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I soldati per Cristo. I martiri della Legione Tebea

Un articolo di Teresina Bussetti per la rivista Canavèis

IN FOTO Campiglia Soana. Un affresco raffigurante San Besso

IN FOTO Campiglia Soana. Un affresco raffigurante San Besso

Celestis Hierusalem Cives… Cittadini della Gerusalemme Celeste: è questo l’appellativo con il quale il Papa Urbano VIII nel 1634 solennizzava i Santi e i Martiri, redigendo una Costituzione con la quale la Santa Sede si riservava in modo esclusivo la proclamazione ufficiale dei Santi e l’autorizzazione del culto da attribuire al loro nome. 

Questo documento, il Martirologium Romanum, unificava i vari “martirologi”, cioè l’elenco di Martiri, che precedentemente erano numerosi, poiché ogni chiesa particolare aveva il suo. 

Il Martirologium esiste ancora ai giorni nostri; esso comprende non solo i Martiri ma anche i Santi e i Beati e viene periodicamente aggiornato, poiché la Chiesa continuamente si arricchisce di nuovi Santi e noi lo percepiamo in maniera incisiva attraverso il crescente numero di beatificazioni e canonizzazioni che hanno caratterizzato questi ultimi decenni post-conciliari.

Il Martirologium più recente risale al 2001, durante il papato di Giovanni Paolo II. In quest’ultima revisione sono stati esclusi dall’elenco quei Santi o Beati dei quali non si hanno notizie certe e documentate. 

In totale il Martirologium Romanum comprende 6538 nomi. 

I santi non sono tutti uguali: talvolta viene spontaneo valutare l’importanza di un santo dal numero delle candele votive accese ai suoi piedi e viene anche da chiedersi come mai santi trascurati da certe comunità, godano invece di grande venerazione in altre città, paesi o rioni. Santi che nel medioevo attiravano migliaia di fedeli sono stati dimenticati e santi, prima sconosciuti, sono saliti di grado nelle preghiere dei devoti e nelle richieste di intercessione. Talvolta questi culti hanno radici nella storia, spesso solo nella devozione popolare e nella tradizione. 

Nell’immaginario popolare i martiri rappresentano qualcosa di più di un santo, indicano persone la cui totale disponibilità verso Dio li ha portati a dare la loro vita per la fede. 

Vi sono santi e martiri molto noti, di cui la tradizione ci ha praticamente raccontato tutto e ve ne sono altri di cui si conoscono solamente pochi particolari o episodi sporadici. Anche l’iconografia ha contribuito a farci riconoscere santi e martiri: la palma del martirio indica senza alcun dubbio un martire, ma anche altri attributi contribuiscono a connotare in modo chiaro ognuno di essi: quando vediamo un martire trafitto da una moltitudine di frecce si tratta senza alcun dubbio di san Sebastiano, se la martire ha un pugnale nel cuore ed ha accanto un unicorno è santa Giustina e se vi sono due martiri con fiale, vasi da farmacia e strumenti chirurgici si riconoscono Cosma e Damiano. 

Alcuni santi e martiri colpiscono l’immaginario popolare perché accompagnati da racconti leggendari che hanno travalicato il tempo e rappresentano una delle espressioni più originali della religiosità.

I martiri della Legione Tebana, chiamati anche Martiri Tebei, rientrano in questa categoria. La Legione Tebea è detta Angelica Legio, Legione di Angeli e anche Legione Fulminante per le imprese rapide ed eroiche compiute in Oriente.

Sui martiri della Legione Tebana sono stati pubblicati diversi libri, tra cui molto noti sono “I martiri soldati della Legione Tebea” di Giancarlo Destefanis e “Martiri Tebei – Storia e antropologia di un mito alpino” di Massimo Centini. Questo mio scritto non ha la presunzione di essere un’aggiunta a tali volumi, senza alcun dubbio completi ed esaurienti, ma piuttosto un riassunto rivolto a coloro i quali hanno interesse a ripassare questo argomento intriso di connotazioni mitiche.

Tutti più o meno li abbiamo incontrati e siamo stati attratti dalla loro iconografia che li rende inconfondibili: sono santi soldati, rappresentati con la divisa dei legionari romani, recanti una spada, una lancia e talvolta un bianco vessillo con una croce. La palma è spesso presente nell’apparato decorativo dei Martiri Tebei, come simbolo del martirio.

