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Da 440 anni, i cappuccini sul Monte

A poche centinaia di metri dalla torinese piazza Vittorio Veneto

Da 440 anni, i cappuccini sul Monte

A poche centinaia di metri dalla torinese piazza Vittorio Veneto, su una delle terrazze più panoramiche della collina, spicca la chiesa di Santa Maria del Monte con la cupola ottagonale che s’innalza sopra gli edifici circostanti. Da secoli, in ogni stagione, anche d’inverno, il convento dei cappuccini costituisce la piacevole meta di una gita fuori porta. Le caratteristiche architettoniche dell’intero complesso s’inseriscono armoniosamente nel paesaggio naturale: la chiesa costituisce il delicato coronamento del colle sul quale sorge.

Con gli sci dal Monte dei Cappuccini di Torino

I frati minori cappuccini di San Francesco giunsero ufficialmente sul Monte in un giorno lontano di quattrocentoquarant’anni or sono, nel 1583, dopo un violento acquazzone, come riferiscono le cronache. I religiosi erano già presenti in Torino, alla Madonna di Campagna, fin dal 1577, e vi officiavano un’antica chiesetta in attesa di trovare una sistemazione più adeguata. Da allora sono trascorsi tantissimi anni. Torino è profondamente cambiata. Testimone silenzioso, il convento ha assistito al mutare dei tempi e dei costumi, svolgendo un ruolo importante nella vita cittadina.

Nel 1630, quando la pestilenza si diffuse in Piemonte mietendo decine di migliaia di vittime, i cappuccini fecero meraviglie nell’assistenza agli infermi del lazzaretto cittadino. Su questo punto concordano tutti gli storici. I frati seguivano i carri dei morti, si aggiravano per le strade deserte alla ricerca degli agonizzanti, soccorrevano i bisognosi. Molti non fecero più ritorno alla quiete del Monte: i loro nomi sono annotati in un lungo elenco conservato nel ricco archivio del convento. Al termine del flagello, il 5 luglio 1632, i sindaci di Torino e dieci decurioni vestiti di sacco, col bastone da pellegrino, salirono alla chiesa del Monte per sciogliere un solenne voto, pronunciato quando la peste imperversava.

La costruzione del convento e della chiesa di Santa Maria iniziò nel 1583 sotto la guida dell’ingegnere militare Giacomo Soldati, milanese; poi lo sostituì l’architetto civile e militare Ascanio Vitozzi (1539-1615), di Orvieto, che tanto concorse allo sviluppo urbanistico e edilizio della capitale sabauda. I frati presero possesso del complesso prima del 1590, ma la chiesa fu aperta al culto solo nel 1610, anche se i lavori non erano completamente terminati. La morte di Vitozzi provocò una sosta inattesa finché Carlo di Castellamonte (1571-1640), celeberrimo architetto dell’epoca, non subentrò nell’incarico.

La funicolare per il Monte dei Cappuccini in funzione fra il 1885 e il 1942

Finalmente, il 22 ottobre 1656, la chiesa di Santa Maria poté essere consacrata alla presenza della regina Cristina di Svezia e del duca Carlo Emanuele II di Savoia. Ad abbellire l’edificio contribuirono qualificati artisti: Guglielmo Caccia («Il Moncalvo», 1568-1625), Giambattista Crespi («Il Cerano», 1573-1632), Benedetto Alfieri (1699-1767), Amedeo di Castellamonte (1613-1683), Orazio Lomi («Il Gentileschi», 1563-1639, padre della famosa Artemisia) e altri ancora.

Nel 1867, in seguito all’approvazione della legge che aboliva gli ordini religiosi contemplativi, i cappuccini dovettero abbandonare il convento. Sul Monte rimasero quattro frati a custodire la chiesa, divenuta proprietà del Demanio, per poi passare al Municipio di Torino. Qualche anno più tardi il Club alpino italiano ottenne una parte dei locali per installarvi una «vedetta» e il museo. Finiti gli anni bui della «bufera», il numero dei frati cominciò ad aumentare: i torinesi ripresero a frequentare la chiesa di Santa Maria. 

Uno fra i periodi più cupi nella storia del Monte si aprì quando ebbe inizio la seconda guerra mondiale. L’8 agosto 1943 il complesso venne colpito da bombe dirompenti sganciate dalla Raf, l’aviazione inglese. I danni furono assai gravi. Dopo la Liberazione, infine, il Monte dei cappuccini poté nuovamente rinascere. 

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