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Cronaca
19 Settembre 2025 - 19:20
Favria, sera del 18 settembre. Pochi minuti prima delle 22, la tranquillità del centro storico viene squarciata dal fragore di nove colpi di pistola. In corso Matteotti, a una manciata di metri dal Municipio, quattro uomini scendono da un’auto e aprono il fuoco contro Giovanni D’Angelo, 63 anni, pensionato ed ex dipendente della Teknoservice, originario di Polizzi Generosa, in provincia di Palermo. Accanto a lui, nel cortile di casa, c’è il figlio Giuseppe, 29 anni, che rimane miracolosamente illeso.
È un agguato in piena regola, consumato a volto scoperto, con la sfacciataggine di chi non teme le telecamere né i testimoni. Tre proiettili raggiungono D’Angelo: uno al volto, uno a una gamba, un altro all’addome. Le sue condizioni appaiono subito disperate. La moglie e il figlio lo caricano in auto e lo trasportano al pronto soccorso di Cuorgnè. I medici, valutata la gravità della situazione, dispongono immediatamente il trasferimento in elisoccorso alle Molinette di Torino. Qui entra in sala operatoria per un intervento chirurgico lungo e complesso: la prognosi resta riservata, la vita dell’uomo appesa a un filo.
L’azione criminale non sfugge agli occhi elettronici. Le telecamere comunali e quelle private dell’abitazione riprendono l’intera sequenza: dall’arrivo del commando fino alla fuga precipitosa a bordo dell’auto. È proprio da quelle immagini che partono le indagini dei carabinieri della Compagnia di Ivrea, guidati dal capitano Armir Gjeci, con il supporto del Reparto Operativo di Torino e dei cinofili di Volpiano, sotto il coordinamento della Procura eporediese.

La risposta investigativa è immediata. Acquisizione dei filmati, raccolta di testimonianze, controllo serrato del territorio: in poche ore gli investigatori incrociano dati, elementi e segnalazioni. Nel giro di tre ore la squadra stringe il cerchio attorno ai sospetti. I carabinieri individuano i responsabili nelle loro abitazioni e fanno scattare i fermi.
In carcere finiscono Pasquale Colosimo, 54 anni, di Rivarolo, considerato l’autore materiale degli spari; i figli Gilberto, 35 anni, residente a Favria, e Alessandro, 29, di Rivarolo; e Andrea Racco, 40 anni, anch’egli di Rivarolo. Tutti italiani, tutti già noti alle forze dell’ordine. Le accuse sono pesanti: tentato omicidio e detenzione abusiva di armi.
Durante le perquisizioni a casa di Colosimo, i militari trovano un vero e proprio arsenale: tre pistole cariche e perfettamente funzionanti, che confermano la natura premeditata e tutt’altro che improvvisata dell’agguato. Un altro paio di armi vengono recuperate in seguito e saranno sottoposte ad analisi balistica.
Quanto al movente, la Procura esclude collegamenti con organizzazioni criminali o con traffici illeciti. Dietro la sparatoria si celerebbero invece rancori personali e tensioni familiari stratificate nel tempo. Contrasti quasi decennali tra i due nuclei, mai del tutto sopiti, che si sarebbero riaccesi negli ultimi mesi. Prima una lite tra i figli dei capifamiglia, poi atti vandalici e nuovi screzi: una spirale di ostilità che, inspiegabilmente, è degenerata fino a trasformarsi in una vera e propria spedizione armata.
Gli investigatori stanno ora lavorando per definire con esattezza la dinamica dei fatti, cristallizzare la sequenza temporale dell’agguato e chiarire i ruoli di ciascun componente del commando. La Procura di Ivrea non esclude ulteriori sviluppi, anche alla luce delle armi sequestrate e dei rapporti burrascosi che da anni avvelenavano le relazioni tra le due famiglie.
Di certo, la sera del 18 settembre resterà impressa nella memoria di Favria. Un paese abituato a silenzi e routine di provincia, che si è improvvisamente trovato trasformato in teatro di una scena da regolamento di conti: nove colpi di pistola sparati a due passi dal Municipio, sotto gli occhi delle telecamere. .
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