Il primo scritto nel quale si racconta dei militi della Legione Tebana è una Passio Martyrum Acaunensium, del 434, attribuita ad Eucherio, vescovo di Lione, il quale scrive di un avvenimento realmente accaduto, quando una legione di soldati romani venne uccisa due secoli prima ad Augaunum, odierna Saint Maurice, nei pressi di Ginevra. Di questo avvenimento fino a quel momento si era tramandato il racconto soltanto oralmente. Gli studiosi ritengono però improbabile l’eccidio di un’intera legione, composta da migliaia di soldati. Fin dove si spinge la storia e dove comincia la leggenda è arduo da definire.

Ma chi furono questi soldati? La storia della potenza di Roma è la storia delle legioni romane: brutali, violente, orgogliose, ma fidate e invincibili. Sulle loro insegne erano scolpite aquile fiere, che guardavano ferocemente verso il basso, come se fossero pronte ad abbattersi su coloro che avessero disobbedito alla legge di Roma. 

La legione costituiva l’unità base dell’esercito romano ed era formata da cittadini di età compresa tra i 17 e i 46 anni che fossero in grado di acquistarsi l’armamento. 

La legione era formata da tre linee di soldati: gli astati, giovani coraggiosi ma inesperti, i principi, gli uomini migliori ed infine i triari ossia i veterani. Con il passare del tempo entrarono a far parte delle legioni anche cittadini delle province, cioè dei territori occupati e annessi all’Impero Romano. Le legioni erano suddivise in altri reparti minori: otto uomini formavano un contubernium; dieci contubernia costituivano una centuria; due centurie davano vita ad un manipolo; sei centurie formavano una coorte, mentre dieci coorti costituivano una legione. I comandanti delle legioni erano nominati dall’imperatore ed erano al vertice della scala gerarchica, circondati da onori e ricchezze.

Tutte le legioni erano contraddistinte da un numero, ma in aggiunta a questo ciascuna aveva anche un nome. A volte venivano usati dei soprannomi, ad esempio Gemina o Gemella, allorché una legione era stata fusa con un’altra. Sovente ad una legione veniva dato il nome di un imperatore o di una dea: erano comuni le legioni Augusta e Minerva. Spesso i nomi erano tratti dalla provincia dove erano stati reclutati i legionari, ad esempio Hispanica dalla Spagna, Gallica dalla Gallia, Tebea dalla Tebaide, regione dell’Egitto con capitale Tebe. La legione Maximiana Thebanorum venne fondata dall’imperatore Diocleziano per presidiare la regione da cui prese il nome. 

Sant’Eucherio scrive che la Legione Tebea era costituita interamente da soldati cristiani, ma gli studiosi si domandano se sia ragionevole crederlo, poiché fonti documentarie citavano solamente una “indicativa presenza di cristiani tra le fila dell’esercito romano”. 

La Legione Tebea aveva come comandante in campo il primicerius Maurizio, come maestro di campo Essuperio, come senatore dei soldati Candido e Vittore come veterano. Essa fu inviata da Tebe in Gallia per arginare le numerose incursioni delle tribù celtiche, sotto il comando generale di Marco Aurelio Massimiano Erculeo, che condivideva il titolo di imperatore con Diocleziano. 

Sant’Eucherio racconta che il romano ordinò di uccidere alcuni autoctoni che erano cristiani; i soldati tebei non vollero obbedire a quell’ordine e, di conseguenza, subirono per due volte la  decimazione, fu cioè ucciso un uomo ogni dieci. Un’altra versione narra che i tebei subirono le decimazioni poiché, prima della battaglia, si erano rifiutati di offrire sacrifici agli dei, per propiziarne il buon esito. Quale sia l’esatta versione non è dato sapere. Sant’Eucherio scrive ancora che i militari dissidenti, capeggiati dal loro comandante Maurizio, continuarono a perseverare nel loro rifiuto; dunque, per mettere fine a questa opposizione, l’imperatore ordinò la loro totale eliminazione; il massacro si consumò nel Vallese, ad Agaunum, negli anni 286-287 o 302-303  d.C. 

