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Caos alla Knesset durante il discorso di Trump: due deputati dissidenti urlano "genocidio" (VIDEO)

Due deputati espulsi per aver protestato sul genocidio a Gaza. Il presidente elogia Netanyahu: "Hai fatto un ottimo lavoro"

Caos e tensione alla Knesset, il Parlamento israeliano, oggi durante il lungo discorso del presidente statunitense Donald Trump, accolto con applausi e contestazioni. Due deputati della sinistra israeliana, Ayman Odeh e Ofer Cassif (Hadash–Ta’al), sono stati espulsi dall’aula dopo aver esposto un cartello con la scritta “Riconoscere la Palestina” e la parola “genocidio”.

Il gesto, accompagnato da slogan di protesta, ha scatenato urla e insulti tra i banchi. Il presidente del Parlamento, Amir Ohana, ha ordinato l’immediato allontanamento dei due parlamentari, mentre Trump, interrotto per alcuni minuti, ha ripreso il suo intervento con un sorriso ironico: «Sono stati molto efficienti».

Il momento più controverso è arrivato poco dopo, quando il presidente americano – rivolgendosi al premier Benjamin Netanyahu – ha detto: «Hai fatto un ottimo lavoro», tra gli applausi della maggioranza. Una frase che, alla luce del genocidio riconosciuto dalle Nazioni Unite nella Striscia di Gaza, suona come un appoggio implicito alla politica militare israeliana e ha suscitato sdegno internazionale.

Su X, il deputato comunista Ofer Cassif ha rivendicato il suo gesto: «Sono stato espulso semplicemente per aver chiesto ciò che chiede la comunità internazionale: il riconoscimento dello Stato palestinese». Cassif, già protagonista di proteste simili, era stato sospeso in agosto per aver denunciato in Aula le responsabilità del governo nel “massacro di Gaza”.

Ayman Odeh, leader della minoranza araba israeliana, ha definito l’intervento di Trump «una passerella di propaganda sulla pelle del popolo palestinese». Entrambi i parlamentari hanno ricevuto messaggi di solidarietà da attivisti e organizzazioni per i diritti umani, che parlano di “democrazia israeliana ridotta al silenzio”.

Intanto, le immagini dell’espulsione circolano in tutto il mondo, simbolo di un Paese sempre più lacerato tra consenso militare e dissenso civile, mentre Gaza – devastata dai bombardamenti – resta ancora una ferita aperta.

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