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Ivrea in Azione

C’erano una volta le “Frattocchie”... e i comunisti

Le deleghe non sono una collezione e ognuna di esse dovrebbe rappresentare pezzi di vita e speranze dei cittadini

Le Frattocchie

Le Frattocchie

Durante il periodo fascista, la scuola di formazione della classe dirigente comunista fu il carcere. Dopo la liberazione il PCI conservò nel dna l’idea di formare sistematicamente i funzionari di partito.

Bisognava aprire una sezione ovunque ci fosse una chiesa, questa la sfida per conquistare l’elettorato inserendosi con prepotenza fra le organizzazioni cattoliche. Per farlo non bastavano i soldi di Mosca, erano indispensabili le persone indottrinate. Da questi obiettivi e questa visione nasce nel 1944 la scuola di formazione del partito. Fu Palmiro Togliatti a darle impulso dedicandola al terribile Andrej Aleksandrovic Zdanov, custode dell’ortodossia bolscevica, conosciuto per le sue epurazioni contro i piccoli borghesi.

La scuola denominata “le Frattocchie” aveva il compito di formare mente e spirito dei futuri dirigenti comunisti. Prima di assorbire conoscenze e nozioni, tutti gli studenti dovevano redimersi. Niente ambizioni personali, nulla che riguardasse la vita privata poteva entrare  in conflitto con la visione formativa della scuola. Le loro vite venivano scavate con spietatezza e, prima di entrare, si dovevano confessare i propri difetti e le tentazioni verso cose che il comunismo combatteva. In una parola: purificazione. 

Solo negli anni 50 le donne furono ammesse alle Frattocchie con un rito d’ingresso particolarmente doloroso che entrava con prepotenza nella loro femminilità senza debolezze e con domande imbarazzanti e violente.

In generale, lo svago a scuola era ridotto al minimo.

Questo è un po’ il sunto di un libro che ho letto recentemente e che riguarda la nuova classe dirigente e il passato.

Mi ha colpito molto, perché dopo 70 anni, non parliamo di mille anni, è cambiato tutto. Oggi non esiste più la temibile scuola che formava quadri e dirigenti, finanziata con i soldi di Mosca, ma non esiste più alcuna scuola politica né da una parte ancor peggio dall’altra. C’è il capo politico, il leader indiscusso e i vari dirigenti che vanno avanti a colpi di tesseramento. Null’altro! 

Non esiste una scuola politica, di partito e non esiste una scuola per fare l’assessore, né tanto meno il consigliere comunale. Si danno le deleghe in funzione dei precedenti accordi, senza capire se effettivamente la persona sia adeguata, che visione abbia e cosa intende fare. Ogni cosa viene fatta a sentimento, considerando solo aspetti ideologici e clientelari. Non è importante se ciò che stai facendo è giusto. E’ più importante distinguersi da chi ti ha preceduto e fare l’esatto contrario.

A tal proposito, la politica oggi guarda principalmente a “chi sei” e “con chi stai”, il resto non importa, se non hai idee e non proponi nulla è meglio. Resta l’amministrazione della cosa pubblica spicciola, locale, che si fa con i compagni di bocce e di Pro loco, senza alcuna considerazione per la crescita e lo sviluppo di un territorio. Ci vorrebbe più dialettica, più apertura mentale e amministratori meno permalosi e capaci di riconoscere in un punto di vista differente, una risorsa e non un ostacolo. 

Ivrea è una città magica, lo sarà ancor di più quando la classe politica inizierà ad apprezzare il confronto senza storcere il naso.

Detto questo, anche se la temibile scuola politica del passato non esiste più, un minimo di formazione, soprattutto per chi è al governo ci vorrebbe. Le deleghe non sono una collezione e ognuna di esse dovrebbe rappresentare pezzi di vita e speranze dei cittadini. 

Il prezzo di un assessore inadeguato lo paghiamo tutti! Ciao!!

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