In realtà è presumibile che una notevole parte di quei legionari ebbe modo di salvarsi dalla strage, perché compì la propria opera di evangelizzazione in numerose vallate alpine, dove trovò poi morte gloriosa nel martirio, per mano delle popolazioni locali, che si opponevano al Cristianesimo.

Verso il 360-370 d.C. un vescovo di Martigny, di nome Teodoro, trasferì un grande numero di corpi santi in una chiesa da lui fatta costruire in loro onore, essendo ritenute quelle salme, nel ricordo popolare dell’epoca, come quelle dei soldati cristiani martirizzati circa sessant’anni o cento anni prima (a seconda della datazione attribuita al martirio). Alla chiesa primitiva, nel 520 ne fu sostituita una seconda, più grande ed in grado di accogliere i sempre più numerosi fedeli che accorrevano per pregare  presso le spoglie dei martiri soldati. Dall’epoca del ritrovamento di Teodoro, immediatamente il culto dei Martiri Tebei si diffuse in zone sempre più vaste della pianura e delle valli alpine e, con il trascorrere del tempo, comparvero aggiunte di nomi e modifiche, piccole o grandi, alla narrazione.

Quanti sono i Martiri Tebei? A questa domanda è quasi impossibile rispondere.

In Piemonte abbiamo un cospicuo gruppo di Martiri Tebei, alcuni notissimi come Maurizio, Besso, Magno, altri praticamente sconosciuti. Occorre specificare però che gli unici nomi citati da Sant’Eucherio come appartenenti a soldati dalla Legione Tebea sono quelli di Maurizio, Candido, Essuperio, Vittore. Tutti gli altri nomi sono da ritenersi aggiunte alla primitiva narrazione compiute nei secoli successivi.

Per completezza di informazione trascrivo per intero l’elenco dei Santi Martiri Tebei  proposto nel volume di Massimo Centini:

