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Torino, il collettivo studentesco irrompe al Rettorato: "Unito, rompi con Israele" (VIDEO)

Alcuni attivisti del collettivo Cambiare Rotta interrompono il Senato accademico e chiedono il riconoscimento ufficiale del genocidio in corso a Gaza

Questa mattina, 23 settembre, il Rettorato dell’Università di Torino è stato teatro di una protesta che ha interrotto la seduta del Senato accademico: una decina di studenti del collettivo Cambiare Rotta sono entrati in assemblea per chiedere il voto di una mozione che impegni UniTo a «rompere tutti gli accordi con lo Stato di Israele e con le aziende belliche» e a riconoscere il genocidio in Palestina.

Dopo la massiccia mobilitazione di ieri legata allo sciopero generale per Gaza, la mobilitazione pro-Palestina è proseguita oggi all’interno dell’ateneo torinese. Intorno all’orario di apertura dei lavori, una decina di attivisti del collettivo studentesco Cambiare Rotta ha interrotto la seduta del Senato accademico nel Rettorato di via Po, consegnando ai senatori una richiesta netta e formale: prendere «una posizione concreta contro lo Stato di Israele» tramite l’approvazione di una mozione che denunci «le gravi violazioni dei diritti umani» e che chieda la rottura degli accordi con il governo israeliano e con le aziende operanti nel settore bellico.

Nel testo della mozione — così come l’hanno esposto gli studenti — si chiede che l’ateneo prenda posizione «di fronte al perdurare dell’azione militare di Israele nella Striscia di Gaza e al piano di occupazione di Gaza City», impegnandosi a unirsi «agli atenei italiani e internazionali nella denuncia delle gravi violazioni dei diritti umani, tra cui l’uso della fame in una guerra di sterminio dalle conseguenze catastrofiche». Dallo stabile, i manifestanti hanno calato uno striscione visibile da uno dei balconi con la scritta «Dallo sciopero al Senato, UniTo rompi con lo Stato di Israele! Cambiare Rotta», mentre alcuni attivisti si sono disposti in presidio, in attesa di una risposta ufficiale dal Senato.

Il movimento studentesco durante la protesta di ieri

I promotori della protesta hanno ribadito più volte la necessità di un atto formale: non una semplice dichiarazione simbolica, ma un voto che traduca le richieste in impegni concreti dell’università. Gli studenti hanno chiesto altresì che UniTo «ripudi l’uso della violenza in ogni sua forma», sostenendo che la giustificazione dell’autodifesa non possa legittimare azioni tali da far ricorrere, a loro avviso, il termine genocidio. Gli attivisti restano in presidio e hanno espresso la volontà di attendere l’esito del confronto con i rappresentanti accademici.

La modalità dell’azione — entrare nel Senato accademico e sollecitare un voto formale — inserisce la protesta studentesca nel solco delle mobilitazioni universitarie contemporanee, che mirano a trasformare le piazze in luoghi di pressione sulle istituzioni culturali e scientifiche. La giornata ripropone, in piccolo, il dibattito nazionale sulle relazioni che le università intrattengono con istituzioni e enti esterni: da un lato la richiesta di trasparenza e coerenza etica da parte degli studenti; dall’altro la responsabilità delle istituzioni accademiche nel bilanciare libertà di espressione, autonomia scientifica e relazioni internazionali.

Ora il compito formale spetta ai vertici dell’Ateneo: valutare se iscrivere la mozione all’ordine del giorno e procedere eventualmente al voto del Senato accademico, oppure rinviare la questione alle sedi competenti. Qualunque decisione sarà inevitabilmente letta alla luce del clima di mobilitazione che ha attraversato la città nelle ultime ore, e sarà osservata con attenzione dalle altre realtà universitarie che, in Italia, stanno vivendo pressioni e richieste analoghe.

La vicenda è destinata a evolversi nelle prossime ore e giorni tra possibili interlocuzioni istituzionali, richieste di incontro e momenti di dibattito pubblico: resta aperto il confronto sul ruolo che le università devono assumere, se come luoghi neutrali di studio e ricerca o come attori che prendono posizione su questioni internazionali di forte impatto morale e politico.

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