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13 Gennaio 2023 - 19:43
Bernardino Michele Maria Drovetti nasce a Barbania il 4 gennaio 1776, dal notaio Giorgio Drovetti e dalla contessa Anna Vittoria Vacha, figlia di Francesco Vacha, senatore del regno e conte di Barbania.
“Era il cav. Drovetti alto e ben complesso della persona, di grave e bell’aspetto, di roseo colorito nella giovinezza e bruno-chiaro nella vecchiaia, e con naso semiacquilino e due occhi vivi e penetranti che tutto ne dimostravano il brio e la perspicacia, non che l’indole irascibile, anziché no”. Così lo descrive il teologo Isidoro Macario, suo contemporaneo, nell’opera “Cenni biografici del fu cav. Bernardino Drovetti” del 1885 (1).
Uomo dal fisico atletico, dal carattere forte, di profonda cultura (si laurea in legge appena diciottenne) è militare, diplomatico, viaggiatore, esploratore e collezionista di antichità.
IN FOTO Bernardino Drovetti
Drovetti militare
Drovetti è poco più che ventenne quando l’Armée d’Italie di Napoleone arriva in Piemonte. Affascinato dalle nuove idee politiche, abbandona la carriera notarile intrapresa al fianco del padre e si arruola come volontario nella milizia urbana di Torino. La carriera militare è rapidissima: segue le truppe francesi in Lombardia ed è presente all’assedio di Mantova.
Da volontario a caporale, a sergente, quindi sottotenente nello Stato Maggiore delle truppe Cisalpine. Nel 1799 è chiamato a collaborare al Governo Provvisorio dei “Tre Carli” (Carlo Botta, Carlo Giulio, Carlo Bossi). Promosso capitano nella prima Mezza Brigata Piemontese, alla caduta del Governo Provvisorio è costretto a riparare in Francia. Napoleone, rientrato precipitosamente dall’Egitto e riprese le redini del potere, nella primavera del 1800 ritorna in Italia dal valico del Gran San Bernardo con un esercito del quale fa parte anche Drovetti, capitano nello Stato maggiore de l’Armée de riserve al seguito del generale Gioachino Murat, che lo nomina aiutante di campo.
La discesa dell’esercito francese verso la pianura è un susseguirsi di vittorie che culminano con la battaglia di Marengo e la sconfitta delle truppe austriache. Drovetti, presente sul campo di battaglia, si distingue in combattimento dove è ferito ad una mano.
Ricostituita la Repubblica Cisalpina, in qualità di primo ufficiale alla Segreteria di Guerra è incaricato dell’organizzazione della nuova armata piemontese, divenendo nel contempo capo squadrone nel 1° reggimento degli Ussari Piemontesi. Nella primavera del 1801 è nominato Capo di Stato Maggiore della Divisione Piemontese de l’Armée d’Italie succedendo al generale Colli di cui era stato aiutante maggiore. Nell’ottobre del 1801 è chiamato alla funzione di giudice militare al Tribunale Criminale Speciale di Torino, incarico molto gravoso che gli impone di frequentare le carceri dove contrae una grave forma di febbre tifoide che mette in pericolo la sua vita.
IN FOTO Tebe, 1818. Bernardino Drovetti, al centro, con Antonio Lebolo, primo in piedi a sinistra, Jean Jacques Rifaud, in piedi dietro Drovetti, il conte De Forbin appoggiato alla statua.
Drovetti diplomatico
Il Drovetti non è destinato ad un semplice impiego di funzionario o magistrato. Napoleone, su segnalazione dei generali Colli e Murat, gli assegna l’incarico di Sottocommissario alle Relazioni Commerciali ad Alessandria d’Egitto.
Nel giugno del 1803 sbarca ad Alessandria. La situazione politica interna del paese è molto grave e confusa dopo che, nel 1801, l’esercito di Napoleone ha lasciato definitivamente il paese. L’impero ottomano ha ripreso il potere, ma è afflitto da disordini interni. La flotta inglese con l’ammiraglio Nelson, intende conquistare l’Egitto. In questo periodo emerge la figura di Mohamed Ali, un giovane militare macedone giunto in Egitto per combattere l’invasione napoleonica a fianco degli inglesi.
Drovetti in questo clima caotico e pericoloso riesce ad individuare in Mohamed Ali l’uomo che ha in mano il futuro del paese; infatti, poco dopo, Mohamed Ali viene nominato viceré d’Egitto. Tra i due si stabilisce subito un rapporto politico e diplomatico di aiuto reciproco molto importante, dove è preziosa l’esperienza militare del Drovetti.