Abondio o Abbondio, venerato a Caramagna Piemonte. Albano, Riva presso Chieri, Sant’Albano Stura. Alvazio, Rivalta Torinese. Alverio, Fossano. Amanzio, Rivalta Torinese. Aniano, Asti. Antonino, Lombardore, Meana, Sant’Antonino di Susa. Asterio, Meana. Attilio, Trino Vercellese. Avventore, Torino, insieme a Ottavio e Solutore. Barolo, Barolo. Benedetto, Vistrorio. Benigno, San Benigno Canavese. Besso, Val Soana, Ivrea, Ozegna, Cogne. Biagio, Asti. Bisuzio, Baldissero Torinese, Barbania, Druento, San Giuliano di Susa, Val della Torre. Bonifacio, Baldissero Torinese, Superga. Candido, Casale. Carpoforo, Arona. Celestino, San Giorgio Canavese. Cesario, Caramagna Piemonte. Chiaffredo, Saluzzo. Ciriaco, Ciriè. Cosano, Novalesa. Costantino, Dronero. Costanzo, Villar San Costanzo, Pecco, Pont Canavese, Crissolo, Torino. Crisogono, Saluzzo. Dalmazzo, Cossano Canavese, Cuorgnè, Fiorano Canavese. Damiano, Novalesa. Defendente, venerato in 38 comuni, tra cui Ivrea, Chivasso, Caluso, Carignano, Caselle, Chieri. Demetrio, Caramagna Piemonte. Desiderio, Caramagna Piemonte. Egidio, San Gillio. Essuperio, Meana. Fedele, Arona. Felice, Torre San Giorgio, Colleretto, Monticello d’Alba. Fiorenzo, Bastia di Mondovì. Flaviano, Ivrea, Mondovì, Acqui, val di Susa. Fortunato, Meana. Gereone, basilica M. Ausiliatrice, Torino. Gillio, San Gillio. Giorgio, Chieri. Giorio, San Giorio di Susa, Mazzè. Giovenale, Andrate. Giuliano, Baldissero Torinese, Barbania, Druento, San Giuliano di Susa, Torino, Val della Torre. Giulio, Ivrea. Giusto, Ivrea, Mondovì, Acqui, val di Susa. Innocenzo, Meana. Ippolito, Bardonecchia, Cesana, Chianocco, Salbertrand. Isidoro, Baldissero, Barbania, Druento, S. Giuliano di Susa. Jorio, Mazzè, S. Giorio. Longino, Caramagna Piemonte. Magno, Castelmagno, val Grana. Mariano, Mondovì. Marchese, Altessano, basilica M. Ausiliatrice di Torino. Martiniano, Bandissero Torinese, Barbania, Cesana, Druento, Pecco, Torino, Val della Torre. Martino, Rivoli. Massimo, Meana, Torino. Maurizio, venerato in 45 comuni, tra cui Avigliana, Borgofranco d’Ivrea, Chieri, Maglione, Pranzalito, Priacco,  S. Maurizio Canavese, Torre Pellice, Trana. Mauro, S. Mauro Torinese. Mombo (Mombotto-Membotto), Moiola, Cuneo. Olimpio, Saluzzo. Orso o Urso, Villate di Mercenasco. Osterio o Asterio, Caramagna Piemonte. Ottavio, Collegno, Sangano, Torino, Vico Canavese. Pancrazio – Villar Dora, Ciriè, Pianezza, Sparone. Pelagio, val di Susa. Porzio o Ponzio, Salassa, San Ponso. Porzio, Champorcher. Prospero, Mondovì, Pradleves di Cuneo, Romano Canavese. Quirico, Baldissero Torinese, Castellamonte, Ivrea. Restituto, Sauze di Cesana. Savino, Settimo Torinese, Ivrea. Sebastiano, Fossano. Secondo, Cavagnolo, Collegno, Cuorgnè, Givoletto, Mosche di Chivasso, S. Secondo di Pinerolo, Torino, Vallo Torinese. Severiano, Polonghera. Solutore, venerato in 18 comuni tra cui  Baio Dora, Caravino, Collegno, Front, Montanaro, Romano Canavese, Vico Canavese. Sulpizio, Strambinello. Tegolo o Tegulo, Ivrea, basilica M. Ausiliatrice di Torino. Teodoro, Saluzzo, Vercelli. Teonesto, Vercelli. Tiberio, Saluzzo, Pinerolo. Tirso, Meana. Valeriano, Cumiana, Piossasco, val di Susa, Val della Torre, Villar Focchiardo. Valerio, Caselle. Vitale, S. Giorgio Canavese. Vito, Viù. Vittore, venerato in 13 comuni, tra cui Feletto, Balangero, Moncalieri, Pecetto, Quagliuzzo e Villate di Mercenasco.

San Maurizio.

Primicerius della Legione Tebana e capo dei dissidenti. Nacque verso il 250 d.C. in Africa, nella regione della Tebaide, da genitori pagani. Il suo nome Mauritius significa cavaliere africano.  

Non si conosce nulla della sua vita giovanile se non che scelse la carriera militare nell’esercito romano. Rapidamente diventò comandante di legione, che corrisponde all’attuale grado di colonnello e addestrò i legionari suoi conterranei così bene, da farne un corpo scelto di ufficiali e soldati. La storia narra che la Divina Provvidenza volle che la Legione Tebea operasse in Siria e Palestina e a Gerusalemme. Maurizio venne a contatto con la luce del Vangelo, si convertì e convertì al Cristianesimo anche tutti i legionari. Quando la Legione Tebea fu inviata in Gallia, transitò per l’Italia e a Roma ricevette la benedizione del Papa San Marcellino. Da qui  procedette per la Liguria, il Piemonte e poi nella regione del Vallese dove, ad Agaunum, i legionari Tebei trovarono la morte. 

Casa Savoia fu molto legata alla Legione Tebea e molti documenti ne danno testimonianza. Con una lettera il re Carlo Emanuele I comunicò al Papa la volontà di costruire “una cappella particulare per riporvi el Santissimo Sudario di capacità tanto grande che dentro di essa vi saranno altre cappelle et luoghi appropriati per riporvi i corpi di S. Mauritio e di alcuni altri Santi della Legione Tebea”. Il 25 dicembre 1590 le ossa del Santo Martire furono contate e divise in due parti perfettamente uguali: una di esse rimase a Saint-Maurice d’Agaune, mentre l’altra fu trasferita a Torino con solenni cerimonie e venne collocata nella cappella della Sindone, dove le spoglie di S. Maurizio riposano ancor oggi.

