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Lo Stiletto di Clio
20 Febbraio 2024 - 22:02
IN FOTO Un trattore 25-30 HP a testa calda
Per il Codice della strada, i trattori sono «macchine a motore con o senza piano di carico»: muniti «di almeno due assi» ed «eventualmente» equipaggiati «con attrezzature portate o semiportate» che si considerano parte integrante del mezzo, servono a «tirare, spingere» e trasferire «prodotti agricoli e sostanze di uso agrario» come pure ad «azionare determinati strumenti».
Nel 2009, durante la protesta contro il decreto sulle quote del latte, i trattori giunsero ad assediare la villa di Silvio Berlusconi, in quel di Arcore, e la casa di Umberto Bossi, a Gemonio.
Quindici anni dopo, sono tornati protagonisti non soltanto in Italia, ma un po’ in tutt’Europa, dal Belgio alla Francia, dalla Germania alla Grecia.
Nel corso del ventesimo secolo, il trattore si è affermato quale simbolo dell’agricoltura o, meglio, della meccanizzazione agricola, le cui origini sono ben più antiche di quanto comunemente si pensi. Al Cinquecento, stando alle enciclopedie della vita rurale italiana, sembra risalire il primo modello di seminatrice automatica: messo a punto da Giovanni Cavallina, fu modificato dal gesuita bresciano Francesco Lana de Terzi, deceduto nel 1687. Importanti esperimenti si devono pure a Giuseppe Locatelli nella seconda metà del Seicento.
Il trattore, in modo particolare, rivoluzionò il lavoro nei campi. Sino ai primi decenni del ventesimo secolo, per quanto concerne l’area torinese, il continuo bisogno di manodopera salariata costituì un forte motivo di richiamo sia per le popolazioni del circondario sia per quelle delle aree subalpine economicamente depresse. Si legge in un documento del 1822 che si riferisce a Settimo Torinese: «Da sei anni [...] la popolazione è aumentata di circa centotrenta anime per motivo che molte povere famiglie forestiere si sono portate ad abitare [in Settimo], perché le grosse cassine somministrano loro il travaglio d’agricoltore per quasi tutto l’anno».
Nel medesimo documento sono brevemente illustrate le principali caratteristiche delle attività rurali in Settimo.
«La coltura del terreno – viene precisato – si opera con tutte le migliori diligenze e regole dell’agricoltura. Le arature si fanno per mezzo delle bestie bovine e giumenti, come cavalli e muli; i prati si letamano ogni tre anni. Il territorio intiero viene irrigato per la maggior parte dall’acqua della Bealera Nuova [...] e per una parte dai scoli delli territori di Leynì e Volpiano. Una gran parte del territorio si trova in affitto ed una parte si fa coltivare ad economia dei proprietari, anche col mezzo di così dette bovarie».
IN FOTO Pubblicità dei trattori a testa calda Landini
Grazie al trattore, in origine chiamato trattrice, tutto mutò. Il suo impiego fu principalmente presentato come un’opportunità per alleviare le fatiche dei contadini. L’abate e poeta francese Michel Quoist (1921-1997) gli dedicò persino una composizione in versi: «Marcia a fatica scuotendo il suo guscio pesante, / col naso in aria, trafelato, / tossendo a tempo, con la sua rauca tosse. / Imperturbabile, regolare, tira il suo carico. / Trascina quel che mille braccia non saprebbero smuovere. / Porta quel che mille mani umane non potrebbero sollevare».
Negli anni Venti dello scorso secolo, in realtà, non tutti potevano utilizzare i trattori, macchine piuttosto pesanti, non troppo dissimili dai carri d’assalto della prima guerra mondiale e assolutamente inadatti alle necessità di buona parte degli agricoltori, i cui campi presentavano estensioni troppo modeste per giustificare l’utilizzo di mezzi così ingombranti e poco maneggevoli. In tale contesto, a dire il vero, il trattore servì a sostituire la manodopera rurale che tendeva ad abbandonare i grandi tenimenti a motivo delle irresistibili spinte all’urbanizzazione.
A decretare il successo del trattore fu l’introduzione dei modelli con motore diesel monocilindrico a testa calda. Per metterli in moto occorreva scaldarne la calotta mediante una fiamma. La più nota azienda che produceva trattori a testa calda era la Landini, sorta a Fabbrico, in provincia di Reggio Emilia, verso la fine dell’Ottocento. Grandissimo successo ottennero i modelli 25-30 HP, 40 HP, Super Landini e Vélite.
«Il passato è come una lampada posta all’entrata dell’avvenire», sosteneva il filosofo e politico Félicité-Robert de La Mennais (1782-1854). Ieri il trattore rappresentava la rivoluzione agraria, oggi simboleggia la rivolta.
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