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Quelli delle case popolari

Ci ha lasciato questa settimana Salvatore Patorno

Salvatore Patorno

Salvatore Patorno

SETTIMO TORINESE. Ci ha lasciato questa settimana Salvatore Patorno, un esponente di primo piano di quel mondo fatto da migliaia di persone, di cittadini settimesi, spesso catalogati, e non di rado isolati, dalla politica e dai media come “quelli delle case popolari”.

All’inizio del ‘900 furono le case Giolitti, nel dopo guerra erano le INA case, poi le case Fanfani in omaggio a chi aveva firmato il piano casa. Poi vennero le GESCAL (pagate con i contributi versati dai lavoratori), in seguito i lavoratori continuarono a pagare ma di case per loro se ne fecero sempre meno. Gli sfratti aumentavano e le case inabitabili anche. Arrivarono quindi la Legge 25/80 e la Legge 94/82.

Nell’area metropolitana di Torino Settimo Torinese, con Nichelino, fu la città con la più alta concentrazione di case popolari di edilizia residenziale pubblica. Le Giunte di sinistra che si erano susseguite dagli anni 60 agli anni 90 dovettero affrontare gli effetti dell’immigrazione, che aveva triplicato in pochissimi anni i residenti (da poco più di 15.000 a poco più di 45.000). L’emergenza abitativa era drammatica e migliaia erano le famiglie in cerca di un’abitazione in affitto. 

Salvatore Patorno (2014)

Foto archivio Anno 2014

Un altro pezzo di storia vera della città se ne è andato. 

In silenzio, senza disturbare come sempre faceva lui. Salvatore Patorno era un esponente di spicco del periodo dei comitati inquilini.  Assieme ai Di Rienzo, ai Sanfilippo, e ad altri componenti dei comitati spontanei hanno garantito la crescita sostenibile e solidale di quartieri con carichi sociali enormi.

Umanità e solidarietà erano le caratteristiche che Salvatore sapeva mettere in campo per dirimere le controversie che spesso nascono nei luoghi dove il disagio sociale è alto e sostenere le ragioni delle situazioni più deboli e bisognose di aiuto.

L’autorevolezza e la credibilità che godeva nel suo quartiere gli derivava dall’esperienza e dalla capacità di cercare la soluzione ai tanti problemi che gli venivano posti e di predicare rispetto e moderazione sapientemente mischiati a determinazione e perseveranza.

Ricordo di lui il periodo in cui si era inventato la “casa dei poveri” e il presidio della piazza della Libertà. Ogni giorno accompagnava in Comune o dalle assistenti sociali persone e storie di disagio bisognose di interventi sociali. Ricordo che, dopo oltre un mese, il presidio si concluse con un brindisi in piazza e gli auguri di Natale. Mai un’intemperanza o un accenno di violenza. Solo la determinazione di chi voleva essere ascoltato e ricevere sostegno e aiuto dalle istituzioni.

L’orgoglio con il quale parlava della sua esperienza di lavoratore in CEAT, o del servizio militare in marina, non era vanità ma rivendicazione del suo passato di immigrato palermitano. Prima iscritto al PCI, divenne poi socialista ma l’appartenenza politica, che pure non nascondeva, non gli impedì mai di essere amico di tutti, di svolgere quel prezioso servizio di segretariato sociale a beneficio di tutti.

 Non sono buoni solo quando si tratta di chiedere il loro voto ma devono tornare ad essere cittadini, ascoltati e aiutati da una sinistra che voglia tornare ad essere popolare.

Spesso cercava da noi aiuto per i suoi casi “disperati”. Cercava solidarietà, consigli, sostegno per poter far valere le ragioni di chi aveva problemi e si era rivolto a lui, presso l’Istituto Case Popolari, o presso il Comune di Torino o di Settimo, i servizi sociali, l’INPS, gli Istituti Bancari, la Regione Piemonte.

Ricordo le decine di riunioni promosse dai Comitati Inquilini negli scantinati di via Don Gnocchi, Corso Piemonte o via Foglizzo, alle quali lui era sempre presente. Con me, l’ex Sindaco Fenoglio, il consigliere provinciale Bisacca o l’assessore alla casa del Comune di Torino Roberto Tricarico.

Ricordo le richieste di manutenzioni straordinarie prima per i tetti, poi per le facciate e le fognature. Ricordo le tante battaglie, alcune vinte, per dare stabilità e decoro al quartiere e poi le opere pubbliche realizzate dalla Giunta Ossola – Bisacca con la realizzazione del parco Lama e dalla mia Amministrazione con la realizzazione del punto di incontro (lo chalet) e dei giochi bimbi.  

In tutti questi fatti vivrà il ricordo di Salvatore Patorno che ci ha lasciato troppo presto. Mi auguro che altri sapranno svolgere il ruolo di coesione che lui aveva saputo interpretare ma so che non sarà facile.

Voglio fare le sincere condoglianze e dare un commosso abbraccio a tutta la sua famiglia, ai suoi amici e ai suoi affetti più cari e la promessa di continuare, in memoria di Salvatore e delle tante persone che hanno con umiltà lavorato per gli altri in un ambiente difficile e carico di problematiche sociali, a dare una mano e sostenere il lavoro di chi vorrà proseguire quell’impegno.

Perché “quelli delle case popolari” non sono buoni solo quando si tratta di chiedere il loro voto ma devono tornare ad essere cittadini, ascoltati e aiutati da una sinistra che voglia tornare ad essere popolare.

L’esempio di Salvatore Patorno ci dice che questo è possibile.

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