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Rivara
18 Novembre 2023 - 18:17
Gli amici erano la famiglia che Davide si era scelto. E quell'enorme famiglia, oggi, era con lui per quell'ultimo saluto che nessuno avrebbe voluto dargli.
Davide Paludetto non se n'è andato da solo nonostante non avesse più i genitori a piangerlo, né fratelli, né sorelle. E in quell'abbraccio collettivo di questa mattina c'erano tutti gli affetti di cui si è circondato nei suoi 53 anni di vita vissuti al massimo.
Lacrime e abbracci diluiti tra le note delle canzoni che aveva amato, tra qualche calice di prosecco, nell'atrio del Castello di Rivara trasformato dal parte Franz in Museo di Arte Contemporanea. In quell'ala diventata abitazione molti anni prima, Davide aveva scelto di vivere, lontano dalle luci e dai portici di Piazza Vittorio, da quella Torino in cui era nato e cresciuto e dalla quale, probabilmente, non si era mai staccato.
Davide con il padre Franz Paludetto
La sua infanzia, la sua adolescenza, al civico numero uno, ultimo piano, interno cortile. Come vicino, lo scrittore Franco Lucentini. Sotto i portici, la Pizzeria Da Michele, fondata nel 1922 dai nonni materni di Davide.
"La mattina che Lucentini si è suicidato lanciandosi dalla tromba delle scale, la mamma di Davide, Mirella Vendrame, era in casa, è stata tra le prime ad accorrere". Era il 5 agosto del 2002, Davide all'epoca aveva 32 anni ed una vita propria, lontano da quell'appartamento in cui tornava solo per andare a trovare la mamma cui era molto legato.
A raccontarlo è Tea Barbieri, 92 anni, amica intima della mamma di Davide che al funerale non è voluta mancare, accompagnata dal figlio Valerio Ferrario, venuto appositamente da Milano.
Tea è arrivata nella camera ardente con passo sicuro, appoggiata al suo bastone. Si è avvicinata al feretro ricoperto di rose arancio, il colore dei frutti dell'autunno. Quell'ultimo bacio al bambino che ha visto nascere e che le era rimasto affezionato nonostante le strade della vita che portano lontano. Poi si è seduta in un angolo per quell'ultima preghiera prima del funerale.
"Mirella aveva conosciuto Franco (Franz Paludetto, Ndr) in una sala da ballo a Torino negli anni della gioventù - racconta Tea Barbieri -. Il suo, un grande, grandissimo amore, folle, sconsiderato. Aveva sofferto molto per le scelte di quell'uomo così intemperante. Lei, così tranquilla, così posata. Lavoravamo insieme all'Azienda Elettrica Municipale, negli uffici di via Bertola. La sua famiglia aveva anche provato a far entrare Franco nella pizzeria di Piazza Vittorio, ma lui non era proprio portato. Spirito libero, ribelle, uomo di una bellezza e di un carisma rari. Nonostante non avesse fatto chissà quali studi, parlava benissimo. Era un affabulatore. E poi avevo un fiuto unico per l'arte contemporanea. Un talento innato. Sapeva scoprire quelli che poi sarebbero diventati grandi artisti. In Torino aveva avuto molte gallerie d'arte. Una anche nel grattacielo di piazza Solferino. Poi si era follemente innamorato di questo Castello e aveva concentrato qui tutto. Mirella non l'aveva seguito qui. Era rimasta nel suo appartamento di piazza Vittorio. Fino alla fine. E' morta quindici anni fa. Aveva l'Alzheimer, è stata una fine davvero brutta la sua".
Tea Barbieri, 92 anni, amica della mamma di Davide: "L'ho visto crescere"
Una vita vissuta al massimo, quella di Davide Paludetto, che a differenza del Padre Franz il segno non l'ha lasciato solo nel mondo dell'Arte. Per lui tutto era un progetto da portare avanti. Dalla musica, ai festival, alle mostre.
Silvano Alberi è uno degli amici che ha organizzato il funerale. Un'amicizia storica, la loro, nata negli Anni Novanta. Erano gli anni dei Subsonica e Davide Paludetto era stato produttore dei loro video: "Abbiamo iniziato a lavorare insieme in quegli anni. Davide era un vulcano di idee. Quasi impossibile stargli dietro".
L'ultima volta si erano visti la settimana prima che Davide morisse: "Ad Artissima - racconta -. Come tutti gli altri amici. Eravamo tutti lì".
Quando gli chiediamo a cosa stesse lavorando Davide in questo periodo, la risposta è tranchant: "A tutto. Era fatto così. Sempre mille progetti per la testa. Tutto".
Piergiorgio Robino, uno degli artisti che meglio conoscevano Davide Paludetto, citando Ligabue di lui dice: "Una candela che brucia da due lati, brucia prima".
A sinistra, Piergiorgio Robino
Il suo ricordo di Davide è recentissimo: "Alcune settimane fa sono salito al Castello per fotografare delle mie opere. Era domenica, pioveva. Io ho fatto le foto, lui ha preparato da mangiare. E' stata una giornata molto bella. Mi ha detto, "dai adesso facciamo qualcosa", intendeva, non limitiamoci a fare quattro foto. Eravamo rimasti d'accordo che ci saremmo rivisti presto".
"Il "facciamo qualcosa" di Davide era tipico - incalza Silvano Alberi -. Era un uomo del fare. Per questo motivo abbiamo appoggiato sulla bara un coltellino Leatherman di quelli utilizzati da chi fa produzione. C'è il cacciavite, la pinza, di tutto. Davide diceva sempre che il suo Leatherman aveva più funzioni del mio che era più piccolo e io gli rispondevo che lo sapevo usare meglio. Al ché diceva sempre: "Alberi, piantala" giocando con il mio cognome".
Silvano Alberi, uno dei migliori amici di Davide Paludetto
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