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Cronaca
09 Aprile 2025 - 18:58
“Mio fratello è morto la prima volta il 23 maggio 2018. Oggi, 9 aprile 2025, è morto per la seconda volta.”
La voce di Maria Antonietta Madau è un colpo secco, una ferita che si riapre in un’aula che avrebbe dovuto offrire giustizia. E che invece, per lei, ha solo aggiunto dolore al dolore.
Sette anni fa, alle 23:15, un treno regionale in corsa tra Ivrea e Torino si schiantò contro un trasporto eccezionale fermo sui binari ad Arè di Caluso. Morirono in due: il macchinista, Roberto Madau, e uno degli autisti del convoglio. Ventitré persone rimasero ferite. Un impatto devastante, cinque milioni di euro di danni, un’Italia che si svegliò con l’eco del metallo contorto e la domanda sospesa: “Com’è potuto accadere?”
Oggi, quel lungo processo ha conosciuto il suo primo epilogo. Il Tribunale di Ivrea ha condannato Darius Zujius, l’autista del mezzo pesante che causò il disastro, a due anni di reclusione (pena sospesa). Ma ha assolto con formula piena Wolfgang Oberhofer, il “dominus” del trasporto eccezionale, “per non aver commesso il fatto”.
“Non c’è giustizia. La legge è uguale per tutti? No. È giustizia amministrata in nome del popolo, ma non per la signora Madau. Assolutissimamente no.”
Maria Antonietta scuote la testa, le lacrime asciutte, lo sguardo che buca l’aria. La sentenza per lei non è solo una formula giuridica: è una “pugnalata”.
“Mio fratello è morto il 23 maggio 2018 alle 23:18. E oggi, 9 aprile 2025, è morto per la seconda volta. Ed è dura. Dura da accettare. Dura da sopportare.”
Ha sempre partecipato a tutte le udienze. “Glielo dovevamo”, dice. Per onorare quei 40 anni di lavoro del fratello, vissuti “sempre da persona seria, leale, in gamba”. Eppure, oggi si ritrova senza più parole e senza più illusioni.
“Mai me lo sarei aspettato. Mai. Mai. Mai. Mai. E se questo è il primo grado… cosa mi devo aspettare dall’appello? Dalla Cassazione? Anni duri. Lunghi. Ingiusti.”
Maria Antonietta Madau con il marito, Massimo Vedelago e il figlio Mauro
La voce si rompe solo quando nomina la famiglia. Il marito, Massimo Vedelago. Il figlio Mauro. “Piangiamo tutti i giorni la sua perdita. E oggi, piangiamo di nuovo. Perché in questo processo ci sentiamo abbandonati.”
Per l’avvocata Eloisa Nardella, legale della famiglia Madau, c’è comunque una responsabilità accertata:
“È stata riconosciuta una cooperazione colposa. C’è un responsabile civile, l’assicurazione è stata allertata. Ora si apre la fase della provvisionale. Ma se devo dire che sono soddisfatta? No. Non lo sono.”
Secondo la difesa della famiglia, il risultato è “al 90% positivo”. Ma quel 10% che manca, per chi ha perso un fratello, è tutto. Perché Oberhofer – l’amministratore delegato della ditta incaricata di organizzare quel trasporto eccezionale – oggi esce dal tribunale senza macchia. I giudici hanno disposto anche la restituzione dei beni sequestrati.
La Procura, rappresentata dalla dottoressa Gabriella Viglione, prende tempo: “Aspettiamo le motivazioni. Valuteremo se ricorrere in appello.”
Nel frattempo, il Tribunale ha stabilito risarcimenti provvisori alle parti civili: Maria Antonietta riceverà 118.000 euro. Una cifra che non consola.
“Io voglio giustizia per mio fratello. I soldi? Sì, era l’unica via questa. Ma lui non tornerà più.”
Il dolore si misura in passi. E Maria Antonietta ne ha fatti tanti. Tutti pesanti. “Non auguro a nessuno di indossare le mie scarpe. Stanno strette a me, figuriamoci agli altri. Nessun fratello, nessuna sorella, nessun papà, nessuna mamma dovrebbe soffrire quanto stiamo soffrendo noi.”
Nel silenzio dell’aula che si svuota, resta solo il suono di quella notte, fermo alle 23:15. E la sensazione che la giustizia, almeno la famiglia di una delle vittime, abbia perso il treno.
L'avvocata Eloisa Nardella, difensore di parte civile per la famiglia Madau
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