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Giovanni Brunero (Ceretta di San Maurizio Canavese, 4 ottobre 1895 – 23 novembre 1934)

Dal libro di Tiziano Passera “Piemonte in bicicletta, Storia del ciclismo subalpinoattraverso i profili di 130 corridori

NEL RIQUADRO Aymo in evidenza in questa cartolina con l’Alcyon vittoriosa al Tour del 1925.

NEL RIQUADRO Aymo in evidenza in questa cartolina con l’Alcyon vittoriosa al Tour del 1925.

Difficile trovare un corridore più fedele di Giovanni Brunero: fedele alla sua terra canavesana (cui è stato sempre molto affezionato, venendone ricambiato ancora oggi, a quasi novant’anni dalla sua immatura scomparsa) e fedele alla Legnano, la squadra per cui ha gareggiato nella totalità dei suoi undici anni (1919-’29) tra i “pro”.

Il numero dei successi (24), pur non rilevantissimo, lo colloca nella “top-ten” dei plurivincitori della nostra regione. E sarebbero ben di più, se a sbarrargli la strada del primato non ci fosse stato un certo… Girardengo, che lo precedette su undici traguardi (mentre in tredici giunse terzo).

Brunero in una fotografia inedita, dopo l’arrivo vittorioso nella tappa Sulmona-Terni del Giro d’Italia 1926 (Archivio Tiziano Passera).

Brunero in una fotografia inedita, dopo l’arrivo vittorioso nella tappa Sulmona-Terni del Giro d’Italia 1926 (Archivio Tiziano Passera).

In questa curiosa classifica Brunero è sopravanzato dal solo Tano Belloni, addirittura per 26 (!!) volte secondo dietro al Campionissimo, da cui l’azzeccatissimo appellativo di “eterno secondo”.

Per tornare al buon “Gioanin”, più del numero impressiona la qualità delle vittorie, ottenute quasi tutte in competizioni importanti. La sua breve militanza tra i Dilettanti (dopo la partecipazione alla grande Guerra nel corpo dei Bersaglieri Ciclisti), fu suggellata dal titolo tricolore conquistato nel ’19, mentre due anni dopo giunse secondo alle spalle del “Gira” nella categoria maggiore.

Proprio al 1921 risale quella che con ogni probabilità è la sua prima biografia (ignota ai più e oggi ormai introvabile), scritta da Alberto Villa per l’editrice “Modernissima” di Milano, in cui già si colgono significativi indizi del futuro campione.

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NEL RIQUADRO Cartolina celebrativa della vittoria di Brunero al Giro del 1921, con Aymo (al centro) primo degli isolati (Archivio Tiziano Passera).

NEL RIQUADRO Cartolina celebrativa della vittoria di Brunero al Giro del 1921, con Aymo (al centro) primo degli isolati (Archivio Tiziano Passera).

«Giovanni Brunero – così inizia il volumetto, che consta di sedici pagine –. È questo un nome che la folla degli entusiasti e degli ammiratori (la innumerevole folla che si appassiona allo sport del ciclo, che anela per i campioni di questo meraviglioso sport, che li ama, li esalta, fino a vivere per la loro lotta, per lo spasimo della lor battaglia, per il tripudio del trionfo loro), conosce ormai quanto conosce quello degli altri suoi beniamini, apprezza e segue con simpatia verace e non minore di quella che accorda agli altri “grandi”, agli altri “campionissimi”. Simpatia, diciamolo subito, che non potrebbe esser più meritata. Egli è un astro che sorge, nel vero senso dell’espressione. Non conta al suo attivo la meravigliosa, la straordinaria carriera di un Carlo Galetti… No. Brunero, fino a ieri, sino a un anno fa o poco meno, era quasi sconosciuto… Ed è questa la ragione per la quale allorché Giovanni Brunero, inquadrato nell’équipe dei “grigi” della Legnano, cominciò ad imporsi all’attenzione di tutti, all’ammirazione della folla ed alla discussione dei critici, lo stupore fu generale… Brunero? Chi era mai?... Questa domanda scaturì spontanea e viva da tutti, allorquando Brunero, dopo aver dimostrato nel più lampante dei modi che ormai i Belloni, i Girardengo, i Gremo, i Sivocci e tutti, indistintamente tutti i pedalatori cari alle folle e ricercati dalle case che se li disputano a colpi di banconote, ogniqualvolta si incontravano in gara con lui, era appunto con lui – nuovo venuto, ignoto outsider – che dovevano fare i conti. E che razza di conti!».

Inutile dire che Alberto Villa fu buon profeta… Infatti, se al Tour de France Brunero ha fatto un’unica fugace e sfortunata apparizione, nel ’24, il suo nome resta indissolubilmente legato agli exploits compiuti al Giro d’Italia, di cui si è aggiudicato tre edizioni (’21, ’22 e ’26, precedendo rispettivamente Belloni, Aymo e Binda), finendo due volte secondo (’23 e ’27, alle spalle di due “mostri sacri” come Girardengo e Binda) e una terzo (nel ’25, manco a dirlo dietro al campione lombardo e all’“Omino di Novi”).

