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Dalle trincee spagnole al confino di Ustica. L’anarchico Antonio Cerutti di Volpiano

Un articolo di Gianpaolo Giordana tratto dalla rivista Canavèis

Dalle trincee spagnole  al confino di Ustica. L’anarchico Antonio Cerutti di Volpiano

Antonio Cerutti nasce a Volpiano il 19 maggio del 1902, da Giacomo e Anna Martore. È di statura media e di corporatura minuta: il questurino che ne dà questa sommaria descrizione aggiunge che si esprime a voce bassa, quasi flebile.

La sua è una vita inizialmente piuttosto anonima: una breve esperienza lavorativa giovanile come manovale precede la chiamata alle armi, che finisce per metterne in evidenza il carattere ribelle e refrattario a una disciplina rigida e spesso ottusa come quella esistente nelle forze armate. Nel corso del servizio militare Cerutti diserta; ricercato e ripreso dai Carabinieri Regi, il Tribunale Militare del capoluogo piemontese lo condanna ad un anno di reclusione il 18 febbraio del 1924, gratificandolo con la sospensione condizionale della pena.

Mesi dopo, appena libero di muoversi senza eccessivi controlli, tenta un riuscito espatrio clandestino oltralpe nel corso del 1925.

Non torna più a Volpiano: orfano di madre, non ha altri parenti dopo che anche il padre se ne era andato dandosi al vagabondaggio. Dei due, padre e figlio, nessuno sa più nulla per anni, fin quasi a perderne il ricordo.

Il giovane Antonio é già accompagnato da una fama all’epoca poco nobilitante: quella – come ci dicono le carte di polizia – di un senza fissa dimora, ozioso e vagabondo. In Francia si trattiene qualche tempo a Lione in cerca di occupazione, ma poi raggiunge la capitale dove vive di espedienti fin quando – verso la metà del 1933 – non viene arrestato per furto; il Tribunale Dipartimentale della Senna lo condanna a tre anni di prigione, aggiungendone cinque di interdizione di soggiorno; scontata la pena lo attendono un decreto d’espulsione e una manciata di giorni per lasciare il paese.

Torna in libertà nella seconda metà del 1936: dal 18-19 luglio in Spagna è iniziata la guerra civile, servono volontari e fucili. Cerutti, espulso dal paese, privo di denaro e documenti, viene indirizzato alla Casa dei Sindacati di rue Mathurin Moreau, la principale centrale di reclutamento di volontari antifascisti. Vi trova un’identità nuova, quella di Joseph Lessent, nato a Calais il 29 ottobre del 1908, residente (come risultava sul libretto militare francese che gli viene consegnato) ad Ivry-sur-Seine, al 14 del boulevard de la Brache. Vi trova anche cinquanta franchi e un biglietto ferroviario Paris - Perpignan, con le coordinate per un appuntamento nel capoluogo del Roussillon (1). Qui giunto e trovato il contatto, viene accompagnato per sentieri nascosti al confine pirenaico: il controllo della frontiera franco-catalana é ancora affidato a miliziani della CNT-FAI nelle cui file non mancano anarchici italiani, almeno uno dei quali piemontese (2).

C’è una certa sintonia tra i miliziani e il nuovo arrivato, che infatti non tarda ad arruolarsi. Cerutti non rimane tuttavia in Catalogna ma viene destinato parecchio più a Sud, al fronte del Levante e ad una grande unità confederale piuttosto singolare, fortemente ideologizzata, combattiva, ruvida e radicale come la Columna de Hierro.

La colonna é forte di alcune migliaia di combattenti e con altre unità repubblicane è impegnata soprattutto sul difficile fronte “serrano” di Teruel, rimasta in mano ai fascisti. Combatte duramente, anche a prezzo di pesantissime perdite, ma la città cadrà temporaneamente solo gennaio del 1938, grazie soprattutto alle Brigate Internazionali e ad unità di élite come la Division Listér.

Cerutti è uno dei pochissimi combattenti italiani della Colonna, non più di 6-7 fra cui un torinese, Mario Beruti (caduto) ed il cuneese Dino Sebastiano Viale.