Nominato nel 1811 Console Generale di Francia in Egitto, negli anni mantiene ottimi rapporti di vera amicizia con il Viceré, suo figlio Ibrahim e la corte. Insieme fondano l’Egitto moderno: con essi il paese raggiunge piena autonomia politica, militare ed economica. Drovetti ritiene che l’agricoltura sia essenziale per la prosperità della nazione: si adopera quindi perché si costruiscano bacini, dighe e canali per l’irrigazione, si introduca l’allevamento di pecore merinos fornite da Michele Benso di Cavour, poi incrociate con le pecore della Nubia, si tenti la coltivazione del cotone maho.
IN FOTO Tempio piccolo di Abu Simbel.
Graffito lasciato da Drovetti
L’attenzione per la salute pubblica porta Drovetti a sostenere, talvolta con contributi finanziari personali, programmi di vaccinazione contro il vaiolo, la realizzazione di un ospedale ad Alessandria, l’istituzione di una scuola di medicina.
Giovani egiziani vengono inviati a Parigi dove è fondata una Scuola Egiziana, per la formazione di funzionari, diplomatici, tecnici, medici.
Drovetti gode in Egitto del favore del viceré e in questa posizione privilegiata è anche un punto d’appoggio e di riferimento importante per i viaggiatori europei che visitano l’Egitto e l’Oriente. Chateaubriand nell’“Itinèraire de Paris a Jèrusalem” descrive “la sua cordiale, semplice e calorosa ospitalità”.
Forse è stato proprio l’incontro con questo letterato, che arrivando da Atene gli ha raccontato lo “spoglio” delle belle metope del Partenone da parte di Lord Elgin, e il primo viaggio fatto insieme alle Grandi Piramidi, a spingere il barbaniese verso una nuova avventura: la raccolta di antichità nell’Alto Egitto.
Drovetti viaggiatore, esploratore e collezionista di antichità
Esonerato alla caduta di Napoleone da impegni diplomatici, ma ormai ben introdotto nel paese e presso la corte del viceré, Drovetti dedica quasi dieci anni ai viaggi nell’Alto Egitto e in Nubia, alla ricerca di reperti avvalendosi di due fedeli collaboratori, Antonio Lebolo (Castellamonte, 1781-1830) e lo scultore e architetto marsigliese Jean-Jacques Rifaud (1786-1845). “All’epoca, l’idea che non sia bello depredare le ricchezze archeologiche di un paese per farne commercio privato e deportarle in lontani musei non sfiorava neanche le coscienze più scrupolose.” (2) Gli scavi si svolgono principalmente a Tebe, ma Drovetti si avventura nelle sue esplorazioni fino ai templi di Abu Simbel, riuscendo ad entrare solo nel tempio piccolo di Nefertari, lasciando traccia del suo passaggio con un graffito su un pilastro.
I suoi viaggi alla ricerca di reperti non escludono osservazioni sulla flora dei luoghi raggiunti, come avviene nell’oasi di Siwa, la raccolta di piante e cattura di animali da inviare agli studiosi europei (a Drovetti si deve l’arrivo nell’ Europa moderna della prima giraffa vivente, dono del viceré Mohamed Ali al re Carlo X, un evento che scatena non solo curiosità, ma una vera e propria mania per questo animale).
La fama della sua raccolta di reperti egizi raggiunge l’Europa; il Direttore dei Musei Reali di Francia, De Forbin, la vorrebbe acquistare. Contemporaneamente il geografo viaggiatore Carlo Vidua, ospite del Drovetti ad Alessandria, ne viene informato e si affretta a scrivere al ministro Prospero Balbo, affinché il Piemonte non sia defraudato di un museo riunito da un Piemontese.
Dopo lunghe trattative si raggiunge un accordo e la collezione detta “Drovettiana” è ceduta, il 24 gennaio 1824, al Re Carlo Felice per lire quattrocentomila. I reperti, stivati in un magazzino di Livorno, prendono la strada per Torino e, unendosi ai pochi pezzi della collezione sabauda, danno vita al Museo Egizio di Torino.
Contemporaneamente Jean Francois Champollion arriva a Torino: ha scoperto sulla Pietra di Rosetta la chiave di lettura dei geroglifici, ma cerca documenti per completarne la lettura. A Torino trova l’appoggio dell’Accademia delle Scienze e i reperti del nascente Museo Egizio. Finalmente le statue hanno un nome e una storia, i papiri rivelano i loro contenuti. Tra questi il famoso “papiro regio”, rivelatosi di capitale importanza per la cronologia faraonica. “La strada per Menfi e Tebe passa da Torino” ama dire lo studioso francese.
