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24 Ottobre 2025 - 11:52
Il carcere di Torino va a fuoco, detenuto incendia la cella. OSAPP: “Basta silenzi, il personale è allo stremo” (foto archivio)
Ancora un’emergenza dietro le mura del carcere “Lorusso e Cutugno” di Torino, dove nella tarda mattinata di giovedì 23 ottobre 2025 un detenuto ha dato fuoco alla propria cella, devastandola completamente e mettendo in pericolo decine di persone. Le fiamme, divampate all’11ª sezione del Padiglione B, terzo piano, si sono propagate in pochi minuti, sprigionando un denso fumo che ha invaso l’intera area. Il personale della Polizia Penitenziaria, intervenuto tempestivamente, ha dovuto evacuare l’intera sezione per evitare una tragedia.
Secondo quanto riferito dal sindacato OSAPP (Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria), il detenuto – già noto per problemi di condotta – avrebbe agito senza un apparente motivo, compiendo anche atti di autolesionismo con profonde ferite da taglio. Durante le operazioni di soccorso, gli agenti si sono trovati a operare tra fiamme e fumi tossici, rischiando la propria incolumità.
Il bilancio è pesante: numerosi agenti intossicati, un ispettore di Polizia Penitenziaria che ha perso i sensi per inalazione di fumo e che è stato trasportato d’urgenza in ambulanza all’ospedale Maria Vittoria di Torino. Dopo le cure, l’ispettore è stato dimesso a mezzanotte con una prognosi di tre giorni. “Solo l’intervento rapido e coraggioso degli agenti – sottolinea OSAPP – ha evitato una tragedia di proporzioni ben peggiori”.

L’incendio, che ha reso inutilizzabile l’intera cella e danneggiato parte della struttura, è l’ennesimo episodio di una serie di incidenti e atti di violenza che da mesi si ripetono all’interno dell’istituto penitenziario torinese. Il segretario generale dell’OSAPP, Leo Beneduci, non nasconde più la rabbia e la stanchezza del personale. «Non sappiamo più cosa dire. Siamo al limite del collasso operativo e psicologico. Il carcere di Torino continua a essere un inferno quotidiano per la Polizia Penitenziaria e per tutto il sistema penitenziario piemontese. Da mesi denunciamo incendi, aggressioni, rivolte, autolesionismi e violenze continue, ma il silenzio istituzionale è assordante. Rivolgiamo un appello al Ministro Nordio e alle istituzioni: venite a vedere con i vostri occhi cosa accade dentro il carcere di Torino. Basta passerelle e parole: servono interventi immediati, più personale, sicurezza e rispetto per chi ogni giorno rischia la vita in servizio, il personale non ce la fa più».
Le parole di Beneduci arrivano come un grido d’allarme che non è nuovo. Da mesi, infatti, il Lorusso e Cutugno è al centro delle denunce sindacali per sovraffollamento, carenza di organico e condizioni di lavoro insostenibili. La struttura, progettata per circa 1.100 detenuti, ospita attualmente oltre 1.300 persone, con un numero di agenti ridotto e turni che superano spesso le dodici ore. In questo contesto di tensione, episodi di autolesionismo, incendi e risse si sono moltiplicati, trasformando la routine in emergenza.
Il rogo del 23 ottobre è solo l’ultimo di una lunga catena di episodi che mettono in luce una crisi profonda del sistema penitenziario piemontese. Negli ultimi mesi, nella stessa struttura, si sono verificati numerosi casi di violenza tra detenuti, aggressioni agli agenti e incendi dolosi appiccati all’interno delle celle. La direzione del carcere, con l’aiuto della Polizia Penitenziaria, cerca di contenere gli eventi, ma il sindacato denuncia l’assenza di un piano strutturale di intervento.
Per l’OSAPP, il carcere torinese è diventato “una polveriera pronta a esplodere”, simbolo di una condizione nazionale che riguarda molti istituti italiani. Le condizioni psicologiche del personale, sottoposto a stress cronico e costante rischio fisico, sono al limite. In Piemonte, secondo i dati sindacali, mancano all’appello centinaia di agenti e i fondi destinati alla manutenzione e alla sicurezza risultano insufficienti.
L’appello del sindacato è diretto al Ministro della Giustizia Carlo Nordio, chiamato a intervenire con un piano straordinario di assunzioni e sicurezza. Il sindacato chiede una revisione delle politiche penitenziarie e un rafforzamento dei presidi psicologici, sia per i detenuti che per gli operatori. La priorità, sottolineano, è garantire condizioni umane e sostenibili, prima che l’esasperazione sfoci in nuovi incidenti.
Appare chiaro che in Italia abbiamo un problema: le carceri italiane non sono solo luoghi di detenzione, ma specchi delle fragilità sociali e istituzionali del Paese. Dietro i numeri e le sbarre si consuma una quotidianità fatta di precarietà, solitudine e assenza di prospettive. Ogni incendio, ogni aggressione, ogni gesto disperato – come quello del detenuto dell’11ª sezione – è un sintomo di un sistema al collasso.
La Polizia Penitenziaria, in prima linea in questa crisi, continua a chiedere ciò che dovrebbe essere scontato: sicurezza, rispetto e risorse. Ma le risposte tardano ad arrivare. E mentre il carcere di Torino brucia per l’ennesima volta, la sensazione, tra gli agenti, è che nessuno stia davvero ascoltando.
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