La primavera del 1937 è un periodo di non pochi e laceranti contrasti: si sta estendendo il processo di “militarizzazione” delle colonne miliziane, molti anarcosindacalismi recalcitrano e altri tornano in Francia abbandonando la lotta. Intanto a Barcellona (e altrove) vengono al pettine i tanti nodi dello scontro politico e ideologico tra gli anarchici (maggioranza in Catalogna e sui fronti aragonesi) e i governativi, tra chi vorrebbe fare la rivoluzione e chi invece, forse con i “piedi più per terra”, vorrebbe prima cercare di vincere la guerra.

La situazione degenera, non senza responsabilità di entrambi, fra provocazioni reciproche e un crescendo di violenze: finiscono per prevalere i governativi (che gli anarchici sconfitti si ostinano a definire solo “comunisti”) e ne seguono pesanti rappresaglie ed epurazioni che colpiscono con brutale e colpevole violenza. Una piccola guerra civile nella guerra civile, in cui perdono la vita molti anarchici (tra essi anche l’italiano Camillo Berneri) oltre ad una buona metà della dirigenza del Poum, il Partido Obrero de Unificación Marxista.

Non sappiamo cosa sia successo allora a Cerutti: probabilmente è già tornato in Francia, forse da fine aprile, poiché non più abile per il fronte a causa del riacutizzarsi di una forma di tubercolosi. Dopo un periodo di cure ed un’effimera guarigione, trova lavoro a Parigi, nei cantieri dell’Esposizione Universale allora in allestimento. Al termine dei lavori, fermato per un banale controllo, i gendarmi si avvedono della sua falsa identità francese e ancora una volta lo arrestano e lo sbattono in prigione: processato per l’identità fasulla e per avere contravvenuto al vecchio decreto di espulsione, è condannato a 10 mesi di reclusione.

Scarcerato nel 1939, viene dapprima internato nel duro Campo del Vernet d’Ariège, dove ritrova moltissimi veterani di Spagna. Esce dal Vernet solo per il rimpatrio forzato: l’11 maggio 1940 è a Mentone per essere consegnato ai Regi Carabinieri. Tradotto in manette a Torino, detenuto in attesa di essere sottoposto all’esame della Commissione Provinciale per il Confino di polizia, é destinato per 5 anni a Ventotene, nell’arcipelago delle Pontine.

Le sue condizioni di salute nel frattempo sono notevolmente e visibilmente peggiorate, ma non per il direttore della colonia confinaria (3) che – forte del parere di un medicastro fascista – s’ostina nel rifiutargli farmaci, cure e ricovero ospedaliero.

Quando il 22 aprile 1942 l’ulteriore aggravarsi della situazione ne impone il trasferimento “cautelativo” alla Colonia di Ustica (considerata climaticamente più salubre e mite) è ormai troppo tardi.

L’anarchico Antonio Cerutti, veterano di Spagna, muore di stenti e di patimenti il 17 maggio del 1943, al confino su una delle isole che solo uno come Berlusconi, con parole vergognose, poteva molti anni dopo definire “le villeggiature di Mussolini”.

Note

1. Probabilmente con l’anarchico emiliano Giuseppe Pasotti, che gestiva a Perpignan una ospitale ed ecumenica pensione e che ebbe un ruolo logistico e organizzativo importante per tutto ciò, uomini e cose, che dovevano attraversare clandestinamente i Pirenei.

2. Il bresciano di nascita Ernesto Bruna, trapiantato a Torino in tenerissima età, cresciuto nel capoluogo piemontese.

3. Si tratta del dottor Marcello Guida, lo stesso che guidava la Questura di Milano nel 1969, l’anno delle bombe fasciste alla Fiera Campionaria e alla Banca dell’Agricoltura, delle false accuse a Pietro Valpreda e della “morte accidentale” di un altro anarchico, Giuseppe Pinelli, avvenuta nella sede della questura milanese.

Fonti

ACS – CPC, Roma (busta 1264, fascicolo 133197).

ACS – Confinati Politici, Roma (busta 237).

Archivio privato T. Imperato (Torino).

Paz, Abel (pseudonimo di Diego Camacho), Cronaca appassionata della Columna de Hierro, Torino, Autoproduzioni Fenix, 2006.

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