Una spada, che si credeva fosse appartenuta a S. Maurizio, fu trasferita a Torino, sempre per volere di Carlo Emanuele I, dall’abbazia di Saint-Maurice d’Agaune nel 1590 ed ora è conservata presso l’Armeria Reale. 

La devozione dei Savoia per S. Maurizio è testimoniata anche dall’uso della croce trifogliata, da sempre segno qualificante del martire, che venne accostata a quella della croce sabauda, nelle monete coniate all’epoca. 

Casa Savoia era anche in possesso di un prezioso anello, appartenuto al duce dell’invicta Legio Tebea Mauritius ottenuto in dono dall’abate Rodolfo di Agaune nel 1250, che ogni sovrano reggente doveva lasciare in eredità al suo successore  al trono, come contrassegno della sovranità. 

In una relazione fatta al re dallo studioso conte Gian Francesco Napione si osserva che l’anello in questione non era quello portato in dito da S. Maurizio durante la sua vita, ma l’anello posto sul suo corpo dopo che si venerava quale reliquia ed è probabile che questo valesse anche per la croce, la spada, l’ascia e la bandiera trovate nella sua tomba.

San Maurizio si festeggia il 22 settembre ed è protettore del Piemonte, della Sardegna, della regione della Savoia, dei militari e degli alpini.

San Besso.

Tra i numerosi Martiri Tebei, San Besso pare essere quello con un culto popolare maggiormente radicato. La leggenda ce lo rappresenta scampato al tragico eccidio e rifugiato prima in valle d’Aosta a Cogne, poi in Piemonte, nella val Soana, dove riuscì a convertire un gran numero di montanari. 

Un breviario del 1473, conservato presso la diocesi di Ivrea, riporta le circostanze della sua morte: San Besso, invitato da alcuni ladri di bestiame ad un banchetto, accortisi della provenienza furtiva della carne di pecora che gli era stata offerta, redarguì aspramente i suoi ospiti. Questi, adirati contro di lui, lo scaraventarono giù dal monte Fantone e lì, ancora in vita, egli venne raggiunto dai militi romani rimasti sulle sue tracce, che brutalmente lo trucidarono. Sulla roccia sarebbe rimasta impressa miracolosamente  la sua impronta.  

Secondo la tradizione il santuario, ancor oggi meta di pellegrinaggi, venne costruito sul luogo del martirio, sotto al grande masso. Due sono le feste dedicate al Santo dell’Alpe nell’arco dell’anno: il 10 agosto e il 1° dicembre. I fedeli accorrono numerosi in pellegrinaggio sia da Campiglia che dalla vallata di Cogne e salgono al santuario a 2019 metri di altitudine. L’attaccamento a San Besso dei Campigliesi e dei Cognensi è fortissimo ed ogni anno essi si disputano l’onore di portare la statua del Santo con un’asta alquanto suggestiva, che si svolge sul sagrato del santuario. La statua del Martire viene portata in processione dai vincitori dell’asta, compiendo un giro intorno alla grande rupe che fu testimone del suo martirio. 

Nelle credenze popolari San Besso ha fama di grande taumaturgo, autore di innumerevoli miracoli, protettore dei soldati contro i pericoli della guerra.

San Porzio (Ponzio).

Compagno di Besso nella fuga dopo la decimazione, San Porzio si rifugiò con lui in Valle d’Aosta, dove predicarono il Vangelo, ma poi i due si separarono e San Porzio si stabilì vicino al lago Miserin, continuando le sue conversioni e dedicandosi alla pastorizia. Si dice che abbia scolpito personalmente una statua della Madonna, ponendola poi in una piccola cappella che presto diventò meta di pellegrinaggi. La zona venne denominata Champorcier (Campo di Porzio).

San Magno.

Molto incerte sono le notizie relative a San Magno, venerato nel noto santuario sulle montagne cuneesi, nel territorio di Castelmagno. La tradizione locale vuole che il santo, scampato al massacro di Agaunum, si sia rifugiato sui monti piemontesi dove diffuse la parola del Vangelo. Venne però raggiunto in quelle località alpine dai suoi persecutori e con il suo martirio testimoniò la sua fede Cristiana. Il suo corpo, comunque mai ritrovato, sarebbe poi stato sepolto nel luogo in cui oggi sorge la chiesa a lui intitolata, eretta nel 1716 nelle ariose forme del barocco piemontese. 