L’incontro di Drovetti con Champollion avviene quattro anni dopo ad Alessandria d’Egitto. Lo ospita nella sua casa, lo introduce al viceré e gli offre assistenza per il lungo viaggio che intende compiere a riesplorare la Valle del Nilo.
Nel 1829 per motivi di salute il console (3) lascia definitivamente il paese, prima che lo studioso francese rientri dall’Alto Egitto. Ritorna in Piemonte e trascorre lunghi periodi a Barbania, dove avvia numerose iniziative filantropiche: una scuola per ragazze ed un asilo infantile alle cui spese provvede personalmente, compreso lo stipendio delle insegnanti e l’attrezzatura scolastica. Manda a sue spese giovani ragazze a studiare in scuole religiose per farne nuove insegnanti. Avvia un consorzio di giovani contadini che nel giorno di festa lavorano i campi di ammalati, vedove e orfani.
Veste da capo a piedi due volte l’anno le persone bisognose e promuove un’associazione fra le dame di Barbania per visitare donne con bambini piccoli, fornendo alimenti, cure e vestiario da restituire quando non più necessario.
Le sue collezioni di antichità danno origine alle sezioni egizie dei più importanti musei d’Europa: il Louvre, che conserva la seconda collezione drovettiana, Lione, Marsiglia, Ginevra, Dresda, Monaco. I reperti, in molte occasioni, sono donati dal Drovetti come testimoniano le numerose lettere di ringraziamento che si ritrovano nei suoi epistolari. (4) Viene accolto con onore nelle più importanti Accademie internazionali, ed è insignito di prestigiose onorificenze: Legion d’onore, Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro, Ordine di Sant’Anna di Russia, Ordine Pontificio di San Silvestro, Cavaliere del Santo Sepolcro. A dargli la gloria non sono solo le antichità, ma anche la carriera diplomatica e l’appoggio che egli ha offerto per tanti anni ai religiosi di Terrasanta.
Muore il 9 Marzo 1852 a Torino disponendo “di ogni sua sostanza a favore dei poveri di Torino e di Versailles” (5). E’ sepolto nel Cimitero Monumentale.
Tratto dalla rivista Canavèis
di Valeria Regondi e Salvatore Vacca
Note
1. Macario,I., Cenni biografici del fu cav. Bernardino Drovetti da Barbania Canavese,Torino, Collegio degli Artigianelli, Tipografia S.Giuseppe,1885, p.39
2. Barbero A., Quando Cavour comprava pecore merinos per il Cairo, in: Il sole 24 ore, 4 febbraio 2011, p.8
3. Nel 1821 Drovetti è nuovamente nominato console di Francia in Egitto, questa volta dal re di Francia Luigi XVIII.
4. Drovetti non ha scritto le proprie memorie. La sua biografia è stata ricostruita grazie al reperimento e allo studio delle migliaia di lettere scritte e ricevute durante la sua vita.
5. Macario,I., Cenni biografici del fu cav. Bernardino Drovetti da Barbania Canavese,Torino, Collegio degli Artigianelli, Tipografia S.Giuseppe,1885, p.36
Bibliografia
Curto S. e Donatelli L., Bernardino Drovetti Epistolario, Torino, Cisalpino - Goliardica, 1985
Guichard S., Lettere di Bernardino Drovetti Console di Francia ad Alessandria d’Egitto (1803-1830), Torino, Accademia delle Scienze, 2005
Giacoletto Papas V. e Seita G., Bernardino Drovetti. La storia di un piemontese in Egitto, Aosta, Le Chateau Edizioni, 2007
Marro G., Il corpo epistolare di Bernardino Drovetti, Roma, Istituto Poligrafico dello Stato, 1940, vol. I
Marro G., La personalità di Bernardino Drovetti studiata nel suo archivio inedito, Memorie dell’Accademia delle Scienze di Torino, Torino, Accademia delle Scienze, 1951, serie II, vol.71, pp.39 - 151
Ridley R.T., Napoleon’s Proconsul in Egypt. The life and times of Bernardino Drovetti, London; The Rubicon Press, 1998
Seita G., Barbania. Storia, notizie, documenti, Torino, Librerie Scientifiche Cortina, 1975
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