erano saliti da 18.600 a 26.000, con un incremento del 40 per cento. La crescita delle retribuzioni fu decisamente superiore a quella della produttività: il dinamismo della domanda finì per generare ulteriori spinte al rincaro dei prodotti. Dal 4,7 per cento del 1963, l’inflazione salì al 7,5. Intanto la bilancia commerciale si chiudeva con un preoccupante disavanzo verso l’estero.

IN FOTO Settimo Torinese, le Acciaierie Cravetto in località Tre Ponti

IN FOTO Settimo Torinese, le Acciaierie Cravetto in località Tre Ponti

Nella capitale delle penna, la congiuntura del 1963-64 frenò la briosa crescita economica del recentissimo passato, evocando lo spettro della disoccupazione per tante famiglie operaie.

All’unanimità, nel marzo 1964, il consiglio comunale si dichiarò preoccupato per la «campagna allarmistica» in atto, ma ritenne contestualmente doveroso esprimere «piena solidarietà ai lavoratori [...] minacciati di licenziamento o colpiti da riduzioni di orario», essendo i timori tutt’altro che immaginari.

«Poiché il settore al centro della crisi economica è l’industria, Settimo Torinese [...] è tra le città più colpite dalla recessione, tenendo anche conto dei fattori di crisi che hanno» investito «l’artigianato, il commercio ed i servizi in genere», chiarì la giunta del sindaco socialista Ermanno Bonifetto (1923-1989) nel marzo dell’anno seguente, presentando la propria relazione programmatica. Per fronteggiare le conseguenze dell’inasprita crisi, il consiglio di amministrazione del patronato scolastico preventivò «somme notevoli» nel bilancio del 1964-65. Ma gli stanziamenti si riveleranno di gran lunga inadeguati, tant’è che si renderà necessaria un’integrazione media di circa il trenta per cento.

Nel marzo 1964 le pressioni sulla lira divennero assai aggressive, lasciando ventilare la possibilità che la moneta venisse svalutata. Quello stesso mese il consiglio comunale affrontò l’«esame della situazione economica e della occupazione» in Settimo.

L’assemblea cittadina non poté che farsi portavoce del profondo disagio serpeggiante fra le famiglie operaie e i commercianti a causa dell’«attacco ai livelli di occupazione ed agli orari dei lavoratori», denunciando altresì «il pericolo di un ulteriore aggravamento della situazione [...], stante gli orientamenti espressi dagli ambienti imprenditoriali». La chiusura delle fonderie Meroni determinò un’ottantina di licenziamenti; le acciaierie Cravetto, nel corso del 1965, misero centotrenta operai in cassa integrazione; 243 dipendenti delle Fonderie nuove si videro ridurre l’orario a trentadue ore settimanali, altri ventisette furono sospesi.

«Permane una forte contrazione nel settore dell’edilizia e va accentuandosi una contrazione nel settore dell’abbigliamento», comunicò Ernesto Romano, presidente del patronato scolastico di Settimo, al consorzio provinciale dei patronati.

Come si uscì dalla crisi?

La lira non fu svalutata, come molti avevano previsto. Persistendo l’inflazione e la fuga dei capitali, Guido Carli (1914-1993), il presidente della Banca d’Italia, attuò una rigida stretta creditizia. Per ridurre il deficit nella bilancia dei pagamenti e contrastare l’aumento dei prezzi, il governo intraprese una drastica politica deflazionisti. Ne derivarono tanto la compressione dei consumi quanto un minore potere contrattuale dei lavoratori. E finalmente la crisi ebbe termine. Anche a Settimo Torinese.

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