Nell’annuale festa del santuario, il 19 agosto, viene portata in processione una bella statua del Martire Tebeo, nella tipica iconografia del milite romano, con armatura, stendardo e palma. San Magno è invocato a protezione delle campagne e degli animali, un tempo unica  fonte di sussistenza per gli abitanti delle vallate alpine. I tantissimi ex-voto esposti nel santuario di Castelmagno testimoniano come la gente di queste vallate ricorresse a lui, pellegrinando a piedi lassù, facendo le regolari novene nel porticato, assistendo alla messa, baciando la statua del Santo e lasciando il quadretto rappresentante la guarigione miracolosa di bovini o greggi propiziata dalla sua intercessione.

San Costanzo.

La tradizione vuole che Costanzo, insieme ad alcuni suoi compagni tebei tra i quali Magno, Chiaffredo, Dalmazzo, Desiderio, Isidoro, Olimpio, Ponzio, Teodoro e Vittore, abbia raggiunto la Val Maira, oggi in provincia di Cuneo e lì si sia dedicato alla predicazione del Vangelo tra la popolazione locale. L’antica leggenda racconta che un centinaio di soldati romani presero ad inseguire San Costanzo per arrestarlo, ma quando stavano per raggiungerlo, egli maledì i loro cuori di pietra e un miracolo li pietrificò trasformandoli nei celebri ciciu, colonne di terra e lamelle di mica sormontate da massi che fungono da cappelli, ancor oggi una  interessante particolarità geologica di Villar San Costanzo. 

San Costanzo e San Chiaffredo sono patroni della diocesi di Saluzzo.

IN FOTO Villar San Costanzo (Cuneo) – affresco di San Costanzo sulla facciata esterna di una chiesa campestre

San Defendente.

San Defendente viene ricordato come uno dei Martiri Tebei che furono martirizzati perchè non vollero abiurare la fede Cristiana. Dal secolo XIV egli fu venerato con largo culto nell’Italia settentrionale, in piccoli borghi ma anche in popolose città, come Chivasso, Casale Monferrato, Mescia, Novara, Lodi. A lui erano intitolati oratori, altari, confraternite e la sua festa veniva celebrata il 2 gennaio. Era sempre rappresentato come un giovane milite romano, con le armi, lo stendardo crociato e la palma del martirio. Si invocava contro il pericolo dei lupi e degli incendi.

San Secondo.

Il martirio di San Secondo avvenne prima che la Legione Tebea passasse le Alpi, nell’antica Vittimulo, oggi frazione San Secondo di Salussola, in provincia di Biella. Una Passio del IX secolo  che racconta il suo martirio, narra che quando egli si professò cristiano, gli fu dato un termine per abiurare, che scadeva a Vittimulo, stazione di sosta nella marcia verso le Gallie. Al suo diniego venne decapitato. La piccola comunità cristiana del paese lo seppellì e la sua tomba divenne dapprima luogo segreto di preghiera, pubblico dopo l’editto di Costantino. La venerazione per San Secondo fu talmente radicata che, nei secoli successivi, quel luogo era denominato semplicemente plebes S. Secundi. Le sue spoglie rimasero là fino al IX secolo, poi vennero traslate in località diverse. È patrono di Ventimiglia, nella cui cattedrale è conservato il suo capo e compatrono di Torino dove sono conservate le sue reliquie nel Duomo di S. Giovanni Battista. La sua festa  si celebra il 28 agosto.

Santi Ottavio, Solutore e Avventore.

Nulla di certo è stato tramandato su questi gloriosi martiri ed il loro ricordo sarebbe andato di certo perduto se il primo vescovo di Torino, San Massimo, nel IV secolo, non avesse citato i loro nomi nel titolo di uno dei suoi sermoni. Una Passio del V secolo ipotizzò che essi fossero soldati della Legione Tebea, scampati all’eccidio e divenuti evangelizzatori sui due versanti delle Alpi.  Raggiunti però dai soldati dell’imperatore, Avventore e Ottavio sarebbero stati uccisi nei pressi della Dora Baltea, mentre Solutore sarebbe riuscito a fuggire nel Canavese. Scoperto, venne decapitato su un masso, che la tradizione popolare identifica con quello che si trova ancor oggi all’interno della cappella dedicata a San Solutore a Caravino. Un’ altra roccia è situata davanti a questa cappella; essa porta ancora tracce rossastre riconosciute come il sangue del Martire e si racconta che sia il masso su cui venne posato il suo elmo insanguinato.

