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Attualià
28 Agosto 2025 - 12:28
La montagna, per chi ci vive davvero, non è solo un paesaggio da cartolina. È fatica, sacrificio, ma anche una passione che resiste nonostante le difficoltà. È così per Daniele Troglia Gamba e per suo figlio Davide, che in Val Grande di Lanzo portano avanti la tradizione dell’allevamento di pecore, cercando di convivere con un predatore tornato ormai stabilmente sulle Alpi: il lupo.
Nel servizio realizzato da Coldiretti e dal quale nasce questo articolo, Daniele lo racconta con parole semplici e dirette: “Abbiamo le capre, le pecore. Una passione che ci porta a pulire i pascoli, a migliorare i terreni. La passione più grande, però, è di mio figlio Davide: a lui piace ancora di più andare al pascolo con le pecore, è sempre lui che le segue”.
Il gregge vive la propria quotidianità come sempre, cercando riparo dal sole ammucchiandosi vicino alle pietre. Ma la vita in alpeggio non è più quella di venticinque anni fa. “Allora le lasciavamo libere sulle punte, nei posti più belli e con l’erba migliore. Oggi non è più possibile: dobbiamo tenerle chiuse di notte per paura del lupo, portarle a pascolare ogni giorno, star sempre dietro loro. Così non è più soltanto una passione, è un lavoro vero”.
Il ricordo di quel 9 settembre, ormai più di dieci anni fa, è ancora vivido. “Avevo lasciato le pecore sole vicino alle mucche, come facevo sempre. C’era la nebbia, io ero andato a casa a pranzo. Poi ho sentito il rumore delle campane correre, un frastuono. Sono tornato e ho visto solo i danni: pecore dappertutto, alcune già morte, altre rovinate. È stata una scena terribile, senza nemmeno vedere il lupo, solo i segni del suo passaggio”.
Quel giorno le perdite furono pesanti: 13 pecore uccise, altre ferite, qualcuna destinata ad essere soppressa. “Il veterinario ci disse che c’erano anche i cuccioli, che la madre insegnava a predare. Non era facile da accettare. Mi aveva demoralizzato, lo ammetto. Ho pensato di smettere, ma poi è stato Davide con la sua passione a farmi continuare”.
Da allora le cose sono cambiate. I recinti elettrici, la vigilanza costante, i cani da guardiania come Ringo, sono diventati parte integrante del lavoro. “Speriamo che servano a spaventarlo un po’, perché non sappiamo mai che reazione può avere il lupo. Finora non è mai successo che Ringo dovesse intervenire, ma la paura c’è sempre”.
Davide, che della passione ha fatto la sua vita, non si scoraggia: “A me le pecore piacciono, è quello che voglio fare. Però bisogna essere sempre presenti, non puoi lasciarle mai sole. È diverso da come raccontava papà dei tempi passati, ma questa è la realtà con cui conviviamo oggi”.
E proprio il termine “convivenza” torna spesso nei discorsi di Daniele: “Io il lupo non l’avevo mai visto. Poi l’altra mattina, mentre andavamo a vedere le manze, me lo sono trovato davanti sulla strada. Una volta vedevo solo i danni, ora l’ho visto davvero. Dobbiamo convivere, sperando di rispettarci a vicenda”.
La storia di Daniele e Davide non è isolata. Il ritorno del lupo sulle Alpi è ormai un dato di fatto. In Valli di Lanzo, come nel vicino Canavese, i casi di predazione sono stati registrati più volte negli ultimi anni. L’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) stima che in Piemonte ci siano circa 400 lupi distribuiti in oltre 60 branchi, con una presenza stabile anche nelle zone montane torinesi.
Un lupo avvistato in pianura lungo il muro di cinta del Parco della Mandria
Le politiche europee e italiane di tutela della specie, che hanno favorito il ripopolamento, hanno sì permesso al lupo di tornare in territori da cui era scomparso, ma hanno anche riaperto conflitti antichi con pastori e allevatori. I contributi per i recinti e i cani da guardia aiutano, ma non sempre bastano a compensare le perdite e il carico di lavoro supplementare.
In Canavese si sono registrati negli ultimi anni episodi gravi: nel 2022, ad esempio, predazioni a pecore e vitelli nelle zone tra Ceresole Reale e Locana; in Val di Viù, pecore attaccate fino alle porte del paese; e ancora avvistamenti nelle zone pedemontane tra Lanzo, Balangero e Cantoira. Segnali di una presenza ormai stabile, che costringe chi vive di pastorizia a un equilibrio precario, fatto di paura e resilienza quotidiana.
La domanda resta aperta: come conciliare la tutela di una specie protetta con il diritto a lavorare in sicurezza di chi vive la montagna ogni giorno? Daniele e Davide intanto continuano la loro vita in alpeggio, tra recinti, campane e il fedele Ringo, cercando di far convivere la passione per le pecore con la consapevolezza che il lupo, ormai, è tornato per restare.
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