E a proposito di piazzamenti, è decisamente impressionante il numero dei podi conquistati dal generoso atleta ciriacese: oltre cinquanta, fra Giro, Tour e gare in linea. Nella principale corsa a tappe nazionale, si contano sette successi: nel ’21 la settima frazione da Roma a Livorno; nel ’22 la prima Milano-Padova, la settima Roma-Firenze e l’ultima Torino-Milano; nel ’25 l’ottava Benevento-Sulmona; nel ’26 l’ottava Sulmona-Terni; nel ’27 la 13ª Treviso-Trieste. Sempre al Giro, ben quindici volte (!!!) è arrivato secondo e tredici è salito sul gradino più basso del podio. Infine per 14 giorni è stato leader della generale.

Tra le classiche Brunero vanta una vittoria nella Milano-Sanremo (’22), davanti a Girardengo, che lo ha preceduto sia le due volte in cui si è piazzato secondo (’21 e ’25), sia quando è giunto terzo (’28) e quarto (’23). Due invece i successi al Giro di Lombardia, nel ’23 e ’24, davanti rispettivamente al fiorentino Pietro Linari e al solito “Gira”. Nel ’20 ottenne invece la piazza d’onore alle spalle del transalpino Henri Pélissier, mentre arrivò quarto nel ’21 e quinto nel ’22 e ’25.

Se il Giro del Piemonte, Brunero se l’aggiudicò solo una volta (nel ’21) giungendo secondo nel ’26 dietro a Binda, in carriera non ha mai vinto la Milano-Torino, avendo solo sfiorato il successo nel ’21 (preceduto da Federico Gay) e giungendo terzo nel ’23 (primo Girardengo). A proposito di Binda, a onor del vero va puntualizzato che Brunero dal ’25 sino a fine carriera ne fu compagno di squadra, per non dire fedele gregario, con evidenti ripercussioni sui risultati agonistici… Dell’atleta ciriacese sono da ricordare inoltre le vittorie nel Campionato Italiano Professionisti Junior (1920) e nel Campionato Piemontese (1922).

Per quanto riguarda il Tour de France, il corridore canavesano vi partecipò una sola volta, nell’edizione del ’24 (dominata da Bottecchia), ritirandosi alla 14ª tappa a causa di una fastidiosissima foruncolosi, mentre era terzo nella generale, dopo aver conquistato un’esaltante vittoria nella decima frazione da Nizza a Briançon. Inoltre era giunto terzo nella tappa di Bayonne e secondo in quella di Tolone. Un tragico destino non consentì a Giovanni Brunero di vivere a lungo nel ricordo degli allori conquistati, in quanto sin dagli ultimi scampoli della sua attività agonistica il suo corpo venne irrimediabilmente minato dalla tisi, che lo condusse alla tomba nel novembre del ’34, a soli 39 anni.

Vale la pena riportare in questa sede ciò che di lui fu scritto in tempi non ancora influenzati dall’emozione provocata dalla sua scomparsa, sul supplemento dedicato dalla Gazzetta dello Sport al 22° Giro d’Italia (19 maggio – 10 giugno 1934). E fa un certo effetto leggere nel testo (anonimo e quindi riconducibile al direttore Emilio Colombo) di Brunero al passato, segno evidente di quanto la sua figura fosse ormai irrimediabilmente lontana dall’ambiente ciclistico:

Giovanni Brunero

«…Ma tutti coloro che lo conobbero l’hanno ancora nel cuore per le sue qualità atletiche, per le sue doti morali. È forse l’unico corridore che non ha mai fatte discussioni prima, durante o dopo la corsa. Soleva dire semplicemente: “Per essere corridore bisogna avere la birra. Se non c’è, le discussioni non servono, perché con le parole non si vincono le corse”. Sorrideva sovente a tutti, ma non rideva mai. Interveniva volentieri nelle diatribe degli altri corridori ed era soddisfatto soltanto quando riusciva a far ritornare la pace e l’accordo. E in ciò riusciva meglio di chiunque, perché essendo benvoluto da tutti era anche ascoltato».

Perfettamente in linea con questo ritratto, sono le riflessioni riportate da “Carlin” Bergoglio nel suo Vita segreta dei Giri d’Italia, uscito nel 1946:

«Dopo il ’27 lo rividi soltanto in borghese, all’albergo, dopo l’arrivo di una Sanremo. Era in cura. Non correva più. Aveva gli occhi lustri, i pomelli accesi; la febbre. Mi domandò, con un ansioso sorriso: “Vanno forte?”, “Sì, ma non come quando ci sei tu”. Volevo dire: c’eri. Non ne ebbi il coraggio. Quanta nostalgia nel suo stanco corpo! Perché Brunero bruciò di passione per il suo sport; e la passione bruciò lui, alla fine. Fu un uomo che, con la pura volontà, superò i limiti della sua classe, che pur era alta… Brunero non era fortemente dotato da madre natura: colmò la lacuna con la fatica. Non aveva malizia; la sostituì con la bontà, con la probità. Non aveva scatto: superò lo svantaggio con la tenacia. Un destino tragico e commovente, quello di Brunero - concludeva così il giornalista cuorgnatese il capitolo del libro sui “segreti” del Giro, dedicato al grande corridore, di cui era amico e coetaneo -. Un atleta delicato che si trovò a lottare contro i campioni più possenti; un mite, un semplice, che si trovò a lottare contro grandi diavoli; e, alla distanza, fu battuto solo dal suo male… tutti gli assi italiani del ciclismo devono molto a Brunero, perché tutti ebbero assai più che non gli diedero. Brunero è stato il più buono dei nostri campioni».

Il libro di Tiziano Passera

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