Una matrona romana di Ivrea ne raccolse il corpo e lo portò a Torino insieme ai resti di altri due Martiri, Ottavio e Avventore e diede loro comune sepoltura in una piccola cappella appositamente fatta costruire. Infine nel 1619 i Resti Santi vennero traslati nella nuova chiesa dei Santi Martiri sempre a Torino, nell’odierna via Garibaldi, dove sono conservati ancor oggi.

Il Martirologium Romanum li commemora il 20 novembre, nell’anniversario della morte, mentre nella diocesi di Torino e nella diocesi di Ivrea dove è particolarmente vivo il ricordo di San Solutore, si celebra la loro memoria il 20 gennaio, anniversario della traslazione.

Santa Giuliana.

La Santa era la matrona romana che svolse un ruolo determinante nell’opera di salvataggio delle reliquie di Ottavio, Solutore, Avventore le quali, senza il suo contributo, sarebbero andate irrimediabilmente perse. Santa Giuliana è ricordata a Montanaro, dove transitò con il corpo di San Solutore, nascosto su un carro agricolo. Anche le reliquie di Santa Giuliana sono conservate a Torino nella chiesa dei Santi Martiri.

Santa Varena.

Sembra inoltre che, tra i tanti martiri, sia da ricordare anche una donna, Santa Varena, giunta anch’essa dall’Egitto al seguito della Legione Tebea, per la quale svolgeva la funzione di vivandiera. Sfuggita alla decimazione avrebbe vissuto nella zona di Villa del Foro (Alessandria) poi si sarebbe recata a Milano e infine avrebbe raggiunto le Alpi Svizzere, dove si sarebbe dedicata alla cura dei lebbrosi, morendo poi per il contagio.

La festa di Santa Varena si celebra a Villa del Foro il primo di settembre con una grandiosa processione. Nella piazzetta del minuscolo sobborgo si trova la chiesa dedicata alla Santa. Sul lato sinistro, in basso, è incassato nel muro un grande masso di granito quadrato, la “pietra di Santa Varena”, a cui sono da secoli attribuiti poteri terapeutici. Secondo la tradizione, infatti, il masso guarirebbe dal mal di schiena, semplicemente appoggiandovi la schiena nel punto dolorante e recitando la formula che nel dialetto locale suona così: “Santa Vareina, fam guerì dar mà dra scheina!” (Santa Varena, fammi guarire dal mal di schiena).

La leggenda racconta che la Santa avrebbe prodigiosamente spostato il masso, che era la pietra superiore di un antico altare per i culti pagani, portandolo da sola fino al luogo in cui si trova ora e avrebbe ordinato di costruirvi sopra una chiesa, cristianizzandone il culto.

Le reliquie.

Risulta impossibile indicare quante possano essere le reliquie attribuite ai Martiri Tebei attualmente presenti in Piemonte, poiché la quantità di frammenti conservati in chiese e santuari è notevole. Le valutazioni inerenti l’autenticità delle reliquie poi lasciano un grande margine di dubbio. Conseguentemente, appare chiaro che il riconoscimento della reliquia continua ad essere sempre una questione di fede. 

Su questa fede si basa tutta l’incastellatura della devozione popolare per la folta schiera di Martiri della leggendaria Legione Tebea, l’Angelica Legio, eroici testimoni dell’attaccamento alla fede Cristiana, che ancor oggi, a distanza di secoli, conservano la venerazione e la preghiera delle genti piemontesi.

E con le parole di Sant’Eucherio desideriamo ricordarli: “Così fu distrutta quella legione chiaramente angelica la quale, come crediamo, già eleva lode nei cieli al Signore degli eserciti celesti, con le schiere degli angeli”.

TRATTO DALLA RIVISTA Canavèis

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