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Carnevale di Ivrea
27 Gennaio 2025 - 16:21
Era il 1963 quando, nel cuore del Rione della Croazia – oggi conosciuto come Rione del Borghetto – un gruppo di amici decise che era giunto il momento di fare qualcosa di grande. L’idea partì da Enrico Piatti e Davide Tirassa, due giovani visionari che condividevano una passione per il Carnevale di Ivrea e un profondo legame con il loro quartiere. Fino ad allora, tiravano arance con tute da lavoro e frutti portati da casa, ma non era abbastanza. Il Borghetto, pensavano, meritava molto di più. Meritava di essere ammirato e rispettato, di avere un’identità forte, riconoscibile.
In poche settimane, radunarono amici e conoscenti, condividendo l’entusiasmo per l’idea di fondare una squadra. Nonostante l’entusiasmo, però, il tempo giocava contro di loro: con l’edizione del Carnevale del 1964 ormai alle porte, si resero conto che non c’era modo di realizzare delle divise vere e proprie. Fu allora che Mario Piatti, padre di Enrico, ebbe un’intuizione geniale. Disegnò un corvo nero, simbolo del Rione della Croazia, e lo fece cucire sulle schiene delle tute da lavoro. Un gesto semplice, ma carico di significato, che diede vita ai Corvi della Croazia, il nome con cui quella banda di amici si presentò al Carnevale.
I pionieri di questa avventura, i primi aranceri del Borghetto, furono uomini dai volti e dai nomi che oggi appartengono alla storia: Antonio Pozza, Giorgio Colombo, Pierino Sardaro, Giorgio Dametto, Franco Ramella, Riccardo Giavon, Dino Giavon, Giuseppe Peguri, Walter Totaro, Roberto Bertolo, Roberto Pozzato, Aleardo Pozzato, Luciano Vanni, Settimo Sacuman, Luciano Stabile, Paolo Filippetto, Bruno Peretti, Ezio Martinetti, Gianardo Pistono, Sergio Bonesso, Franco Camisasca, Vincenzo Cabasuro e Adriano Moroni. Ognuno di loro, con poche risorse ma un entusiasmo contagioso, contribuì a dare al Borghetto una voce, una presenza che da quel momento non avrebbe più abbandonato il Carnevale di Ivrea.
Il 1965 segnò una tappa fondamentale per la squadra. I Corvi della Croazia decisero di evolversi, di assumere un’identità più radicata nella storia del Canavese. Scelsero il nome di Tuchini del Borghetto, un omaggio al Tuchinaggio, la rivolta contadina del XIV secolo che vide le comunità locali ribellarsi contro i feudatari di San Martino e Valperga. “Tuchini” era il nome con cui i ribelli si identificavano, mentre il loro motto “Tucc’un”, ovvero “tutti per uno”, rappresentava perfettamente lo spirito di un gruppo che si batteva unito per un obiettivo comune. L’aggiunta “del Borghetto” fu una dichiarazione d’amore per il loro quartiere, un legame indissolubile con la riva destra della Dora Baltea, l’unica a essere rappresentata nel Carnevale.
La squadra non era solo un gruppo di aranceri: era una comunità, una famiglia. Gli aranceri non si limitavano a tirare arance; costruivano relazioni, legami che andavano oltre il Carnevale. Amicizie, storie di vita, momenti indimenticabili si intrecciavano tra le vie del Borghetto, trasformando ogni incontro in una celebrazione dello spirito di appartenenza. Ogni anno, le casacche rossoverdi riempivano la piazza, tutte diverse ma accomunate dal simbolo del corvo nero. Era impossibile non rimanere colpiti dall’energia e dalla passione che sprigionavano quegli aranceri.
Oggi, i Tuchini del Borghetto sono una presenza inconfondibile, simbolo di resilienza e orgoglio. La loro sede, nel cuore del rione, e la loro piazza di tiro sono molto più che semplici spazi fisici: sono il cuore pulsante di una tradizione che unisce generazioni. Non è un caso che sul loro sito ufficiale campeggi una frase che sintetizza perfettamente il loro spirito: “Chi siete voi? Noi siamo questi, siamo i Tuchini del Borghetto, quelli della riva destra. Quella giusta, per intenderci”.
Alla guida dei Tuchini c’è oggi Eval Gusta, che ha raccolto l’eredità di Luca Guglielmini, storico presidente dal 2015 al 2021. Insieme a lui, un gruppo dirigente giovane e motivato lavora con passione per custodire questa straordinaria tradizione: Matteo Violante, Davide Barengo, Marco De Sandre, Daniele Monti, Francesco Rossi, Alessio Tedesco, Beatrice Novello, Niccolò Galeotti e Andrea Pozzo sono i volti che assicurano il futuro della squadra, mantenendo vivo il legame con il passato e proiettandolo verso le nuove generazioni.
Ogni anno, quando il Carnevale prende vita, la riva destra della Dora Baltea si trasforma in un teatro di emozioni. Gli aranceri dei Tuchini combattono con energia, ricordando a tutti il valore della loro storia e del loro motto. L’atmosfera è unica: le arance che volano, i cori che risuonano nell’aria, i volti che si illuminano di entusiasmo. È la celebrazione di un’identità che non conosce cedimenti, di una tradizione che resiste al passare del tempo.
E allora sì, fermatevi, battete le mani, lasciatevi trasportare dall’energia di quella piazza. Perché lì, nel cuore del Borghetto, ci sono i Tuchini, che scrivono ogni anno una nuova pagina di una storia fatta di passione, tradizione e amore per la propria comunità. Insomma, una storia che non smetterà mai di emozionare.
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